Dopo la sua esplosione mediatica, il fenomeno Boiler Room mi ha sempre intrigato e non poco. Sarà stato il concetto innovativo del “dj davanti e dietro tutti quanti” o forse l’esclusività degli eventi, fatto sta che da parecchio avevo voglia di parteciparvi non più da dietro un monitor ma proprio in loco. Dopo numerose sfighe e peripezie negli ultimi mesi, stavolta ero lì, davanti allo Stattbad (celebre locale berlinese) per godermi il tanto atteso spettacolo. Il locale, una ex-piscina ormai in disuso da oltre una decade, è da tempo la residenza ufficiale della costola berlinese della Boiler Room. L’ingente folla di fronte all’ingresso ha fatto subito vacillare leggermente il concetto di evento strettamente privato, tra me e me penso che magari un po’ di gente è semplicemente lì per “provarci” ma non è in lista. Dopo una mezz’oretta tra ingresso e guardaroba sono pronto al decollo. Seguendo con l’udito i tonanti colpi di basso che echeggiano, percorro uno strettissimo corridoio dove dall’alto dei miei 2 metri son costretto quasi a gattonare e finalmente ci sono. A discapito di quanto sembrava da fuori, all’interno c’è ancora poca gente e francamente la musica dell’israeliano Dor Levi non fa venire voglia di scatenarsi più di tanto, troppe pause e davvero troppi cavalli. La sala adibita all’evento è una stanzetta secondaria del locale, di fianco a quella principale, che senza dubbio rispecchia a pieno il nome dell’evento. Tra fasci di tubature e muri di pietra rovinati dal vapore intervallati dalle classiche mattonelle bianche quadrettate sembra davvero di stare nella stanza degli scaldabagno di un hotel newyorkese di quart’ordine. Inutile dire che più underground di così si muore, io sinceramente non sono un amante dell’esasperazione di questo concetto ma me lo faccio andare benissimo, Berlino si sa è una città che va matta per queste situazioni. Concluso il primo set è il momento di un artista che attendevo particolarmente, anche se non riuscivo bene a capire come inquadrarlo in una serata prettamente techno. L’americano Amir Alexander, da Chicago con furore, si presenta alla folla con una deep molto acida e un po’ “sporca”, la stanza comincia a riempirsi all’inverosimile e la temperatura inesorabilmente sale. Fomentato dall’entusiasmo che lo circonda, lo stesso Amir si diletta ballando come un pazzo e riconosciamolo, the guy can really dance!
Concluso lo strepitoso set dell’americano, è la volta della giovane principessa russa, quella Nina Kraviz che già si era resa protagonista di un’apparizione all’eccezionale Boiler Room organizzato in concomitanza con l’ADE ad Amsterdam in Ottobre. La signora Klock parte piano, sembra non voler dare uno strappo troppo netto musicalmente dopo Amir, purtroppo però il risultato inizialmente non è dei migliori. Una volta capito ciò che vuole la gente, l’attraente fanciulla sovietica mette in testa l’elmetto e inizia a bombardare la folla a colpi di acid techno, ipnotica e forsennata, la techno che ai berliners piace tanto. E i risultati si vedono. La sala scoppia di gente, non si trova più un buco nemmeno per caso, nel delirio generale mi trovo a ballare senza poter nemmeno alzare le braccia, non nascondo un po’ di frustrazione ma la musica è troppo bella per andare a prendere aria e quindi trattengo il fiato e mi ributto in apnea nella mischia. Dopo 80 minuti di fuoco è il turno dell’ultimo ospite, che viene introdotto da Michail, la voce del BR a Berlino, dicendo “Se avete mai sentito parlare di techno, non potete non aver mai avuto a che fare con lui”. Ben Klock a Berlino gioca in casa e non vuole di certo sfigurare davanti alla sua gente. Parte fortissimo seguendo la via già tracciata da chi lo ha preceduto, quella Nina Kraviz che balla in mezzo a noi felice come una Pasqua, provocante e sensuale come non mai. Mimetizzati nella folla riconosco tra l’altro altri dj come Ryan Crosson, Ilario Alicante e Romano Alfieri. Tutti sembrano voler essere parte della festa senza pretese o puzza sotto il naso. Chi normalmente siamo abituati a vedere in un privè circondato dalla sicurezza oggi è accanto a noi, a scambiare quattro chiacchiere con chi capita e a ballare e a sudare e a godersi la festa. Forse è questa la vera forza di Boiler Room e a dirla tutta è la vera forza anche di Berlino stessa, la democrazia con cui chi fa parte della scena tratta i propri ospiti. C’è spazio per tutti e non si fanno distinzioni. Che sia dal vivo o da casa, questo evento dà la possibilità a tutti di essere parte di qualcosa, tutti allo stesso livello, senza pre-concetti o scalette di merito.
Terminato il set di Ben si è già andati abbondantemente oltre l’orario di chiusura previsto. Tutti convinti che sia giunta la fine, la sala si inizia piano piano a svuotare. Altre sorprese ci attendono però, si andrà avanti ancora un’ora e sarà il b2b tra Nina Kraviz e Ben Klock a farla da padrone. Fortuna vuole che ora lo spazio per ballare sia cospicuo e la temperatura non più quella del centro della Terra come poco prima, perciò si riesce ad apprezzare maggiormente la situazione.
Verso le 2 del mattino l’ultimo rintocco viene suonato ed è ora di abbandonare il terreno di gioco, felice e contento e anche un po’ rintronato da tutto quel caldo. La frizzante aria gelida di Berlino mi riporterà sulla terra in un momento.
Quello che mi sento di dire sul Boiler Room a Berlino è che sicuramente non ci tornerò, non tanto perché non mi sia trovato bene o non mi sia piaciuta la musica ma per una questione di modo di vivere la festa. Nonostante sia tangibile l’impegno e la selezione sicuramente dedicata che gli artisti presenti sfoderano, lo spazio e il caldo alla lunga diventano davvero un fattore non da poco e si finisce col diventare pazzi. Io amo ballare e odio la calca, purtroppo è evidente che in una situazione in cui si sgomita tutto il tempo si rischia anche di non godersi a pieno la musica e tutto ciò va contro a tutto quello per cui mi reco in un locale. Se il concept rimarrà quello di concedere un ingresso limitatissimo ed adibire uno spazio solo per poche persone, non ha senso per me andare a colmare una misura già stracolma. Sicuramente continuerò a seguire con interesse le bellissime dirette streaming ma difficilmente prenderò nuovamente un aereo apposta per questo. Oppure si, ormai mi sono abituato a fare tutto e il contrario di tutto. Quel che è certo, è che allo Stattbad, che era una piscina, posso dire di aver fatto sauna e bagno turco eheheh.