Parlare attraverso Skype con un sorridente ed affabile Tim Simenon è trovarsi di fronte ad un vero pioniere della musica di cui Soundwall si occupa giornalmente. Come Bomb The Bass, Tim ha prodotto il seminale brano “Beat Dis”, che nel 1987 ha raggiunto la cima delle classifiche britanniche, ed un anno più tardi l’album “Into the Dragon”. Il progetto Bomb The Bass è passato poi attraverso cambi di formazioni e collaborazioni con i successivi album “Unknown Territory” e “Clear” mentre Tim durante gli anni ha lavorato in studio come produttore e remixer per Neneh Cherry, Bjork – sul suo singolo “Play Dead” – Gavin Friday, Depeche Mode – nell’album “Ultra” – David Bowie… e questo per nominarne solo alcuni. Il suo incontro con il cantante-multistrumentista Paul Conboy ha portato ad una specie di versione aggiornata di Bomb The Bass e ad altre collaborazioni di prestigio, dal cantante ed autore Mark Lanegan a Fujiya & Miyagi, dal produttore brasiliano Gui Boratto a Martin Gore – che se siete lettori di questo sito non ha certo bisogno di presentazioni – negli album “Future Chaos” e “Back to Light”. Simenon and Conboy sono ritornati nel 2013 con il singolo “Wandering Star” e l’album “In The Sun”, in uscita sulla label dello stesso Simenon, O*Solo Recordings. In questa intervista abbiamo parlato con il duo a prosito del loro passato e del loro presente.
Le prime domande sono per Tim. Hai mai avuto la sensazione che la tua storia musicale, specialmente il tuo lavoro come produttore per altri artisti e remixer, fosse una specie di ostacolo per la tua carriera di artista? O pensi invece che sia stata una buona piattaforma per i tuoi progetti?
Tim: Naturalmente è una buona piattaforma. Tutto ciò a cui ho lavorato in precedenza fa parte della mia storia, è musica di cui sono molto orgoglioso ed ho cominciato a lavorare a quei dischi sapendo che era ciò che veramente volevo fare. Ogni volta che si menzionano i Bomb The Bass si fa anche menzione a quella storia. Le due cose vanno mano nella mano e spero che il nuovo materiale sia parte di quella collezione di dischi.
Ho notato che gli appassionati di musica hanno differenti percezioni di Tim Simenon. Alcuni ti ricordano per “Beat Dis”, altri per il tuo lavoro con i Depeche Mode o con Gavin Friday, altri ancora per i tuoi remixes o produzioni come “Bug Powder Dust”. Non è una cosa complicata da gestire dal tuo punto di vista?
È la cosa bella, perché riflette la musica che mi piace ed è parte del mio carattere perché mi piacciono diversi generi musicali e spero che ciò che produco ne sia il riflesso. C’è così tanta varietà perché per me la buona musica non ha confini e sono toccato dalla musica in molte maniere diverse. Spero che le persone che capiscono ed apprezzano ciò che faccio riconoscano attraverso la musica che faccio anche la mia apertura mentale. La mia speranza è che chi vede che ho lavorato ad “Ultra” e poi a qualcosa di completamente differente come “Bug Powder Dust” sia anche in grado di capire che la musica ha un così ampio spettro di stimoli da cui trarre ispirazione, e quello che realizzo dopo aver sentito ciò che tu mi hai detto è che la gente trae ispirazione da quello che faccio e la cosa mi rende molto felice. Per me l’idea di essere fonte di ispirazione per la gente riguardo alla tecnologia musicale, al djing o alla produzione è la cosa più importante. Il passare agli altri questo tipo di energia.
Mi ricordo che ti sei trasferito da Londra ad Amsterdam dopo aver lavorato ad “Ultra”. E mi ricordo anche di aver letto che lavorare a quel disco è stato particolarmente stressante. È questa la ragione principale per cui hai deciso di lasciare la Gran Bretagna per andare a vivere all’estero?
Il progetto con i Depeche Mode terminò nel 1998, dopo aver lavorato ad “Only When I Lose Myself”. Ho vissuto per un altro paio d’anni ancora a Londra ma mi sentivo stanco, fisicamente esausto. Avevo lavorato per dodici anni senza pausa e sentivo il bisogno di vivere la vita ed occuparmi di altre cose al di fuori della musica, e visto che avevo amici ad Amsterdam mi sembrò una buona idea lasciare Londra. Al momento vivo a Vienna, la ragione principale del mio trasloco è il mio progetto chiamato Ghost Capsules, al quale lavoro con due artisti austriaci.
Mi piacerebbe sapere qualcosa riguardo al background di Paul, specialmente su come sei diventato cantante.
Paul: Ho cominciato a fare musica strumentale assieme ad un amico a Manchester, siamo stati messi sotto contratto dalla Dorado Rec. nel 1994, era l’apice del trip-hop e facemmo uscire un album come A.P.E. che andò abbastanza bene. Poi un sacco di televisione, di colonne sonore e verso la fine del progetto A.P.E. ho cominciato a cantare per la label di Tim, Electric Tones, in un paio di pezzi sotto differenti nomi. Era la prima volta che cantavo su disco nonostante cantassi da sempre visto che già quando avevo quindici anni cantavo per strada, come busker, particolarmente a Manchester quando ero studente. Mi accomapagnavo da solo con la chitarra. Prima di interessarmi di musica elettronica ho cantato molto anche in guitar bands ma è arrivata la scena rave ed elettronica, mi sono appassionato a quella ed ho smesso di cantare per dieci anni. Non mi interessava più. Finché più tardi non abbiamo fatto uscire quel singolo sulla label di Tim ed ho avuto la possibilità di conoscerlo meglio, abbiamo iniziato un altro progetto vocale che però si è bloccato ad un certo punto per qualche anno e poi è resuscitato sotto forma del mio primo album con Bomb The Bass.
Ho l’impressione che tu Paul sia diventato nel corso degli anni una specie di alter-ego vocale di Tim e che abbiate consolidato la vostra collaborazione a tal punto che che tu sei l’unico cantante su “In The Sun”.
Paul: Si! I primi due album in cui c’era una partecipazione di ospiti erano divisi tra una metà di tracce cantate da me e tre o quattro canzoni cantate da altri. Questa era all’incirca la formula. Ma penso che abbiamo scoperto andando in tour, suonando dal vivo, che era piú facile per me e Tim partire ed esibirci. Ovviamente avere Mark Lanegan, o chiunque altro, non era sempre possibile. Abbiamo anche cominciato a notare che la risposta del pubblico era migliore, chi viene ad ascoltarti live vuole qualcuno che canti realmente e non una voce preregistrata, e così ci siamo naturalmente orientati in questa direzione.
Tim: Ovviamente quello che Paul fá dal punto di vista melodico e dei testi mi tocca in maniera profonda. Questa è la ragione per cui continuo a lavorare con lui, perché sono un grande ammiratore del suo lavoro. E penso inoltre che ci bilanciamo a vicenda.
Ci potete raccontare qualcosa delle fasi di produzione dell´album?
Tim: Tutto è cominciato con dei loops ritmici che ho messo assieme, che è generalmente come il processo compositivo inizia, poi Paul ha contribuito con ulteriori idee e frammenti di vocals ed in questo particolare caso abbiamo avuto Christian Eigner, il batterista dei Depeche Mode, a suonare la batteria sopra il tutto per aggiungere dinamicità ed un feeling live. Sono andato poi ad Amsterdam a mixare dal mio amico Foppe Tilman che possiede un incredibile studio analogico. Questo in breve il processo di produzione.
Le armonie vocali e le incessanti parti di batteria mi hanno fatto venire in mente certa musica psichedelica degli anni ’60 e ’70, addirittura Kraut-Rock. Volevo sapere da Paul se è un grande fan dei Beach Boys, per fare un esempio?
Paul: Amo i Beach Boys, ne sono anche un pò ossessionato. Credo che tu abbia ragione, nel disco c’è una componente psichedelica. Ho fatto coscientemente uno sforzo per non mettere una sull’altra troppe armonie vocali ma è più forte di me. Inoltre ho suonato molto di più live, soprattutto con un basso Fender mentre nei precedenti dischi avevo usato dei bassi synth. Credo che questo gli abbia dato un suono da psichedelia anni ’60. Mi ricordo che mentre mixavamo il precedente album mi sono davvero innamorato dei Tame Impala. Il suono delle voci che hanno, carico d’effetti. Lo amo molto.
I testi di “In The Sun” sembrano spaziali ed un pó oscuri. In generale ho notato una costante di mistero ed una certa cupezza negli album dei Bomb The Bass.
Paul: Alcuni di questi lo sono. C’è una certa “darkness”. Ma ci starei comunque attento ad usare la parola “dark”. Se una qualsiasi canzone non è suona come stupida pop music viene subito etichettata come “dark”. Ma si in un certo senso un senso di insicurezza è sempre presente nei nostri testi, un senso di incertezza.
Tim ci puoi raccontare qualcosa a riguardo della tua label O*Solo?
Tim: L’etichetta si concentra su Bomb The Bass e Ghost Capsules, inoltre ho lavorato con Afrika Baby Bam dei Jungle Brothers. Abbiamo registrato un EP insieme, penso vedrà la luce in estate. Pubblico semplicemente musica che ha una qualche connessione con me e coinvolge le persone con cui faccio musica.
Avete entrambi dei progetti paralleli, ce ne volete parlare?
Paul: I nostri progetti corrono in parallelo continuamente. Tim ha i Ghost Capsules, io ho i concerti con i Metamono, per esempio alcune settimane fá abbiamo suonato con gli Orb. Abbiamo un album in uscita in Ottobre. Metamono è molto differente da Bomb The Bass che si basa principalmente sulle canzoni. Metamono è l’opposto, è una band, è pura e vintage – io sono sempre stato ossessionato dai sintetizzatori analogici – con i Metamono non c’è nemmeno un computer in sala prove.
English Version:
Talking in a Skype session to a smiling and affable Tim Simenon is staying in front to a real pioneer of the music Soundwall is about. As Bomb The Bass he produced in 1987 the seminal track “Beat Dis”, which reached the top of the U.K. charts, and a year later the album “Into the Dragon”. Bomb The Bass went through a number of different incarnations and collaborations with the successive albums “Unknown Territory” and “Clear” while Tim during the years went to work in studio as a producer and remixer for artists like Neneh Cherry, Bjork on her single “Play Dead”, Gavin Friday, Depeche Mode on the album “Ultra”, David Bowie… and this just to name a few. His meeting with the vocalist and multi instrumentalist Paul Conboy brought to a sort of upgraded version of Bomb The Bass and more collaborations, from the american singer-songwriter Mark Lanegan to Fujiya & Miyagi, the brasilian producer Gui Boratto and Martin Gore on the albums “Future Chaos” and “Back to Light”. Simenon and Conboy returned in 2013 with the single ‘Wandering Star’ and the album ‘In The Sun’, on Simenon’s new imprint O*Solo Recordings. In this interview we talked to the duo about their past and the present.
The first questions are for Tim, Have you ever felt like your musical history, expecially your work as a producer and remixer for others, was a kind of hinderance for your career as an artist? Or is it a good platform for your projects?
Tim: Of course is a good platform. Everything I worked on previously is part of my history, is music I’m very proud of and I’ve gone into working on this things knowing that this is what I want to do. Everytime that’s the mention of Bomb The Bass there’s naturally some kind of mention about the history. It just comes hand in hand and the new material hopefully will be part of that collection.
I noticed that people got different perceptions of Tim Simenon. Some remember you for “Beat Dis”, other for your work with Depeche Mode or Gavin Friday, other for your remixes, some others for your solo work, on a track like “Bug Powder Dust” for example. Isn’t something a bit complicated to handle?
Tim: That’s a beauty of it because it’s very reflective on music that I like and it’s part of my character because I do like lot of different styles of music and hopefully the work I work, that I produce, reflects that. There’s a lot of variation because for me good music doesn’t have boundaries and I’m touched by music in a lot of different ways. For people that understand and enjoy what I do, I hope the open-mindedness of what I’m about is the main thing that comes through in the music that I make. Hopefully people that see that I worked on “Ultra” and then on something completelly different as in “Bug Powder Dust” can understand that music is such a broad spectrum of so many good things to get inspired, and what I take away from what you just said is that people get inspired by what I do and that makes me feel very very happy. For me the idea of inspiring people to get into music technology or start djing or producing, this is for me what is all about. Passing on this kind of energy.
I remember that you relocated from London to Amsterdam after your work on “Ultra”. And I read somewhere that the production of that record was particularly stressful. Was this a reason why you decided to leave U.K. to live abroad?
Tim: The Depeche Mode project ended in 1998, after we worked on “Only When I Lose Myself”. I lived a couple of years more in London but I was very tired and phisically exausted by 2000. I’ve been working for 12 years without really taking a break from music I thought it would be quite good to get a life and look at other things outside the music. And it made sense because I had friends in Amsterdam so I decided to leave London. And now I’m based in Vienna, the main reason for me moving, is I started ths project called Ghost Capsule with a couple of austrian artists.
I would to like to know something about Paul’s background, expecially how you became a singer.
Paul: I started off making instrumental music in Manchester with another friend, we got signed by Dorado Rec in 1994, it was the peak of thet trip-hop thing, and we put out an album that did resonably well as A.P.E. Then did lot of TV, lot of film scores and then towards the end of the A.P.E. project I did start singing on a couple of tracks on Tim´s label, Electric Tones, under a couple of different names. It was the first time I sang on record, althought I d always sung because when I was 15 years old I used to busk, particularly in Manchester as student, just me and a guitar. Before I got into electronic music I sung a lot, I’ve been in early guitar bands but then along came that rave electronic scene and I just got really into that and didn’t sing for 10 years. It didn’t interest me really. Until later we put that 7“ on Tim’s label and got to know him really well, we started another vocal project with me but it stuck it for a few years, got on the backburner for a little while and then got resurrected in the form of my first album with Bomb The Bass.
I have the impression you Paul became through the years a kind of vocal alter ego for Tim, and that you consolidated yor partnership to the point that you are the only singer on “In The Sun”.
Paul: Yeah! The first two albums that had a lot more of guests, were kind of half me and then three or four tracks with guest vocalists. I guess it was the formula but I think we discovered from touring, from live shows, that was easier for me and Tim to go on the road and do a tour. Obviously to get Mark Lanegan or whoever else, it wasn’t always possible. We also noticed that the response by the audience was better too, they want something live, they want someone singing, and so we naturally drifted to that.
Tim: Obviously what Paul does lyrically and melodically touches me in a profound way. That’s the reason I carry on this working relationship with him, because I’m a big fan of what he does. I think we balance each other out.
Can you tell us something about the making of the album?
Tim: It started off with basic rhythm loops that I put together, which is generally how the writing process begins, then Paul contributes with further ideas and sketches of vocal melodies, and in this particular case we got Christian Eigner, Depeche Mode’s live drummer, to play the drums on top of what we had already to give it some dynamics, to give it some liveness. And then I went to Amsterdam to mix it with my friend Foppe Talman who has an amazing analog equipement in his studio. That’s the basic process in a nutshell really.
The vocal harmonies and the motorik drum patterns reminded me of psychedelic stuff from the 60’s and 70’s, some Kraut-Rock too. Are you Paul a big fan of the Beach Boys, to make an example?
Paul: I do love Beach Boys, I’m a bit of an obsessive. Yes I think there’s an hint of psychedelia in there. I did try to make a conscious effort to try to not stack too many harmonies, but I can’t help it really. And there’s a lot more live playing, the most of the bass lines I played on a Fender bass while the previous albums is all synths bass. I think that gave it a more 60’s psychedelic vibe. I remember as we were mixing the last album I got into the Tame Impala really badly. The vocal sound he has there, heavily effected. I love that really!
The lyrics of “In The Sun” seem spacey and a bit dark. Generally I noticed a kind of misterious, moody feeling as a constant in all the Bomb The Bass albums.
Paul: Some of them quite are yes. There is some darkness in there. But I’am bit weary of the word “dark”. If anything isn’t just like sort of silly pop music it’s get’s labelled as “dark”. But yes there’s always this sort of feeling in the back, where everything is not quite right about the world, we present it as it is.
Can you tell us something about the label O*Solo?
Tim: The label is focusing around Bomb The Bass and Ghost Capsules, and also I have been working with Afrika Baby Bam from Jungle Brothers. We recorded an EP together which I think it will see the light of the day in summer. I’m just releasing music that has some connection with myself and involves people that I’m making music with.
You both have parallel projects. Can you tell us something about them?
Paul: Our projects run in parallel all the time. Tim got Ghost Capsules, I have Metamono gigs, we played with The Orb weeks ago. We got an album coming out in October. Metamono is very different. Bomb The Bass is very much about the songs while Metamono is the opposite. It’s a band, it’s all pure, vintage – I always been obsessed with analog synthesisers – with Metamono there’s not even a computer in the room.