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[tab title=”Italiano”]Se siete qui a leggere di Brett Johnson sapete benissimo chi è il mio interlocutore, perché ne sono così sicuro? Non ha one-night a suo nome, non è proprietario di quella label fighissima e di spessore, non produce linee di gadget con il suo logo e no, non è neanche il guest facile, quello con cui ci si imbatte ovunque nella nostra penisola per capirci, nulla di tutto questo rappresenta Brett. Lui è dell’altra sponda, quella della gavetta, della passione vera, slegata dalla morbosità di fama che si alimenta di infiniti like sui social. Se siete in contatto con il clubbing da dieci, quindici anni avete sicuramente in valigia o nella vostra usb un suo disco. Uno soltanto? Male, molto male.
Brett, preparando quest’intervista ho fatto un recap della tua carriera e ho subito pensato, cavolo, Brett Johnson ha pubblicato la sua prima produzione nel 1999 e io sono qui a intervistarlo nel 2016. Come ti sei districato nel tempo tra nuove tecnologie, nuovi sound e richieste sia di pubblico che di mercato sempre diverse?
Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per l’interesse che avete nei miei confronti. Non ho mai avuto tour italiani e sono molto felice che in un modo o nell’altro la mia musica arrivi e sia apprezzata dalle vostre parti. Come mi sono evoluto nel corso degli anni? Beh, posso dirti che la ricetta che ho per creare sonorità e brani che mi piacciono non è cambiata molto. Sono sempre alla ricerca di quei momenti felici in cui anima e tecnologia convergono e riescono a creare qualcosa che vada dritto al cuore e alla mente di chi sta ascoltando. Il cambiamento sostanziale che posso raccontarti è quello nei confronti della promozione. Quando ho iniziato a pubblicare la mia musica i social erano agli albori. Qualche gruppo di Yahoo mail o forum di settore ma la maggior parte sia di artisti che di musica veniva promossa attraverso canali tradizionali come radio e magazine. In quel periodo trascorrevo tutto il mio tempo a capire la musica, imparare come produrla cercare artisti interessanti, nuove uscite e giocare ai video games. Ora che ci sono così tanti artisti lo spazio a disposizione di ognuno diminuisce, per questo spendo moltissimo tempo nella promozione assicurandomi che più gente possibile sappia di una mia nuova release o di un mio evento futuro. Per quello che riguarda le richieste dei miei fans raramente ne ricevo, di solito mi chiedono nuova musica e questo si che mi rende felice.
Oltre questa lunghissima carriera da dj non va assolutamente dimenticata la tua vasta discografia. Dj e producer ora sono un mix di abilità spesso necessarie per farsi notare dal grande pubblico ed entrare a far parte dei management più prestigiosi. Come hai iniziato a produrre musica? Oggi, in che modo bilanci le due cose?
Il mio primo esperimento come produttore risale a diversi anni prima che diventassi ufficialmente un dj. Avevo 11 anni e con un registratore 3 in 1 riuscivo a ritagliare e incidere parti di brani da altre cassette o direttamente dalla radio per poi creare edit e loop. Ore di dedizione per creare un minuto o poco più di brano ma la soddisfazione che provavo quando riascoltavo il tutto era enorme, puro godimento. Successivamente ho acquistato i miei primi giradischi, li ho iniziato sul serio la mia carriera da dj. Dopo qualche anno ho ricevuto in prestito una drum machine Yamaha da un mio amico, ho iniziato a utilizzarla ed ho subito capito che avevo bisogno di altre apparecchiature. Grazie a James Oliver ho preso familiarità con i MIDI ed ho acquisito le basi della produzione musicale. Durante questa fase ero completamente concentrato nella produzione e suonavo saltuariamente in qualche locale in zona, non mi interessava molto l’essere un semplice dj. Nel tempo io e James acquistammo nuove macchine, io cominciai a capire come far suonare al meglio la mia musica, acquisivo nozioni; trascorsi un paio d’anni le mie produzioni erano pronte per essere proposte a qualcuno che le valutasse. Tutto questo prima che Ableton Live arrivasse sul mercato, il lavoro per produrre un brano era molto più complesso e impegnativo di adesso. Negli anni ho capito come bilanciare le due cose, l’essere dj e il produrre musica; non ho sempre organizzato le due cose al meglio ma sbagliando ho poi imparato. Il segreto è essere disciplinati e organizzati: destinare una certa quantità di tempo a un impegno e poi passare al resto. Solo nel caso in cui quello che sto facendo mi regala le giuste vibrazioni, giusti feedback continuo senza sosta. Per questo tipo di approccio mi sono ispirato a John Coltrane che diceva: “è come un bus, se non sali quando sta arrivando lui proseguirà la sua corsa senza di te”. Quindi se sto producendo musica e sono pienamente soddisfatto continuo senza limiti. Solitamente lavoro in studio dal lunedì al venerdì mattina e pomeriggio. Suddivido le giornate in nuove produzioni e remix, ricerca di nuovi e vecchi brani interessanti amministrazione e doveri promozionali, come in questo momento.
Parlando di questa prima fase della tua carriera viene spesso citato Chez Damier, perché? Che ruolo ha avuto lui nella tua evoluzione?
Nel 1996 ho suonato per la prima volta con Chez, a termine della serata lui è rimasto con noi per poi trattenersi un intera settimana, molto divertente. Fu lui il primo a farmi notare come la produzione era per me una naturale evoluzione, partito da semplicissimi edits con il registratore 3 in1 sentivo da sempre la necessità di produrre musica per esprimermi ma non mi sentivo capace di farlo, ero insicuro. Sono cresciuto in una famiglia che mi supportava in tutto quello che facevo ma la produzione musicale era vista come qualcosa di esoterico, qualcosa che facevano gli altri, non io. Sono grato per quello che Anthony (Chez) è riuscito a sbloccare in me, lui mi ha fatto capire che ero pronto a realizzare tutto quello che avevo nella mia testa da quel momento non mi sono mai fermato.
Pochi giorni fa hai pubblicato un tuo remix per Mirko Loko su Cadenza e hai recentemente collaborato con Edible, Audiophile Deep o Visionquest; ora, senza creare un’inutile lista, le label che ti hanno ospitato sono moltissime e il tuo range musicale si è ampliato nel tempo. Cosa ti influenza, dove raccogli spunti e stimoli per produrre musica nuova?
La natura. Una giornata di sole con gli alberi illuminati o il canto robotico degli uccelli possono essere fonti d’ispirazione per me. Anche concetti astratti come ritmo e armonia, che incontriamo in ogni giorno della nostra vita influenzano le mie produzioni, da sempre. Ascolto musica di ogni genere, mi da stimoli e spunti ma spesso le cose che mi succedono intorno, anche le meno dirompenti come una frase non detta o lasciata a metà mi ispirano. Assorbo queste energie e cerco di trasformare l’empatia in musica, in sonorità. Ultimamente sto dedicando molto tempo a raggruppare idee e sample in una sorta di live show, una logica evoluzione direi.
Molte delle tue release sono in collaborazione con altri produttori o remix. Trascorsi tutti questi anni le modalità con cui nasce una collaborazione o arriva la richiesta di un remix immagino siano cambiate, come scegli con chi o per chi produrre nuova musica?
Preferisco lavorare con qualcuno che possa aggiungere qualcosa di concreto a quello che sto producendo, qualcuno con cui sto bene in studio che voglia raccontare la sua vita attraverso la musica. Come scelgo con chi lavorare? Per iniziare dev’essere qualcuno che abbia un sound molto vicino al mio, ovviamente. Una persona piacevole con cui mi trovi a mio agio, che mi faccia stare bene. Produrre musica è qualcosa di molto personale, la chimica è fondamentale. Per quanto riguarda i remix, riesco a produrli esclusivamente se ho tracce che mi interessano o che mi danno subito uno spunto ben preciso.
Curiosità. In tutti questi anni hai pubblicato un solo album, nel 2003. Non hai più avuto tempo o voglia di produrne o semplicemente non ti interessa?
Ho iniziato varie volte la produzione di un nuovo album ma per un motivo o per l’altro ho sempre rinviato o interrotto. Sai, devi avere tempo e denaro per produrre un album interessante e da quando ho una famiglia queste due cose scarseggiano. Trasferirmi a Berlino è stata una buona idea, qui posso dedicarmi a un album o alla creazione di un live spendendo meno e impegnando meno tempo.
Oltre questo cosa ti ha spinto a trasferirti definitivamente da Dallas a Berlino? Mi spiego: nel 2016 c’è ancora la necessità di essere a Berlino per vivere in pieno la musica elettronica, in America avresti difficoltà a sviluppare al meglio il tuo lavoro?
Il Texas non è niente male ma attualmente la qualità della vita a Berlino è nettamente migliore, soprattutto se penso alla mia famiglia, e si, nel 2016 è ancora la città migliore per il mio lavoro. Non posso comparare in tutto e per tutto Dallas e Berlino, tuttavia è molto interessante vivere qui, solo il cibo non mi convince.
Detto questo cos’è successo con Aesoteric, la tua label ferma ormai da diversi anni? Non ne senti più la necessità o non hai il giusto tempo da dedicargli?
Ho creato Aesoteric pensandola come label per pubblicare la mia musica. Non ho mai voluto gestire una label “vera”, ho sempre pensato che fosse più interessante dedicare il mio tempo a creare musica. Con l’avvento del digitale era molto difficile tenerla a galla e quindi ho deciso di stopparla, non era più divertente. Non mi manca, anzi posso dirti che le etichette necessitano di persone molto più organizzate di me per essere gestite al meglio.
Padre, marito dj e producer. Non dev’essere facile far combaciare al meglio gli impegni legati alla musica con quelli da papà, giusto? In famiglia sei tu quello che da suggerimenti su cosa ascoltare?
No, non è affatto semplice gestire tutti gli impegni. La mia famiglia è molto interessata alla musica, sia mia moglie che la più grande delle mie figlie hanno un ottimo gusto e ascoltano le loro cose. Certamente io ho da sempre portato musica e stimoli in casa ma entrambe hanno saputo costruirsi le loro preferenze. In passato ho avuto compagne con cui non condividevo nulla musicalmente, ora mi ritengo fortunato, io e mia moglie abbiamo un background che ci accomuna. Spaziamo tra 80s, R&B, funk, disco e house music, condividiamo il 99% delle preferenze.
Spesso i viaggi di lavoro sono spostamenti per raggiungere festival o club nel weekend. Tra queste due situazioni quale preferisci, l’intimità di club o la libertà musicale che può regalarti un grande festival open air?
Preferisco suonare in piccole location così da poter proporre una selezione più intima. Le grandi folle solitamente non ti danno questa opportunità.[/tab]
[tab title=”English”]If you are here reading this Q&A about Brett Johnson you know very well who he is. Why i’m so sure? Cause he doesn’t have his own one-night, he is not the owner of a super cool label, doesn’t produce gadgets with his logo, nothing of this is about Brett. He is from “the other side”, the side of tenacity and busy hard work, the side of true music passion, unrelated to the pursuit of success where the most important things are “how many likes today”. If you are around clubbing from ten or fifteen years you definitely have a piece by Brett. Really just one? Bad very bad.
Brett, preparing this interview I did a recap of your career and I immediately thought, wow, Brett Johnson has released his first production in 1999 and I’m here to interview him in 2016. How have you evolved over time between new technologies, new sound and requests from fans and ever-changing business opportunities?
First of all let me say thank you for your interest in my music, never toured in Italy so I’m happy to be reaching out there, one way or another. How have I evolved over the years? Well, I feel the recipe for what sounds I like to make hasn’t changed much. I’m still looking for those happy moments when tech and soul converge into something that speaks to the listener’s heart as well as mind. The biggest change that I can tell is on the promotion side of things. When I first started to release records social media was in its infancy. Other than yahoo email groups or forums, most artists and music was promoted through more traditional avenues like magazine and radio. I spent most of my time thinking and learning about music, discovering records, artists and playing video games. Now that there are so many artists and limited space for your attention, I spend more time than ever before on self promotion, making sure that you know when I’ve got a new record or event coming up. As far as my fans go, they rarely make any requests from me other than to continue to write music, which always really means a lot to me.
Over this long dj career we can’t be forget your extensive discography. DJing and producing now are a mix of skills usually needed to get noticed by the audience and be noticed by the top level of the scene. How did you start to produce music? Today, how do you balance the things like studio time and gigs?
My first experiments with sound was before I became a DJ. When I was 11 years old I had a 3 in 1 record/tape/radio player. You could record from each to the tape so I used to get my favorite parts of records and make edits and loops. It took hours to make a minute or so but when you played what you recorded back it was worth it, pure joy. After that I would get my first turntables and start my journey as a DJ. Some years later I was given a Yamaha drum machine from a friend and after playing with it for a while it was clear, I need more gear. Not too long after that I hooked up with a friend, James Oliver, who explained MIDI and the basics of music production to me. During this time my DJing was put on the back burner, I would still play the occasional local gig but my focus was 100% on learning how to write music, I was hooked. Over time James and I would acquire more gear, my understanding would grow and the music would eventually start to sound better, I’d say after 2/3 years I started to make something worth playing for others. This was before Ableton Live was out and it took at lot more work to create a piece of music, it was much harder to fake it back then. Over the years I have learned how to balance my DJ and production worlds, I don’t always do the best job, but I have picked up the lesson for later review. The key to balance is to be disciplined and organized, set aside a certain amount of time for a task and then move on to something else, that is unless you really into whatever you are doing. I always stay flexible for inspiration, like John Coltrane once said “It’s like a bus and if you don’t get on it when it comes, it leaves without you”. If I’m writing music and it’s going great, I’ll stick with that until I’m satisfied. My typical work week has me in my studio Monday through Friday, 8am-4pm. I spent part of the week working on my original productions and remixes, another part is spent researching new/old music, mixing to stay sharp and taking care of administrative or press duties, like I’m doing right now. Wink.
Speaking about the first steps of your career, Chez Damier is often quoted. How come? What role did he have in your evolution?
In ’96 I played with Chez and he ended up staying with us for a very fun filled week. During that time he implanted the idea that perhaps music production was a logical progression for me. I already had the desire and some sound experiments (tape edits) before our conversations, but I guess I never thought it was something I could really do. I grew up in a very supportive and creative family but music production always seemed so esoteric and something that other people do, not me. I’m grateful to Anthony (Chez) for helping me see I can do anything I set my mind to, and that is exactly what I did.
You have a new remix coming out for Mirko Loko on Cadenza and you released on Edible, Audiophile Deep and Visionquest last year. Without creative an unnecessary list, the labels that have hosted your music are vast and your musical range has expanded over time. What things influences your inspirations and new ideas for new releases?
I’m inspired by the way sunlight shines through trees or the way bird’s sing their robotic songs. The harmonic and rhythmic themes and concepts that permeate through all life. Of course, I’m inspired by others music, but it’s the unseen and unheard conversations that are happening around us that inspires me the most. Taking its lessons and feelings and trying to recreate that into sound. Lately, much of my thoughts have been about putting a live show together, another logical progression.
Most of your releases have been in collaboration with another producer or are remixes. After all these years, have you changed the way you collaborate with another producer or how you work on a remix? How do you choose with who or for whom you produce new music for?
I prefer to work with others who can really bring something to the session, who are very comfortable in the studio and will breathe life into the music we are writing. As far as how I chose what people or projects I work with? I have to be into the sound the person makes to collaborate with them, of course. It also helps if our personalities match up well, making music is very personal so it helps to have good chemistry while in the studio. Regarding remixes, I can only remix something that I’m feeling or hear an idea that I can work with.
A curiosity. Over all these years you’ve never had the opportunity, time or desire to produce another album in addition to ‘Selected Moments from the Nu House’?
I’ve started working on a new album many times but for one reason or another it gets put aside or broken up. It takes time and money to be able to make albums, since I started my family, those are the two things I have the least of. Moving to Berlin was an attempt to make things easier financially so I could devote more time and resources to making and album and creating a live show.
Why did you moved from Dallas to Berlin? I mean: In 2016 is still so important to be in Berlin to have chances in your work, in Texas you wouldn’t have the same opportunity?
Texas has its moments but the quality of life in Berlin is much better for a family, and yes, even in 2016 it’s better for my work. You cannot really compare Dallas and Berlin, Berlin is a nicer place to live in almost every way, except the food.
What about Aesoteric your own label stopped a few years ago. Was it a situation whereby you lost your desire to run the label or you didn’t have time?
I started to work with Aesoteric as a place to release my own music, I never really wanted to run a label, I always felt my time was better spent on the creation of music. As time went on and the digital revolution arrived, it became harder to keep the label afloat, until at one point we decided it just wasn’t fun anymore. I don’t miss it; labels are better run by people more organized than myself.
You are a father an husband and a dj/producer. Can’t be easy to match the commitments related to music with those from being a dad, right? Of the family you’re the one that gives tips on what to listen to?
No it’s not easy. My family is a very musical one, Both my wife and oldest daughter have great taste and listen to their own selections. Of course, I bring a lot of music into the house but they certainly have their own input. I’m quite lucky actually, I’ve been in relationships were I did not like the music my partner listened to, that is not the case with my wife. She and I grew up on a lot of the same 80s R&B, funk, disco and house music so we like 99% of the same stuff.
Often trips are business trips to play a gig in festivals or clubs over the weekends. Between these two situations which one do you prefer, the intimacy of clubs or the “musical freedom” that playing a great open air festival can give?
I’d say I prefer to play in smaller venues, so I can play more intimate music. Larger crowds usually demand larger sounds.[/tab]
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