Bradley Zero è una delle figure più riconoscibili del panorama odierno del movimento clubbing mondiale, non solo per i dreadlock che abbiamo visto roteare e agitarsi in quasi tutte le Boiler Room fino al 2014, ma anche perché sta diventando un affermatissimo dj, business man, curatore di party e capo di un’etichetta. Ha messo in piedi Rhythm Section nel 2014 e da allora è divenuta una delle label riferimento per il nuovo momento che la house imbastita di suggestioni funk, jazz e soul sta vedendo oggigiorno e tutto in nome dell’amore.
Come è stato per un giovane ragazzo dello Yorkshire spostarsi a Londra?
Spostarsi dal nord dell’Inghilterra alla volta di Londra è un passo decisamente grosso, è una città che potrebbe fare da nazione a sé su più livelli: economico, culturale e politico. Chi viene da fuori credo riesca a comprendere meglio cosa può offrire Londra, perché vediamo tutto come nuovo ed eccitante. Il senso di spaesamento che ho sperimentato agli inizi (nel 2006) non si è ancora attenuato.
E nel tuo spostamento ti sei stabilito a Peckham. Ci spieghi come è venuta fuori la “trilogia di Peckham”, mi sembra che essa parli di un rapporto autentico con il quartiere tanto da darne rifermento anche nel logo di Rhythm Section International. Ti chiedo: come stai vivendo il momento di gentrificazione di Peckham? So che è diventato un argomento molto sentito al momento.
La trilogia non è qualcosa di ufficiale, più che altro una coincidenza legata al fatto di lavorare con artisti locali. Siamo il prodotto di quello che ci circonda ed il fatto che Al Dobson Jr, Henry Wu e Chaos In The CBD hanno condiviso con noi lo stesso ambiente mentre producevano la propria musica ha portato come risultato un ritratto sonoro evocativo della zona.
Il fenomeno della gentrificazione è davvero reale e non è unicamente legato a Peckham ma qui si sta facendo sentire pesantemente. La crisi immobiliare di Londra sta andando fuori controllo: la distanza tra ricchi e poveri sta diventando sempre più larga e poche persone della nostra generazione possono acquistare una casa o peggio riuscire a pagare un affitto. È un fenomeno che sta toccando non solo i più poveri ma anche la classe media e va espandendosi nelle periferie di Londra oramai alla mercé dei più ricchi. Le conseguenze non riguardano solo fattori economici perché questo sta intaccando la creatività e i suoi luoghi e, secondo me, nei prossimi dieci anni assisteremo ad un’enorme migrazione dei giovani creativi verso le città più piccole. Nel passato avrebbero lasciato Londra per luoghi come Berlino, Amsterdam o Lisbona ma dopo la Brexit forse non avremo che scegliere di rimanere nei confini inglesi. Non è proprio una situazione ideale con cui fare i conti però potrebbe essere interessante per lavorare sulla cultura all’interno dei confini UK perché la scena è pressoché centralizzata a Londra.
Corre l’anno 2014: il tuo party anche se giovane è già uno dei più rispettati di Londra, hai il lavoro più bello del mondo (con Boiler Room) e comunque hai deciso di mettere in piedi la tua etichetta “Rhythm Section International”
Beh prima di tutto non ero a conoscenza ed ero impreparato alla mole di lavoro che ci vuole per mandare avanti un’etichetta! Poi, avevo ricevuto così tanta musica da pubblicare e mi sembrava tutta musica che dovesse essere a disposizione del pubblico. E per ultimo volevo che il messaggio di Rhythm Section arrivasse ad un’audience globale e creare un lascito duraturo; i party per me rappresentano qualcosa di effimero, sono legati solo al momento ed infatti non ci sono né foto o altre prove della loro esistenza e per capirli devi essere lì. Con Rhythm Section ho voluto creare un prodotto che non avesse alcun limite di ricerca.
Per quanto riguarda Boiler Room, ci son stato dentro nei suoi giorni di gloria: ho iniziato quando aveva appena diciotto mesi e poco dopo ho messo su i party Rhythm Section. Il team era formato da me e altre cinque persone (Tasker, Thristian, Drakeford, Gosia e Blaise) e abbiamo fatto noi le regole fino a quando ci siamo stati. È stato un momento davvero eccitante in cui mi sono trovato a dover dare tutto e in quel caso o affondi o nuoti ma siamo riusciti ad uscirne fuori al meglio. Dopo quasi tre anni, sentivo di aver raggiunto tutto quello che potevo ed era il tempo di fare qualcosa di mio, mettermi alla prova come artista, businessman e curatore.
Da un punto di vista musicale, il catalogo di Rhythm Section può essere definito caleidoscopico, allora perché non c’è un artwork per le release?
Invece hanno un artwork ben definito! Il disegno permette a tutte le release di sembrare un pezzo unico e fungere allo stesso tempo da piattaforma condivisa per lanciare nuovi artisti ed essere un brand riconoscibile per il “Rhythm Section Sound”.
Una copertina come la nostra permette alla musica di parlare per sé e quindi ogni singola release non primeggia sull’altra. Credo che lo stile e l’arte in una copertina sia importante, specialmente nel caso di concept album, perché permette di ricordarle nel tempo ma nel nostro caso e per il tipo di servizio che le nostre release offrono non credo sia utile.
Ed aggiungo che anche alcune tra le mie etichette preferite hanno copertine sul nostro stile. Pensa a XL, Warp, Trax, strictly rhythm…
L’ambiente Rhythm Section sembra vivere in un milieu molto famigliare. Chi è coinvolto insieme a te nella gestione? Olaf Boswijk, fondatore e manager del Trouw, in questa intervista suggerì che il senso di famiglia e di comunità è il segreto del successo, sei d’accordo?
La comunità è il cuore di Rhythm Section. È tutto nato da un gruppo molto unito di outsider appassionati di arte, all’opposto dalle logiche industriali. Sono le stesse persone che ho incontrato sul dancefloor che creano questa atmosfera speciale ed alcune di loro, così come molti artisti con cui collaboriamo, fanno parte del nostro staff (Mali, Anu, Emily) e mi stanno aiutando nel portare avanti l’etichetta e i party.
Rifiutiamo le gerarchie, ci asteniamo dal settare i tempi, siamo tra la gente sul dancefloor e balliamo con loro. Non ci sono aree VIP o backstage e tutti sono i benvenuti. È questo spirito di inclusività e metodicità che permette di creare una vera comunità e questo non solo con chi viene a ballare da vicino ma anche con i dj guest che ritornano ogni anno. Il patto di fiducia che esiste tra il party e chi viene a ballare ci permette di prendere alcuni rischi: presentare dj sconosciuti o poco apprezzati e permettere loro di mettere in piedi momenti inaspettati e speciali. Proprio per questo senso di comunità non abbiamo mai chiamato grandi nomi giusto per vendere biglietti. Il Trouw rappresentava un perfetto esempio di comunità, dall’uomo alla porta al bartender a chi lavorava al guardaroba faceva parte dell’esperienza. Hanno compreso come chiunque, non solo il dj, coinvolto in quell’esperienza, dall’inizio alla fine, portava energia alla serata; anche i ragazzi che raccoglievano i bicchieri si divertivano e si vedeva. Era un club nel senso più puro del termine, un posto in cui ti faceva piacere esserci. Il Trouw, Cosmic Slop e Mister Saturday Night sono una grande ispirazione per quello che faccio. Abbiamo dovuto cambiare la location in cui abbiamo iniziato e che è stata la nostra casa per cinque anni (Canavan’s) perché l’energia del proprietario era diventata sempre più negativa e antagonistica e questo stava influenzando l’esperienza delle persone. Ci siamo spostati in un posto che ha compreso la nostra ambizione più grande ovvero quella di connettere le persone e trascendere: perdersi in un momento perfetto ed essere circondati da amore e felicità. Quello che facciamo è fornire una soundtrack per un momento temporaneo di fuga.
Durante quest’anno abbiamo lavorato con il team di Corsica Studios, LN-CC e Bussey Bulding e ci è davvero piaciuto perché condividono la nostra missione e soprattutto sanno che il messaggio è l’amore.
Torniamo all’etichetta, quanto del tuo gusto personale è riflesso nelle uscite Rhythm Section? Pubblichi musica che ami o che funziona (tendenziosa non maliziosa)?
Devo amarla! Non potrei mai pubblicare qualcosa che non sia eccitante per me e non potrei nemmeno farlo perché essa debba vendere. Questo è il motivo per cui mi tengo alla larga dei remix, l’idea per cui commissioni qualcosa a qualcuno e poi devi pubblicarla per forza è il mio peggior incubo.
Due anni e più di venti release, un sacco di roba. Troppa buona musica da metter fuori oppure una strategia di business ben definita? Com’è di questi tempi mandare avanti un’etichetta indipendente e quali sono i mercati più ricettivi per il vostro sound?
Non c’è alcuna strategia. Ho iniziato con una release e da quella tutto il progetto si è evoluto; mandare avanti un’etichetta è una questione d’amore e ci vuole un sacco di lavoro. Non ho mai ancora preso un assegno da Rhythm Section International, tutti i nostri ricavi vengono ripartiti tra musicisti, produzione, studio, ufficio e lo staff di RS. Non è facile ma questo garantisce una sorta di veridicità al tutto. L’etichetta è come se fosse mia figlia, è difficile crescerla ma la amo incondizionatamente. Sono in ufficio per quattro-cinque giorni a settimana, faccio radio, sono costantemente in giro per programmare e dirigere gli eventi sparsi per Londra. Mi do davvero da fare ma quando vedi i risultati, è una sensazione senza prezzo: molte persone mi fermano per dirmi quanto la nostra musica significhi per loro e questo mi conforta profondamente. La musica mi ha portato in giro per il mondo e mi permette di vedere così tanta bellezza e incontrare tanta bella gente ed è per questo che non lo cambierei per nulla al mondo.
Londra è la nostra casa e quindi è dove la nostra audience è maggiormente concentrata ed è il cuore della nostra comunità. Abbiamo anche una profonda connessione con l’Australia e siamo stati bravi a coltivare una famiglia davvero speciale anche li. Durante questi anni sono stato anche in Francia e son ritornato diverse volte fra Nantes, Lione, Sete e Parigi e si sono creati buoni rapporti anche lì. Tel Aviv è un’altra città speciale per me dove da pochi incontri occasionali hanno portato ad una storia d’amore duratura che viene rivista almeno una volta l’anno. Così anche per il nord d’Inghilterra: Leeds è la mia città ed è sempre speciale suonare lì così come Manchester che ha una scena grandiosa.
In Italia credo di essere un volto ancora abbastanza nuovo ma ricordo l’evento dei ragazzi della crew SOHO a Verona, quasi tre anni fa, poi il Plastic di Milano per due volte e recentemente al Distretto 38 di Trento è stato uno degli highlight della mia carriera. La prospettiva di venire più volte in Italia è incredibilmente eccitante perché trovo che una serie di fattori come il cibo, l’architettura, la natura e la gioia di vivere italiana non hanno eguali. Inoltre ho sentito che una volta accettato fai parte della famiglia e questo credo stia per accadere ed è bello.
Rhythm Section ha un roster molto valido e solido. Per il futuro credi che sarai focalizzato sugli artisti già presenti o vuoi pensare di trasformarla in un trampolino di lancio per nuovi artisti?
Credo che guarderò avanti, l’obiettivo è quello di pubblicare musica da artisti nuovi. Essenzialmente siamo un trampolino di lancio e provo molta felicità vedere il potenziale della nuova musica realizzarsi. È la parte più eccitante sia per l’etichetta che per l’artista. Il roster diventa subito famigliare e sicuramente vogliamo pubblicare anche musica loro ma non perché dobbiamo ma solo se c’è ancora quella magia nel farlo. Stiamo lavorando con nuovi artisti come Mallard, LT, Neue Grafik, 30/70 ma allo stesso tempo stiamo preparando le uscite dei “vecchi” Contours, Prequel, Chaos in the CBD, Dan Kye e Duke Hugh, così come stiamo preparando il materiale per INTERNATIONAL BLACK, la sublabel focalizzata su musica più oscura e club-oriented. É un momento davvero elettrizzante.
[Scroll down for English version]
Bradley Zero is one of the most recognizable figures in today’s world clubbing scene, not just for his dreadlock we’ve seen in almost every Boiler Room until 2014 but also because he’s becoming a well-respected dj, businessman, party curator and honco-label. Rhythm Section International, founded in 2014, become one of the reference labels of the new house movement. Filled with funk, jazz, and soul suggestions, Rhythm Section brings love to the dancefloor and from love of return he takes energy to keep on.
Would you talk us about the first steps of a young Yorkshire guy in London?
Moving from the North of England to the big city is a huge step. London might as well be another country: politically, economically and culturally. I think outsiders generally have a better appreciation of what London has to offer, because we se everything as new and exciting. The sense of wonder I experienced upon arriving in 2006 has still not subsided.
How you’re living the gentrification issue in Peckham? The “Peckham Trilogy” speaks about a strong bound with that place and I figured out that, with other block partners, you’re resisting to the gentrification phenomena.
The “trilogy” isn’t an official thing – it’s just a coincidence that occurred from working with local artists. We are a product of our surroundings and, having shared the same surroundings while producing each record, Al Dobson Jr, Henry Wu & Chaos in the CBD created an evocative sonic portrait of the area.
The issue of gentrification is very real – it’s not unique to Peckham but it is being felt very heavily here. The housing crisis in London is out of control – the gap between rich and poor is growing wider and very few people of our generation could afford to buy a house and even more struggle to pay rent. Gentrification is not just affecting the poor but beginning to outprice the middle classes. Even the outer suburbs of London are becoming a playground for the rich. It’s going to impact creativity in a big way and I predict that in the next 10 years we’ll see a huge migration of young creative people to smaller towns and cities. In the Past these people would have left for places like Berlin, Paris, Amsterdam or Lisbon – but post – Brexit we may not have any choice but to move within the UK. It’s not an ideal situation, but it could even the cultural playing field here in the UK. Right now, the country is very London-centric.
In the 2014 you had your own party (one of the most respected in London), you had the best job in the world hosting Boiler Room shows…so why you also decided to establish “Rhythm Section International”?
Well first off, I was unaware how much work it would be to to run a record label! Secondly – I had collected so much unreleased music that just needed to be heard. Finally – I wanted to spread the Rhythm Section message to a global audience and create a lasting legacy; for me – the parties are ephemeral – strictly in the moment – there’s no photos and no evidence – you have to be there to understand it. With Rhythm Section INTL I wanted to create a product that had no limits in terms of reach.
As for Boiler Room – I was there in the glory days. I started when it was 18 months old – shortly after I began my own RS parties. There was a team of 6 (Tasker, Thristian, Drakeford, Gosia & Blaise) and we were making the rules up as we went along. It was a very exciting time where I truly dived into the deep end – it was sink or swim – but we came out on top. After doing that for almost 3 years, I felt I had achieved everything I could within the company and that it was time to make something of my own – to prove myself as an artist, businessman and curator.
Musically speaking, Rhythm Section catalogue is kind of kaleidoscope, so why there is no artwork for the releases?
There is a very distinctive artwork! The design draws all the releases together and acts as a shared platform to launch new artists as well as being a recognisable brand for that ‘Rhythm Section Sound’!
Having a house sleeve allows the music to speak for itself and doesn’t give any single release an unfair advantage. I think sleeve art is important, especially for more grand artistic statements such as concept albums – but for the type of releases we are generally working with and the kind of service we are here to provide – a strong look goes a long way.
Also – so many of my favourite labels had killer house sleeves. Think, XL, Warp, TRAX, strictly rhythm…
Your label seems to be a very familiar milieu. Could you talk about who is involved with you? Olaf Boswijk (Trouw manager) in this interview (scroll for English) argued that the sense of family and community is the secret for success, do you agree?
Community is at the core of rhythm section. It was born out of a very tightknit group of outsider art kids. It’s the opposite of an industry thing. It’s the people that come to every dance that make the atmosphere special. Many of the artists that we now work with we met in the dancefloor, as well as all the staff that are now helping me with the business (Mali, Anu, Emily)
We avoid hierarchy, we eschew set times, we stay off stages, we dance with the audience. There’s no VIP or backstage – everyone is welcome everywhere. Because of this feeling of inclusivity and regularity we can build up a very real community – not only with the local dancers but with the guest DJ’s who return every year. Because of the trust that exists between the party and the dancers we are allowed to take risks, present DJ’s who are unknown or under appreciated and make special, unexpected moments. Because of this community we never had to book big names just to sell tickets. Trouw was a perfect example of unity – everyone from the door man to the bartender to the cloakroom person was part of the experience. They understood that everyone involved in the experience from start to finish created the energy of the night – not just the DJ. Even the glass collectors where having a good time, and it showed. It was a club in the purest sense – a place that you wanted to be a part of. Both Trouw, Cosmic Slop and Mister Saturday night are huge inspirations for what I do. We moved out of our home for the first 5 years (Canavan’s) because the energy coming from the owner was increasingly negative and antagonistic. It took away from what we were trying to do – it affected peoples experience. We had to move to a place that understood the wider ambition of our gathering – which is, in essence – transcendence: losing yourself in a perfect moment and being surrounded by love and happiness. All we’re doing is providing the soundtrack to this temporary escape.
We’ve really enjoyed working with the team at Corsica Studios, LNCC and Bussey so far, this year, because they share this understanding- they know that above all – love is the message.
Your personal taste in music is reflected in the Rhythm’s releases? Do you publish music you love or also music that works (tendentious but not malicious)? Why there is not a dub/reggae release yet?
I have to love it! I couldn’t release something that didn’t excite me. I couldn’t release something just because I think it might sell.
This is why I steer clear of remixes – once you’ve commissioned someone to create something- you have to release it – this is my worst nightmare.
For two years, almost 20 releases: lots of. Too good music to publish or there is a well-defined business strategy? Is it easy in these harsh days managing an independent label? Have you experienced problems carrying over this activity? What are the most receptive markets for Rhythm?
No strategy at all – I began with one record and the whole project just evolved from there. Running a record label is a labour of love. It’s a LOT of work. I’ve still never taken a pay cheque from RS INTL – the money we do make goes back into the artists, production, studios, office and RS staff. It’s not easy – but this is why it has to be coming from a truthful place. The label is like my baby – it can be difficult but I love it unconditionally. I’m in the office 4 or 5 days a week on top of doing radio, constantly touring and hosting and programming all the events in London. I gave myself a very hard time with all this but when it pays off – the feeling is priceless. Every person who approaches me to say how much the records mean to them really touches me. The music has brought me around the world and allowed me to see such beauty and meet such wonderful people: I wouldn’t change it for anything.
As for our main audiences – London is our home and this is where our biggest audience is – this is the core community. We also have a very deep connection with Australia and have been able to cultivate a very special family over there. Over the last few years I’ve also been to France a lot and have returned to Nantes, Lyon, Sete and Paris many times and forged great bonds there. Tel Aviv is also a very special city where a few chance encounters led to a lasting love affair which is revisited at least once a year. As for the North – Leeds is my hometown and its always special to play there as well as Manchester – which has an incredible scene.
As for Italy – I feel I’m still pretty new here – although one of the best gigs I played was in Verona with the SOHO crew 3 years ago. I’ve also been invited to Plastic in Milan 2 times now. Just last week, I played one of the very best gigs of my career in Trento for Distretto 38. The prospect of more bookings in Italy is incredibly exciting to me- as I find the nature/ architecture/ food and joie de vivre of Italy to be unmatchable. I also get the feeling that once I’ve been accepted – I’m Familia – and I feel it’s beginning to happen – which is nice.
Rhythm has a solid artistic roster. About future, you think you’ll be focused on these artists or act as a springboard for newcomers? What are the news for the label?
I think moving forward, we’ll still be aiming to release music from new artists. We are essentially – a spring board and I find the most joy from seeing the potential of new music be realised. IT’s the most exiting part for the label and the artist. That being said – the roster becomes family very quickly and we want to continue releasing music with these people – but not for the sake of it – still only when the magic is there. We are currently working with a few new musicians: Mallard, LT, Neue Grafik, MC Pinty and 30/70 whilst also preparing releases from Contours, Prequel, Chaos in the CBD, Dan Kye and Duke Hugh, as well as preparing some extiting material for the new, dark, club focussed sublabel – International Black. All in all, it’s a very exciting time.