La dicitura è stata aggiornata con un “Bottin presents”, innanzitutto. Il che legittima ulteriormente il sospetto che i Cristalli Liquidi siano in toto una creatura fittizia del produttore veneziano, più che il “post italo ensemble” di Padova descritto dalla pagina Facebook ufficiale. Ma l’affare si ingrossa in ogni caso, e quello che pareva un semplice divertissement citazionista – ricordate “Volevi una hit”, specie di libera interpretazione di “You Wanted A Hit” (LCD Soundsystem) andata a ruba lo scorso anno? – assume sempre più le sembianze di una cosa seria.
Il clima è grossomodo lo stesso, in questo secondo singolo. Pulsazione italo-pop, bassline analogica e beat sintetico minimale, effetti e svolazzi melodici tricolori, e liriche ancora più criptiche nel combinare visioni da fiaba, apparenti nonsense e potenti flash concreti sulla musica, la sua produzione, la sua fruizione (“ma dove sono i dischi dell’altr’anno?”, “qui c’è il coro”, “ecco, ti domandi dove vada il tuo cantante a disco fermo”). Tipo tardo Battisti, volendo. E infatti scopriamo – bastava indagare su quel “Vanera-Pappalardo” del centrino, in effetti, ma concedete al critico una pacca sulla spalla per l’intuizione – che questa volta si tratta di una cover sul serio. Che Vanera era lo pseudonimo usato all’epoca da Pasquale Panella, e che Lucio Battisti ha conosciuto quello che sarebbe diventato il paroliere dei suoi ultimi dischi lavorando, come produttore, proprio all’album di Adriano Pappalardo del 1983 in cui la più veloce e nervosa “Caroline e l’uomo nero” (questo il titolo originale) è inclusa, “Oh! Era ora”. E già che ci siamo: provate a scordare il pagliaccio visto in televisione negli ultimi tempi, e a indagare sui dischi di Pappalardo fra fine ’70 e inizio ’80. Merita.
L’effetto, in ogni caso, è quello di noi piccoli di fronte a un Sanremo o un Festivalbar di trent’anni fa, quando all’improvviso salta fuori l’artista eccentrico, l’irregolare. Quello che ci spiazza, o quello per vedere il quale ci siamo sorbiti ore di melma. Bello il “Radio Edit”, belli anche il poco più lungo “Extended Mix” e il potente “Bottin Dub”, restano due remix di pregio. Alexander Robotnick sfiora gli otto minuti con un trattamento ammorbidente, in cui un rigido beat electro spezzato viene circondato da voci con eco, bassi sospesi, accordi jazzy. Ma davvero in fiamme sono Le Macchine, fresca collaborazione fra colonne della disco/house nazionale come Luca Saponaro (The Heels Of Love, The Love Supreme) e i Barking Dogs al completo. Insieme, i tre firmano un bestione di body music a cui è difficile resistere, uno scuro miscuglio house analogico di varie epoche e provenienze, completo di bordate acide e clap in battere, tribalismi industriali e polpa new beat. Fino ad ora, per loro, solo centri pieni.