Un po’ preoccupa, oggi, quando vedi che un progetto viene definito – fra le righe delle sue stesse note di presentazione – “electro indie” oppure “electronic-pop“. Sinceramente: per la maniera in cui viene usato “indie” oggi (e per la maniera per cui si appiattisce sul pop più facile) non è propriamente una nota di merito o un segnale di coraggio artistico, quasi sempre il sospetto è che si stia più che altro inseguendo le melodie, le melodie che vanno ora, e se ci metti accanto “electro” o “electronic” è solo perché dai una spruzzata di digitale per rendere leggermente meno stantie e più “fashion” le tue cose. Un tempo “indie” indicava musica che era coraggiosa ed alternativa sul serio; oggi è un po’ il contrario; ed “electronic-pop” era usato per chi usava sì i sintetizzatori ma scriveva canzoni della madonna in grado di strapparti un po’ il cuore, e non musica leggera da intrattenimento altrettanto leggero.
Quindi ecco, se leggi la presentazione dei Bento magari ti approcci un po’ sospettoso, tipo “Ok, gli ennesimi che vogliono cavalcare furbescamente il periodo e le parole-chiave del momento“. Poi per fortuna c’è la musica. E la musica, beh, porta in direzioni piuttosto differenti: sì, un po’ di cantato c’è, un po’ di melodie qua e là non mancano, ma le direttrici sono più quelle del math rock o dei Moderat, con una densità nei suoni e negli arrangiamenti che è altamente succosa e ben diversa dal flavour slavato, pulitino e piatto che oggi caratterizza purtroppo nove volte su dieci ciò che è “indie”. Siamo insomma felicissimi di presentare in anteprima “Hey, Dreamers!”, che per i Bento – al secolo i pugliesi Francesco Barletta ed Umberto Coviello, con l’aggiunta dal vivo del veejaying di Claudio Macchitella – è l’album di debutto, in uscita domani 16 novembre, su Last Floor. Questa è musica di casa nostra che ci piace, questa è musica di casa nostra che non si finge “alternativa” per inseguire il mainstream ma ha, invece, personalità sopra la media, visto che non insegue biecamente le vie più brevi e semplici per incrociare lo Zeitgeist più indistinto e dozzinale. Se ne fa influenzare, lo conosce, lo cita, ma non lo insegue banalizzandolo. Bravi.
Foto di Giuseppe Di Viesto