Quanti di noi nel corso degli anni hanno viaggiato per motivi di clubbing? E quante volte vi è capitato di smadonnare all’idea di non poter usufruire di un teletrasporto per essere un giorno a Berlino, quello dopo a Londra e quello dopo ancora al di là della “pozza” sulla Lincoln Road di Miami? La parziale soluzione a questo problema ce l’hanno fornita gli inglesi Blaise Bellville e Charles Drakeford, ideatori e gestori della Boiler Room. Hanno offerto al popolo della notte la possibilità di vedere e soprattutto ascoltare i migliori artisti del panorama elettronico mondiale con un solo click. Direttamente dal divano di casa, sul proprio computer. Ora, di certo non siamo qua a dire che siano dei precursori, le dirette streaming erano già state concepite anni prima. Quello che risulta sorprendente è la continuità e il costante miglioramento che sono riusciti ad offrire nel corso dei 3 anni in cui hanno operato. Partiti con base londinese, hanno inizialmente coinvolto amici e figure conosciute nei loro trascorsi nell’ambiente musicale, andando poi pian piano ad allargare il roster di artisti di pari passo con la loro crescita. Oggi i ragazzi possono vantare tre sedi stabili come Londra, Berlino e Los Angeles, più diversi episodi girati in posti stupendi come ad esempio Lisbona e Cape Town. Abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Charles per fare il punto della situazione e capire fino a che punto la Boiler Room vuole allargare i proprio confini.
Come e quando nasce il progetto Boiler Room? Cosa facevate prima di intraprendere questa avventura?
Il progetto Boiler Room ha avuto nascita nel 2010 quando decidemmo di trasmettere in diretta streaming le registrazioni di un podcast dell’ora defunto Platform Magazine. Blaise (fondatore di Boiler Room, ndr) chiese a Thristian and Femi (che ora gestisce NTS, una stazione radio online) di venire a mettere i dischi e a dirigere lo show. Ci sembrò subito di aver ottenuto una grande reazione da parte del pubblico, perciò lo facemmo di nuovo la settimana seguente e praticamente ogni settimana da allora. Prima di Boiler Room lavoravamo tutti in diversi rami dell’ambito musicale, fattore che ci ha aiutato molto ad ottenere un sacco di grandi guest nei primi show. Una buona parte di quelli che hanno preso parte alle primissime esibizioni erano amici o persone già incontrate prima, fattore che sicuramente rendeva più facile il convincimento a partecipare.
Il concetto veramente rivoluzionario è quello di lasciare gli spettatori fisicamente presenti alle spalle del dj invece che di fronte, lasciando solo “la rete” a guardare in faccia chi si esibisce. Qual è il significato di questa scelta?
Essenzialmente è perché tutto ciò funziona meglio online. Un video di qualcuno che da le spalle alla videocamera sembra strano e non ti fa sentire parte di esso se lo stai guardando in rete. Recentemente però stiamo allargando i nostri orizzonti, spostandoci un po’ fuori da quei confini. Il formato per gli show non è mai stato e probabilmente non sarà mai qualcosa di inalterabile.
Ciò che è tangibile oggi è la semplicità con cui si può trasmettere in tutto il mondo tramite la rete anche con mezzi non professionali. Di quali strumentazioni vi servite per i vostri live shows?
Il nostro equipment è relativamente poco oneroso e ciò è parte della nostra filosofia. Noi non siamo un’emittente TV e banalmente non abbiamo il budget per diventarlo. Potrei anche farvi un riassunto del materiale che abbiamo in studio, ma la settimana prossima la lista potrebbe facilmente risultare diversa. La cosa più importante su cui puntare sono le perfomance della connessione internet. E’ incredibile quanto si possa diventare ossessivi riguardo i ping e la velocità di upload.
Quando avete deciso di espandere i vostri confini anche in altre parti del mondo? Chi porta avanti le diverse sedi Boiler Room?
La decisione di organizzare eventi regolari a Berlino legati a Boiler Room ebbe luogo quando Michail e Alex si dimostrarono notevolmente interessati alla cosa. La città in questione è una di quelle che hanno sfornato così tanta buona musica per così tanti anni, più o meno come Londra. Perciò è stato abbastanza un gioco da ragazzi far funzionare Boiler Room anche lì. Sin dal primo evento era tangibile che avrebbe potuto regalare grandi spettacoli, è così è stato! Una volta che lo show si era stabilito anche a Berlino, cominciammo a pensare quanto sarebbe stato bello organizzare anche qualcosa di regolare al di là dell’Oceano. Il suono di Los Angeles ci sembrò come una scelta ovvia per far si che il nostro pubblico europeo ci si potesse identificare. Quando la Stones Throw (etichetta hip hop fondata da Peanut Butter Wolf nel 1996, ndr) si offrì per il primo show è venuto tutto naturalmente. Sofie, membro dell’etichetta, aprì quella notte e gestisce lo show di Los Angeles sin da allora.
Quali sono le principali differenze fra le città in cui avete portato il vostro brand?
Ogni città ha la sua identità musicale e tutte hanno aspetti piuttosto diversi più che altro sul modo di approcciarla. Ci sono cose ovvie come l’abitudine dei clubbers di Berlino di uscire tardi o di quelli di Londra che sanno perfettamente cos’è un reload (richiesta da parte dell’MC di risuonare la stessa traccia nel caso in cui piaccia molto alla pista, ndr). A dirla tutta però il nostro format risulta essere piuttosto uniforme, o comunque cerchiamo di mantenerlo così il più possibile, visto che le persone ci seguono online da tutto il mondo. C’è da dire che la maggior parte delle differenze sono associate al clubbing, e non è mai stato il nostro obbiettivo trasformarci in un club o comunque non nella sua classica forma.
Quanto sono incrementate nel corso degli anni le visite sul vostro portale web? Di che volumi di traffico parliamo?
Il pubblico è cresciuto immensamente in maniera rapidissima negli ultimi due anni. Ovviamente il numero di visite dipende principalmente dall’importanza dello show. Nei casi più importanti siamo riusciti a raggiungere i 500.000 contatti. E’ grandioso soddisfare il giorno prima numeri del genere e magari il giorno dopo offrire qualcosa a cui solo una frazione di quel pubblico potrebbe interessarsi. O allo stesso tempo permettere a qualche dj meno famoso di aprire ad artisti di livello mondiale.
Eravate preparati a un così folgorante aumento di followers? Vi aspettavate questo successo quando avete iniziato?
I primi eventi sicuramente ci hanno dato buone speranze per il proseguo del progetto, ma ad essere sinceri credo che nessuno si aspettasse che Boiler Room sarebbe diventato ciò che è oggi. Per di più non è stato un processo così rapido, tre anni sono un periodo piuttosto lungo. E’ successo tutto gradualmente e abbiamo lavorato sodo perché potesse accadere.
In seguito al vostro approdo molti hanno provato ad imitarvi e grazie alla semplicità con cui si può farlo oggi ci troviamo ad avere una moltitudine di piccole organizzazioni che danno spazio a talenti emergenti in ogni recondito angolo del pianeta. Vi sentite in qualche modo affini o addirittura responsabili di questo enorme cambiamento?
Bè, c’erano già degli streaming di dj e musicisti prima di noi. Diciamo che siamo semplicemente parte della maggior popolarità che questa idea ha raggiunto. Non possiamo dire di aver inventato il concept, gli abbiamo solo dato il nostro marchio di fabbrica e lo abbiamo curato in modo tale che potesse esaltarci musicalmente parlando. E’ fantastico poter sfruttare un mezzo per dare risalto a coloro i quali hanno grande talenti e che magari sono nuovi della scena.
Recentemente sono stato presente a una delle tappe berlinesi di Boiler Room e mi chiedevo una cosa: come mai la scelta di permettere l’accesso solo a pochi fortunati invece che aprirlo a tutti? Volete mantenerlo principalmente un show per il web anche per chi abita nelle città ospitanti?
Sostanzialmente il budget per i nostri eventi non ci permette di affittare una grande location. Oltretutto certi spazi non creano l’ambiente intimo che aiuta un dj o un musicista ad esprimersi al meglio delle sua possibilità. L’unico motivo per cui artisti come Erykah Badu o Carl Craig verrebbero ad esibirsi in mezzo a una folla del genere sarebbe perché metà delle persone presenti sarebbero loro amici.
Ho notato che spesso i dj che ospitate tendono ad offrire una selezione particolarmente ricercata e raffinata. E’ evidente quindi come i vostri show siano diventati una vetrina di prestigio anche per nomi che probabilmente non avrebbero bisogno di ulteriore pubblicità. Vi riconoscete in questo concetto?
E’ sicuramente qualcosa che ci piace pensare ed il motivo per cui abbiamo creato il progetto. Qualsiasi DJ che ci viene a trovare deve sentirsi libero di suonare ciò che preferisce nel modo che più gli aggrada. Sotto questo aspetto avere la folla alle spalle aiuta molto. Non si tratta più di esibirsi di fronte a una grande arena, è come “suonare in cameretta”. Gli artisti suoneranno prettamente musica che loro stessi vogliono ascoltare, sia esso qualcosa di nuovo su cui stanno lavorando o la loro canzone preferita di sempre.
C’è un evento Boiler Room che ricordate con maggior piacere?
E’ davvero quasi impossibile da dire. Ogni volta che ce l’hanno chiesto probabilmente abbiamo dato una risposta differente. Tra i primi show sicuramente ci sono alcuni dei nostri favoriti, quando davvero non sapevamo ancora cosa sarebbe successo. Come ad esempio la comparsa di Theo Parrish o la polizia venuta per chiuderci. Bè oddio, forse quella volta in cui ci han fatto chiudere per dirla tutta non è stata così bella…
Cosa vi riserva il futuro? Ci sono altri progetti sui quali state lavorando?
Quello per cui probabilmente siamo più eccitati è il lancio di un vero e proprio canale su Youtube con tonnellate di nuovo materiale separato dal mero live broadcast. A parte quello non vediamo l’ora di collaborare con un sacco di nuovi festival quest’anno, oltre ad esplorare nuovi “territori” per conto nostro. Attendiamo di vedere quanto in là ci possiamo spingere e che con che tipo di musica ci troveremo alle prese lungo il percorso.
English Version:
Over the years, how many of us have traveled for clubbing reasons? And how many times have you cursed not being able to have a teleporter to be one day in Berlin, the next in London and the next beyond the “puddle” on Miami’s infamous Lincoln Road? A partial solution to this problem comes from the british duo formed by Blaise Bellville and Charles Drakeford, designers and operators of Boiler Room. They offered to the people of the night a chance to see and especially hear the best artists of the electronic scene worldwide with a single click. Directly from the couch at home, on your computer. Now, we are certainly not here to call them precursors. Live streaming had already been conceived years earlier. What is really surprising is the continuity and the steady improvement that they have been able to offer over the three years in which they have worked at this project. At first based in London, Boiler Room initially involved friends and known figures that the guys had met in their previous experiences in music environment, then expanding the roster of artists together with their growth. Today they have three staple establishments such as London, Berlin and Los Angeles and several episodes filmed in beautiful places such as Lisbon and Cape Town. We took the opportunity to have a chat with Charles to take stock of the situation and understand how far Boiler Room wants to expand its borders.
How and when was the Boiler Room project born? What were you doing before starting this adventure?
Boiler Room started in 2010 when we decided to stream the recording of a podcast for the now defunct Platform magazine, live on the internet. Blaise who founded Boiler Room asked Thristian and Femi (who now runs NTS) to come down, play records and host the show. It seemed to get a great reaction from the off. So we did it again the following week and pretty much every week since. Before Boiler Room we were all working in various areas of music, which helped us to get so many great guests on those initial shows. A lot of the people who played those early shows were friends or people we had met before. Which makes convincing someone to come on the show a lot easier.
The truly revolutionary concept is to let the physically present audience behind the dj instead of in front, leaving only “the network” to face the performer. What is the meaning of this choice?
Essentially it’s because this just works a lot better online. A video of someone with their back to the camera just looks weird and you just don’t feel a part of it if you’re watching online. Recently we have been moving away from operating within those confines exclusively though. The format for the show never has been and probably never will be set in stone.
What is clear today is the ease with which some event can be transmitted around the world via the network even with non-professional equipment. Which instrumentation do you use for your live shows?
Our equipment is relatively inexpensive and that’s part of the whole ethos. We are not a TV production company and we simply don’t have the budget to become one. We could give you a rundown of all the equipment in our studio, but next week the list would probably be pretty different. The most important thing to get right is the internet speed. It’s weird how obsessed you can become with upload speeds and ping.
When and why you decided to expand your boundaries in other parts of the world? Who takes care of the various parts of Boiler Room?
The decision to set-up a regular Boiler Room in Berlin began when Michail and Alex hit us up about being really interested in the project. Berlin is truly one of those cities that has had consistently interesting music churning out of it for years, much like London. So it was a bit of a no-brainer that a Boiler Room could work there. From the very first show it was apparent that it was going to produce some amazing shows – and it has! Once we had established the show in Berlin we began to think how amazing it would be to set up some kind of regular thing Stateside. Los Angeles’ beat scene seemed like an obvious choice of scene that our European audience would identify with too, and when Stones Throw were up for doing our first show it all came together. Sofie from Stones Throw opened up at that first broadcast and has been running Boiler Room Los Angeles ever since.
What are the main differences between the cities in which you have brought your brand?
Every city has their own musical identity really, and they all have quite different approaches to how it’s enjoyed. There are obvious things like Berlin crowds going out later, London crowds understanding what a reload is… but to be honest the format of our shows is fairly consistent throughout. Or we try to keep them as consistent as possible, because people watching online could be from anywhere in the world. There is also the fact that a lot of these differences are associated with clubbing, and we never aim to turn into a club in that usual ideal.
How have the visits to your website increased over the years? Of which traffic volumes are we talking about?
The audience has increased immensely and incredible quickly over the last two years. Obviously our views depend massively on the size of the show. The largest shows we have had though reached around 500,000 people. It’s great to cater to an audience that size one day and then the next just put something on that only a fraction of that audience would be into. Or to let someone with only a couple of records out open up for some huge international artist.
Were you prepared to such a striking increase in followers? Did you expect this success when you started?
Those initial shows certainly showed a lot of promise for the project, but to be honest I don’t think anybody could have foreseen Boiler Room turning into what it is today. Although it has been a quick process, 3 years is a pretty long time. It has all happened gradually and we have put an awful lot of work into making it happen.
Following your landing many have tried to imitate. Thanks to the ease with which you can do this today, we find ourselves having a multitude of small organizations that give space to emerging talent hidden in every corner of the planet. Do you feel in any way related or even responsible for this massive change?
Well there were people live streaming DJs and musicians before us, so I guess we’re just part of the whole idea becoming more popular. We wouldn’t say that we invented the concept, we have put our own stamp on it and curated it in a way that excites us musically. It’s great that we now have a platform that can really push those who are new to the scene and incredibly talented.
Recently I was present at one of Boiler Room’s events in Berlin and I was wondering one thing: why did you choose to allow access only to a fortunate few, rather than open it to everyone? Do you want to keep it mostly a show for the web also for those who live in the host cities?
Essentially the budget for our shows doesn’t warrant hiring a massive venue, and large venues don’t really create the intimate environment that helps a DJ or musician to perform at their best. The whole reason an artist like Erykah Badu or Carl Craig will come down and play in amongst a crowd of people is because they’re friends with half of the people in there.
I’ve noticed that often DJs who are hosted at Boiler Room tend to offer a particularly sophisticated and refined selection. It ‘s obvious that your shows have become a prestigious global showcase even for names that probably would not need additional advertising anymore. Do you perceive this too?
That’s certainly something we like to think we have created a platform for. Any DJ who comes through is always made to feel like they can play whatever they want – which the whole ‘back to the crowd’ aesthetic helps with too. It’s not like performing to a big crowd, it’s like playing in your bedroom. DJ’s will often play the music they want to hear, whether that’s something new they have been working on or their favourite record of all time.
Is there a Boiler Room event that you remember with most pleasure?
It really is near impossible to say. Whenever people have asked this before, we’ve probably given a different answer every time. Those early sessions were probably some of our favorites. When you just never really knew what was going to happen. Like Theo Parrish turning up or the police coming to shut us down. Well, the one when we got shut down wasn’t all that great the time.
What does the future hold for you? Are there any other projects on which you’re currently working?
Probably what we’re most excited about is launching a full-blown YouTube channel with tons of new content, outside of the live broadcast aspect. Outside of that we can’t wait to get a load more festivals this year, as well as exploring some new territories on our own. Seeing how far this whole thing can go and what kind of music we get to find out about in the process.