Nella loro prima formazione hanno rappresentato una delle punte più avanzate dell’elettronica britannica durante l’era d’oro dei primi anni novanta affermandosi tra i più originali e visionari produttori tra quelli che nello stesso periodo con le loro rivoluzionarie uscite discografiche hanno consolidato la fama e la autorevolezza dell’impero Warp. Susseguentemente The Black Dog, capitanati dal 1995 dal solo Ken Downie e dal 2001 in collaborazione con Martin e Richard Dust, hanno continuato con i loro esperimenti sonori e multimediali senza mai seguire mode e tendenze passeggere. In occasione della terza uscita per la serie di EPs “The Sound Of Sheffield” abbiamo colto la rara occasione di intervistare lo stesso membro fondatore Ken Downie.
Qual è secondo voi l’eredità, il lascito dei primi tre album di The Black Dog Productions? Credete che ci siano altri artisti che ripercorrono le vostre impronte o che abbiano ammesso apertamente di aver preso ispirazione da quei dischi?
Esiste un solo disco pubblicato sotto il nome di The Black Dog Productions e questo è stato fatto a causa di ragioni contrattuali. La nostra eredità sarà sempre quella di aver sempre spinto in avanti facendo la nostra cosa e dettando le regole. I nostri albums sono come impronte digitali che abbiamo lasciato sulle menti degli ascoltatori. Quello che gli altri artisti fanno non ci interessa poi molto ma è bello sapere che c’è gente che ama quei dischi e che questi significhino qualcosa per loro. Se vi siete messi a fare musica spinti da questo, vi chiediamo scusa!
Durante quella fase della vostra carriera avete cercato di tenere un profilo basso, senza diffondere molte informazioni sui membri della formazione. In tempi di eccessiva promozione, social networks e media onnipresenti quel genere di atteggiamento mi sembra ancora rinfrescante. Non vi manca quel tipo di anonimità, di mistero? Non pensate che sarebbe benvenuto anche oggi?
Pensiamo che sia superato e che sia un cliché noioso: un altro artista techno con una maschera o con una foto sfuocata, avanti il prossimo. Per la gran parte è una cosa trita e ritrita e finta e diventa perfino inquietante quando si danno dei nomi di ragazza. Da parte nostra ci siamo sempre concentrati sull’aspetto strettamente musicale di ciò che facciamo ma abbiamo anche sempre cercato, e cercheremo sempre, di parlare direttamente con chi ci ascolta. Prima di internet avevamo Wildcat BBS e poi i forums intenet.
Nel corso degli anni, attraverso dei cambiamenti di formazione, avete esplorato ulteriormente le possibilità del vostro sound e della musica elettronica in generale. Mi piacerebbe sapere, in termini di tecnica ed strumentazione, quali sono i più grossi cambiamenti ai quali siete stati soggetti.
L’essere in condizioni di far uscire tutto da un laptop perché questo ti dà la possibilità di lavorare ovunque ed in qualsiasi momento.
La serie “Sound of Sheffield” mostra una parte del vostro sound più diretta, muscolare e orientata verso i dancefloors. Siete d’accordo?
Non pensiamo che i nostri sostenitori siano sorpresi da questo, sanno bene su quale frequenze viaggiamo seguendo i nostri mixes, podcasts e programmi radio. Sanno bene che suoniamo attraverso un vasto spettro sonoro ed inoltre ci piace divertirci e ballare. Per noi è assolutamente normale fare questo tipo di musica.
Se doveste provare a descriverlo, che cos’è il suono di Sheffield per voi? Credete che il vostro sound sarebbe diverso se voi foste attivi altrove?
Noi non produciamo il suono della città, incanaliamo nella nostra musica ciò che ci circonda. Siamo orgogliosi di dove viviamo e dell’eredità della nostra città ma non ci sentiamo legati ad essa. La nostra musica suonerebbe diversamente se ci trovassimo a vivere altrove? La risposta non la sapremo mai.
Martin e Richard hanno di recente pubblicato l’album “System Fork” sotto il moniker di Application. Ci puoi raccontare qualcosa a proposito di della realizzazione di quel disco?
Hanno voluto fare qualcosa di diverso ed essendo interessati di cultura giapponese hanno speso molto tempo esplorando l’Itamae come processo creativo. I risultati parlano da soli, li potete vedere e sentire qui. Hanno altre uscite e spettacoli live in programma.
Avete anche lavorato al design ed alla produzione di un MIDI/USB controller. Senza entrare troppo nel dettaglio, cosa vi ha portato a questo tipo di impresa?
Eravamo stufi di roba che si rompe e di non essere in condizione di avere a disposizione ciò che volevamo così abbiamo deciso di ideare e costruircelo da soli. È stata probabilmente la cosa più difficile che abbiamo mai fatto ma ne è valsa la pena.
Ci potete raccontare qualcosa a proposito della vostra label Dust Science? La vedete più come uno sbocco per far uscire le vostre produzioni o prevedete di allargare il roster in futuro?
Per il momento stiamo pubblicando il nostro materiale, avere il controllo completo è quello che fa per noi. Dal momento che possiamo vendere per conto nostro la stessa quantità di dischi che potremmo vendere se fossimo sotto contratto con una di quelle che dovrebbero essere le labels più grandi, non ci sembra che ci sia la necessità di lavorare con qualcun altro al momento. Qualche volta é vantaggioso far fare agli altri quel lavoro ma per il momento non intendiamo farci mettere sotto contratto da un’altra label né intendiamo mettere sotto contratto altri artisti. Per ora la label ruota solo intorno a noi.
Quali sono i vostri programmi per il resto del 2014 e gli inizi del 2015?
Stiamo lavorando ad un altro paio di EPs, un nuovo album ed altre colonne sonore. E forse costruiremo con Machinewerks un sintetizzatore se ci avanzerà del tempo.[/tab]
[tab title=”English”]In their first line-up they represented one of the most advanced acts of the british electronic scene during the golden age in the early nineties establishing themself as one of the most original and visionary production teams between the ones that in that period, with their revolutionary releases, consolidated the success of the label Warp. Since 1995 with the only Ken Downie at the helm and since 2001 with Martin and Richard Dust in the line-up, The Black Dog continued their experimentation without following any fading trend or fashion. In occasion of the third release of the EPs series “The Sound Of Sheffield” we had the rare chance to interview the founder Ken Downie.
ENGLISH VERSION BELOW
Which is, in your opinion, the legacy that the first three The Black Dog Productions albums left? Do you see around other artists walking on the same footsteps or that openly admitted to have taken inspiration from those works?
There has only ever been one album released under the name of The Black Dog Productions and that was done for contractual reasons. Our legacy will always be that we’ve pushed forward and done our own thing on our own terms, our albums are just fingerprints we’ve left on the objects of people’s minds. What other artist’s do isn’t really a concern for us but it’s great that people love the albums and that it means something to them. If you’ve end up making music because of it then we apologise!
During that phase of your career The Black Dog tried to keep a very low profile, not giving away much about it’s members. In times of promotional overkill, social networks and omnipresent medias it seems to me still a very refreshing attitude. Do you miss that kind of anonymity, of mystery even, too? Don’t you think it would be welcome also today?
We think it’s probably had it’s day and is just a boring cliche: another techno artist in a mask or blurred picture, next. For the most part it’s boring, it’s played out and even creepier when they give themselves girls names! On the whole we just don’t think or worry about it too much. We tried to keep the band just about the music but we always have and always will talk to people directly, before the internet we had Wildcat BBS and then internet forums.
During the years, through changes of members, you explored further the possibilities of your sound and electronic music in general. I would like to know which are in terms of equipment and techniques, the major changes or improvements you went through.
Being able to run everything off one laptop because it gives you the freedom to work anywhere and at anytime.
The series “Sound of Sheffield” shows a more direct, muscular and dancefloor oriented side of the Black Dog sound. Do you agree?
We don’t think our supporters will be surprised by that, they know where we are at with our mixes, podcasts and radio show. They know we play across the spectrum of sound, plus we like to party and dance. It makes perfect sense for us to make that kind of music.
If you should describe it, what’s the Sound of Sheffield for you? Can you imagine The Black Dog sound being the same if you have been based somewhere else than there?
We don’t make the sound of the city, we just channel what’s around us. We do take pride in where we live and the city’s heritage but we are not tied to it. Would it sound different if we lived somewhere else? We’ll never know the answer to that.
Martin and Richard are behind the moniker Application and they recently released the album “System Fork”, can you tell us something about the “making of” that record?
They wanted to do something different and are both interested in Japanese culture, so they took a lot of time exploring Itamae as a creative process, the results speak for themselves, you can see and it hear it all here. They have more release and live shows coming.
You worked at the design and manufacture of a MIDI/USB controller. Without going too much into detail, what brought you to the this kind of enterprise and which is the potential of this tool considering the use that you make is the potential of this tool considering the use that you make of it?
We got bored of things breaking and not being able to get what we wanted so we decided to design and build our own. It was probably the most difficult thing we’ve ever done but it was very rewarding.
Can you tell us something about your own label Dust Science? Do you see it more as an outlet for your own releases or you plan to expand the roster in future?
For now we’re just releasing our own material, having complete control really works for us. Seeing as we can sell the same amount as some of the perceived bigger labels, there doesn’t seem to be much point in working with anyone else right now. Sometimes it’s good to let someone else do that work, but we have no plans to sign to another label or sign anyone to ours in the near future. For now the label will be just about us.
What’s your plans for the rest of 2014 and the early 2015?
We’re working on a couple more EP’s, a new album and more film soundtracks. Maybe we’ll build a synthesiser with Machinewerks if we have the time.[/tab]
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