Siamo in Spagna, dove se si cerca un label nazionale di referenza e con qualche anno di storia, tutte le strate portano a Hivern Discs. Era l’anno 2008, John Talabot era a punto di sfondare con “Sunshine“, e a Barcellona Oriol Riverola (John Talabot), Salva Coromina e Franc Sayol fondavano l’etichetta Hivern Discs (“dischi d’inverno” in catalano). A i vari meriti che si attribuscono all’etichetta, prima di tutti c’è la più importante espansione internazionale di una label indipendente spagnola degli ultmi 10 anni, grazie al fenomeno Talabot. Sempre in ambito internazionale, l’aver lavorato con nomi come Gavin Russom, Teengirl Fantasy o Legowelt. Dulcis in fundo il merito di essere stata il cantiere di spagnoli come Pional, Eduardo de la Calle, Marc Piñol, Mistakes Are Ok e Kresy, che hanno fatto accrescere l’aura di un “sonido Barcelona” attorno ai suoni del roster Hivern, tra atmosfere da club house, techno e bass, con non pochi omaggi pop e disco. Il perché Hivern Discs è l’etichetta che meglio rappresenta la scena spagnola attuale, il perché venga da molti associata al cosiddetto “sonido Barcelona”, abbiamo provato a farcelo spiegare da tutto il team: dai fondatori Barcellona Oriol Riverola, Salva Coromina e Franc Sayol; dal direttore artistico Dani R. Baughman, dal label manager Meri Bonastre e dall’art director Arnau Pi.
Ambitenti e influenze. Dove eravate prima di Hivern Discs?
Direi che veniamo tutti da ambiti distinti, ma abbiamo avuto sempre tutti a che fare con la musica. Alcuni di noi sono passati per vari altri settori prima di dedicarsi al 100% alla musica, altri sono stati nell’industria musicale sin da giovanissimi. Si è creato un perfetto equilibrio tra esperienze diverse, tra vecchie e nuove illusioni, professionalità e rischio. E ci stiamo più bene. Non vorremmo mai perdere questo spirito.
Un’idea o una necessità che avete sentito nel creare Hivern Discs? Chi c’è dietro Hivern?
Hivern è nata 8 anni fa come un’idea e una necessità di Uri (Oriol Riverola alias John Talabot) e Salva (Salva Coromina alias MouseUp). I momenti principali sono stati l’arrivo di Franc (Franc Sayol), e poi quanto il progetto di John Talabot iniziò a richiedere più tempo l’arrivo anche di Dani (Dani R. Baughman) che ha dato man forte alla direzione artistica, e infine Meri (Meri Bonastre) come responsabile dell’etichetta. Ci sono state tante tappe e siamo sempre di più nel team, però l’idea comune resta sempre la stessa, un’idea stilistica in evoluzione, vogliamo incidere la musica che piace, quella musica che non sappiamo definire però esiste, e la cerchiamo.
Nella città di club storici dei ’90 come il Mogg e l’Apolo, di un festival veterano come il Sónar e di record store come Discos Paraisos. Che significa essere un’etichetta elettronica di base a Barcellona?
Essere nati Barcellona è stata in parte un’inspirazione importante, da un lato la lunga tradizione di clubs ed eventi, dall’altro il respiro internazionale della città. Però è pur sempre vero che non possiamo vantare un altrettanto lunga tradizione di etichette discografiche. Da qui è stato un po’ come percorrere una strada da zero, senza molti fratelli maggiori da emulare, scontrandoci per cercare uno spazio in un’industria musicale locale che guarda troppo spesso solo a progetti internazionali, oppure lottando con sovvenzioni nazionali destinate a progetti con un focus prettamente locale. Siamo stati a lungo in questo limbo, prima di trovare la nostra felice nicchia tra ispirazioni locali e internazionali.
Tre tappe e momenti fondamentali della storia di Hivern Discs.
La prima è di certo la nascita del blog di Hivern che ha permesso di raggiungere un pubblico professionista sempre più amplio, ma anche amanti geograficamente più lontani. I feedback è le interazioni che si sono generate agli inizi con il blog sono stati importantissimi per capire dove stavamo andando. La seconda John Talabot, definizione di certe ambizioni e caratteri Hivern, soprattutto a livello internazionale. Un terzo momento fondamentale è stato poi l’arrivo di Dani, Meri e poi di Arnau, alla grafica, a dare forma al comunicare la musica che amiamo. Tre tappe, ma anche versanti fondamentali di Hivern.
Ultimamente si parla di Barcellona molto più di prima a livello musicale, pensate che sia un buon momento? Hivern dov’è in tutto questo?
L’idea di una Barcellona come asse centrale non è una priorità, anche se abbiamo sempre rivendicato Barcelona come qualcosa che definisce non poco la personalità di Hivern e del suo team. Se esiste o meno una scena barcellonese, e se ne formiamo part o no, al momento non è qualcosa che ci preoccupi. Ci preoccupa molto più che l’etichetta continui il suo naturale processo di evoluzione, di non fermarci, e pensare sempre a possibilità di miglioramento e a correre, perché no, sempre nuovi rischi.
In questo oscillare tra locale e internazionale, come si equilibra un roster di punta talenti spagnoli con la ricerca di nuovi progetti internazionali come Round, Teengirl Fantasy, Herzel o INIT?
Non seguiamo un modello specifico, tutt’altro. Vogliamo solo aiutare lo sviluppo di progetti musicali a partire da idee che valgono. Certo molti link internazionali hanno aiutato a dare forma a certe idee. In realtà vorremmo dare forma a molti più progetti di quelli che alla fine riusciamo a portare a termine per forza di mezzi. Nutriamo un certo debole per la musica da club, ma per quella con un emisfero più rischioso, a volte per questo ci perdiamo in ricerche senza fine che lasciano il gusto della sfida aperta dell’edit. Amiamo la sorpresa nella release, e non sappiamo se sempre la otteniamo, infatti, perché non c’è mai un vero e proprio piano. Di certo vi è solo che ascoltiamo molte più demos, links e SoundCloud di quelli che ci invia la gente, “Round” per esempio è stato trovata casualmente su SoundCloud. Non ci siamo mai chiusi in pochi canali di ricerca, dovesse essere questa la parte che ci impegna di più.
Come tratta l’aspetto visivo un’etichetta indipendente come Hivern?
Abbiamo speso davvero tanto tempo su questo aspetto, lavorando tra l’artista e il designer per farli entrare in connessione. Uno sforzo enorme per il quale però ne vale sempre la pena. Perché un musicista ci mette tempo per il suo album. Così l’etichetta ha la responsabilità di sforzarsi per il 12” a cui darà forma. Sin da principio abbiamo curato l’aspetto grafico cercando una linea stilistica che non si imponesse ma integrasse con i progetti degli artisti. Volevamo indie o comunque fuori dall’ambito puramente club, riassumendo più epoche in un mix di stili differente.
Raccontateci qualcosa sugli inizi di Hivern, quando iniziative di vinili e serate come i 7” delle “Nit d’Hivern” e i 12” delle “Blanc”.
Le serie Blanc sono nate come un’esigenza d’incidere tracks che non volevamo lasciare nel dimenticatoio,che erano rimaste fuori dagli EP dei nostri artisti, pezzi registrati in una serata qualunque, senza essere nati con un EP in particolare, alcune volti artisti che producevano qualcosa di molto diverso dal mood in cui erano, da qui molte alias e tante sorprese. Pensammo… produrli? perché no? Ma la distribuzione dovrà essere altrettanto speciale. Da qui la prenotazione delle edizioni limitate di questi single sul nostro sito, quando titolo e dettagli venivano rivelati solo molto più tardi. Si è creata un po’ di speculazione attorno, non potevamo immaginarlo, ma comunque ci piace pensare che la gente che ci segue abbia potuto conservare qualcosa di speciale
Quattro tacks favorite per Hivern Discs?
Tutte.
2015 piuttosto impegnato con il tour negli US, con tanto di tappa a Coachella festival, quali sono i piani per il 2016?
Innanzi tutto continueremo a produrre la musica che ci piace, senza rinunciare a quello che ci piace fare. Continueremo a migliorare l’online shop così come a organizzare serate dove Hivern si fa club per alcune novità da portare in scena.