Torna l’appuntamento con le interviste ai personaggi chiave che si celano “dietro” le etichette musicali (se vi siete persi le puntate precedenti cliccate qui) per scoprire le scelte artistiche che muovono alcune tra le migliori realtà internazionali in ambito elettronico. In questa puntata abbiamo intervistato il label manager della Denovali Records, l’etichetta tedesca che dal 2005 propone lavori di ricerca musicale, solo in apparenza ermetici, basta qualche ascolto in più per garantirsi un’immersione in un mondo ricco di fascino e sorprese.
L’etichetta nasce nel 2005 e fin da subito appare chiara l’intenzione di proporre al proprio pubblico lavori di ricerca musicale non confinati in alcun genere specifico. Quello che conta è l’attitudine dell’artista a non percorrere strade convenzionali. E’ così?
Sì. Credo che il nostro approccio sia sempre stato quello di scovare e poi sostenere chi è alle prese con suoni nuovi, unici o atipici.
Inizialmente avevate un’idea di fondo chiara su cosa fare oppure avete semplicemente proposto quello che vi piaceva a titolo personale?
Dato che eravamo abbastanza giovani quando abbiamo aperto l’etichetta, tutto si è sviluppato a partire dai nostri rispettivi interessi musicali, da ciò che ognuno di noi ascoltava. Il ventaglio sonoro, nel giro di tre o quattro uscite, era già piuttosto ampio, spaziando dal post punk alle colonne sonore in stile Morricone. Dopo queste prime produzioni abbiamo compreso veramente quale profilo dare al progetto.
I vostri dischi sono avventurosi, si ascoltano in uno stato di sospensione dove non si sa bene cosa aspettarsi dai solchi seguenti. Non si corre il rischio di allontanare ascoltatori poco pazienti?
Cerchiamo sempre di proporre musica, per così dire, impegnativa. Riteniamo che l’arte necessiti dello stesso sforzo per essere compresa, che sia un dipinto, un’opera audiovisiva, letteratura classica o musica. Sfortunatamente, la musica popolare è divenuta sempre meno interessante e ispirata nel corso degli ultimi vent’anni, soprattutto per questioni di vendibilità. Ciò non significa che non sosterremmo mai la musica pop, ma che all’interno di questo solco ci dovrà essere qualcosa di speciale o singolare, sempre parlando dal punto di vista del nostro personale gusto.
Il vinile sta tornando in auge. Credete sia solo una moda oppure può essere un antidoto alla musica da scaricare e ascoltare come mero sottofondo?
Credo che l’attuale incremento nelle vendite del vinile sia solo una moda, dovuta al fatto che le grandi etichette hanno compreso di poter avere più margine economico con questo formato. Non appena i loro vecchi cataloghi saranno ristampati integralmente, le vendite torneranno a diminuire o almeno si attesteranno su livelli normali. Noi piccole etichette non vediamo l’ora, perché sta diventando difficile inserirsi nella catena di produzione dei vinili delle poche aziende rimaste in piedi, ci sono tempi di consegna sempre più lunghi e difficoltosi. Nel lungo termine credo che avrà la peggio il formato cd. Purtroppo, nel giro di qualche anno, sarà lo streaming a dominare il mercato. Spero che le etichette che hanno a cuore anzitutto la musica possano trovare un modo di sopravvivere.
La componente visuale ha influito all’identificazione dell’etichetta e alla sua diffusione. Raccontaci qualcosa su chi cura questa immagine e com’è nata l’idea del vostro logo a forma di cranio di mammut.
La direzione visiva è molto importante per noi ed è l’unica parte del processo creativo che influenziamo direttamente. Non ci sogneremmo mai dai di dare delle indicazioni musicali all’artista scelto, se è con noi è perché la qualità della sua opera è indubbio. Inizialmente abbiamo concordato copertine che non ci soddisfacevano appieno e oggi ce ne pentiamo. Per questo, oggi, l’immagine viene curata nei minimi dettagli. Di tanto in tanto, artisti veramente importanti hanno collaborato con noi, come ad esempio Kahn & Selesnick (per Kuba Kapsa Ensemble) oppure Salustiano (per Sankt Otten). Riguardo al nostro logo, abbiamo preso in considerazione i crani di vari animali e scelto quello che ci sembrava più efficace.
Parlaci del “Denovali Swingfest”, un’opportunità per ascoltare i vostri artisti dal vivo.
Abbiamo ideato il festival un anno dopo la fondazione dell’etichetta, per dare maggiore visibilità dal vivo ai nostri musicisti. Il motivo principale di questa scelta è legata alla difficoltà iniziale dei nostri artisti di essere invitati ai grandi festival. Nel corso degli anni abbiamo aggiunto città e spazi diversi. Attualmente, il festival si fa a Londra e Berlino. Seguiamo, inoltre, il principio di “non-headliner” perché non ci piacciono quelle realtà dove il pubblico va solo per vedere tre o quattro nomi, ignorando il resto del calendario. Nei nostri appuntamenti cerchiamo di offrire una serata stimolante, con l’esibizione di cinque o sei artisti che si alternano sul palco per dare forma ad un flusso musicale coerente, può accadere che qualcuno di noto occupi due o tre intervalli prima di uno totalmente sconosciuto.
Quali sono le principali difficoltà nel mantenere un alto profilo nel tempo? Immaginiamo che esprimere qualità porti ad altra qualità ma non sarà solo questo.
La qualità è qualcosa di molto soggettivo. Tutto quello che stiamo cercando di fare è di soddisfare i nostri standard personali. Siamo onorati che il pubblico ci segua già da un decennio.
Nella vostra esperienza com’è cambiata l’industria discografica? Le sfide dell’oggi saranno diverse da quelle del vostro esordio.
Abbiamo iniziato nel 2005. Se posso essere sincero non fu un’idea molto intelligente quella di aprire un’etichetta in un momento in cui l’intera industria musicale aveva dei problemi. Ma d’altra parte volevamo affrontare direttamente le nuove sfide che provenivano dal download illegale, dallo streaming e così via. Noi non siamo direttamente connessi con il vero mondo dell’industria musicale, quindi non so bene quali siano le difficoltà e gli obbiettivi delle altre etichette. Siamo concentrati nel proporre l’arte che ci piace e credo che i nostri sostenitori capiscano ed apprezzino questa filosofia. Grazie alla nostra struttura, che è molto flessibile, tra agenzia di booking, negozio di dischi on-line e casa di produzione, non siamo costretti a continuare a lavorare con un artista particolare quando ci sono dei problemi, inoltre non inseguiamo i best-seller. Ci si concentra, quindi, di volta in volta su quello che ci appare più meritevole di attenzione.
Quindi, nella gestione di un’etichetta come la vostra, conta più l’istinto che la programmazione?
Se programmassimo più che seguire l’istinto, sicuramente la nostra condizione economica ne gioverebbe. Onestamente, non siamo mai stati interessati a costruire una carriera solida sui nostri musicisti. Ciò non vuol dire che non si lavora con professionalità, ma ci teniamo alla larga da coloro che sono interessati piuttosto alle loro carriere anziché sulla musica. Corriamo i rischi del mestiere, cercando di convincere il pubblico con le nostre uscite e con null’altro.
Quali sono state le tappe più importanti di crescita per la Denovali?
Non stiamo sviluppando l’etichetta come si farebbe con un’impresa, però ogni tanto abbiamo preso scelte difficili, insomma ci siamo presi anche noi i nostri rischi, che ci hanno portato a dove siamo oggi. Direi che è stato molto importante mettere in piedi una rete di distribuzione a livello mondiale. E’ stata un’impresa molto dura già otto o nove anni fa, farlo oggi sarebbe quasi impossibile. Un’altra buona decisione è stata quella di portare il Denovali Swingfest a Berlino e Londra. Insomma, seppur abbiamo perso un sacco di soldi a causa di alcune decisioni rischiose nel passato, sul lungo periodo tutto ha acquistato un senso.
Dacci una manciata di brani per comprendere al meglio l’evoluzione della Denovali fino ad oggi.
Credo che le ultime novità – i nuovi album del Kuba Kapsa Ensemble, Ricardo Donoso, Orson Hentschel, Piano Interrupted e Matthew Collings – possano fornire una buona panoramica su ciò che la Denovali è oggi e allo stesso tempo riescono a dare una discreta panoramica sullo spettro del nostro suono e della nostra essenza.
Programmi per il prossimo futuro?
Sarebbe bello continuare a fare ciò che facciamo per altri dieci anni o più.
English Version:
New round of interviews with key people that act “beyond” the music labels (if you missed the previous ones click here) to discover the artistic choices that moves some of the best international brands in the field of electronics. This time we have spoken with the label manager of Denovali Records, the German label that, since 2005, offers experimental music that might be hermetic, but needs just a few listens to secure a total immersion in a world full of charm and surprises.
You started the label in 2005 and immediately appears clear its intention to propose to the audience research music not confined to any specific genre. What matters is the attitude of the artist to realize something unconventional. Can you agree?
Yes. I think our approach always was to find and support people who are working on new, unique or untypical sounds.
In the beginning, you had a background idea of what to do, or you just proposed the sound you liked most?
Since we were young when we have started the label, it rather grew out of our interest in the specific genres we had been listening to at this stage of our life. The range already was wide though – from post punk to Morricone-like soundtracks within three or four releases. After few releases, we rather knew what the profile of the label should be.
Your works are adventurous, we listen to them in a suspended state not knowing what to expect from the next grooves. Do you think is it risky for the fruition of unaccustomed ears?
We are always trying to offer challenging music. In our opinion, there is no difference between the challenging aspects of a painting, media art, intelligent literature or music. Unfortunately, at least the popular music became quite uninteresting and uninspired during the past twenty years – mainly because of the pure focus on the sale ability. It does not mean that we would not support pop music – but we always would need to find something special and unique in the music – at least for our subjective taste.
The vinyl format is strongly coming back, do you think it is just a trend or it can be an antidote to download & listen to music as mere background?
I think the current increase in vinyl sales is a trend because major labels discovered that there is still a format they could reach better margins with. As soon as their back catalogues are repressed, the sales surely will decrease again and will stay at a solid level. It’s at least a development most of the smaller labels like to see because the capacities of all pressing plants are currently completely filled and the lead times are sadly way too long. On a long term basis it is surely rather the Cd than the vinyl format that will have difficulties to survive. I am afraid streaming will completely dominate everything in a few years. I hope most of the interesting labels who really care about music will be able to survive.
The visual factor has affected the identification of the label and its outspread. Tell us something about who cares about this aspect and how did the idea of the mammoth’s skull as logo.
The visual direction is quite important for us and it’s the only part of the creative process which is influenced by ourselves. We never would tell artists to follow a specific song structure – if we are adding an artist to the roster we’re already convinced by the quality. In the beginning we’ve agreed on a few artworks we were not that happy with and we still regret it. We are therefore now talking about the artworks in very detailed manner. Here and there very established artists like Kahn & Selesnick (for the Kuba Kapsa Ensemble) or Salustiano (for Sankt Otten) have provided pictures for a series of albums. About the mammoth skull as the logo, we have tried several skulls ten years ago and then picked this one because it was the strongest one.
Tell us about the “Denovali Festival”, an opportunity to listen to your artists live.
We have developed the festival a year after the start of the label to give our artist a platform to perform for a bigger audience. The main reason was that at this stage none of the other festivals was interested in our artists. Through the years, we have added new cities and venues. Currently the festival only happens in London and Berlin. We are following a non-headliner principle because we never were fans of these big events people are visiting to see three or four big names while they are ignoring the rest of the line-up. At our festival, we are trying to offer an interesting evening with four to six artists and if it is useful for the concept / the flow, of an evening a rather well known artist could play two or three slots before a totally unknown act.
Which are the main difficulties in maintaining a high profile in time? We imagine that present quality leads to other quality but it will not be just that.
Quality is a quite subjective term. All we are trying is to fulfill our personal standards in terms of quality. We are very grateful that the people are following what we are doing since a decade.
In your experience how has changed the music industry? Today’s challenges are probably very different from those of your debut.
We have started in 2005. It honestly was not clever at all to start a record label at a time where the whole music industry had immense problems. On the other hand we directly needed to deal with the new challenges of illegal downloads, streaming etc. We are not really connected to the “real” music industry. So I honestly can’t say much about the difficulties and goals of other labels. We are simply trying to release art we like to support and I think the fans of the label are recognizing, understanding and respecting our “philosophy”. Due to our very diverse structure with label, booking agency, online record store and publishing company we have more flexibility and we are not forced to continue to work with a specific artist if there are problems and we do not need to find the next bestseller. We are therefore hopefully rather able to follow a concrete artistic idea / philosophy.
Therefore, in the management of the label is more important the instinct then to program something?
If we rather would program than following our instinct we surely would have better monetary results. We are honestly not interested in planning careers of musicians. It does not mean that we are not working professionally, but we are not fans of cheap marketing tools. Such a rather radical approach surely leads to the leaving of specific artists who are rather seeing music as business in contrast to us. However, that is something we can deal with. We are trying to convince people with quality.
Which were the most important growing steps for Denovali?
We are not developing the label like you should develop a business – maybe, here and there, we made a couple of interesting and risky decisions which helped the status though. I would say it was very important to build up a worldwide distribution network. It was a very hard undertaking eight or nine years ago – today, it is almost impossible. I think it was also a good decision to bring the festival to Berlin and London. We have lost a lot of money due to some risky decisions in the past – but on a long-term basis everything made sense.
Give us a handful of tracks to better understand the evolution of Denovali to date.
I think the latest releases – Kuba Kapsa Ensemble, Ricardo Donoso, Orson Hentschel, Piano Interrupted and Matthew Collings – are giving a good overview what Denovali is about today. Those five releases are giving a good overview about the sound spectrum and our maxim.
Plans for the near future.
It would be nice to continue for another ten years or longer.