C2C? Ma non è a novembre? E noi non siamo ancora a gennaio, anzi, febbraio, ma vabbé, a dieci mesi di distanza? Non è troppo presto? Beh: macché. I grandi, grandissimi festival ormai si devono muovere mesi e mesi in anticipo, coi loro annunci. Così sono diventate le cose. Perché la lotta lì fuori, una autentica lotta tra potentati, si è fatta feroce: i festival ormai sono diventati dei punti cardine dell’intrattenimento contemporaneo su scala globale e, per nutrire questa potenza, quelli che ambiscono di stare al vertice devono giocare a livelli sempre più alti, in ogni minimo particolare – tra cui appunto settare molti dettagli organizzativi con anticipi un tempo impensabili.
C2C, va da sé, ormai è una eccellenza planetaria. A maggior ragione dopo che l’ultima edizione ha confermato una cosa fondamentale (che lo rende vincente, e che arriva da anni di duro lavoro): il suo brand è più importante ancora degli artisti che porta. L ’edizione 2022 infatti pur non avendo nomi clamorosi ha battuto ogni record precedente di presenze (per davvero, eh, al di là di numeri in passato un po’ “elastici”: il Lingotto l’anno scorso era pieno come non mai, e lo era al come sempre di un gran bel pubblico). Soprattutto, ha fatto dei numeri che pochi festival con una vocazione così spiccata a ciò che è “alternativo” e “avant” riescono a fare. E intendiamo proprio su scala planetaria. Ci lamentiamo tanto e spesso dell’Italia, di come qua non sia possibile fare le cose, di come “la gente vuole la merda, non la qualità”, ma intanto uno dei festival di elettronica/pop più sofisticati in circolazione è sulle rive del Po. Non della Sprea.
E quindi: è gennaio, anzi, febbraio, ma C2C ci annuncia già chi saranno i primi nomi in cartellone. La prima cosa interessante da notare è che si punta tanto, tantissimo su Caroline Polachek, che nella comunicazione figura più o meno implicitamente come headliner assoluta, più di Flying Lotus. Segno che la mutazione da pelle-di-serpente verso il cosiddetto avant-pop è ormai irreversibile. Dal nostro punto di vista la Polachek è un po’ sopravvalutata ed è in una bolla mediatica, ma indubbiamente è un gran colpo – ed anche un colpo coraggioso, non scontato – prendersela in debutto ed esclusiva assoluta italiana. Giudicato intanto voi stessi, questa la sua hit maggiore ad oggi (poi sotto continuiamo a svelare gli altri nomi):
L’esplorazione nel pop più irregolare, creativo e spesso sofisticatamente alternativo continua con King Krule e Lucrecia Dalt, due nomi fighissimi. Il settore più tradizionalmente elettronico è coperto dalla presenza degli Overmono – probabilmente il progetto più chiacchierato del momento, un po’ come erano i Bicep l’anno scorso, e all'”usato sicuro” – ma che usato! – Moodymann. L’onda-lunga Rosalia (diventata ormai troppo grande e troppo famosa forse per finire al Lingotto, ma come affinità elettiva lei a C2C sarebbe nel posto giusto) è rappresentata da Sangre Nueva e Nick León. Un’onda che mah, però va messa comunque alla prova del live; poi per il versante più colto e/o ambientale ecco tre gran belle cose come Marina Herlop, gli americo-iraniani Maral e gli Space Afrika. Da sottolineare anche lo slot dato alla label palestinese BLTNM, che devono dimostrare che si può trasformare il “Bravi, per essere di quei posti lì” in “Bravi!”. Ultimo nome da citare, una vecchia conoscenza: Yves Tumor. Sempre affascinante, ma sempre come minimo controverso.
Ad ogni modo: una primo annuncio che ci dice già che C2C è al massimo della forma e al massimo della convinzione in se stesso. È un’eccellenza, e ci tiene a restarlo a lungo e bene. Nella sua edizione numero ventuno, come potrebbe essere altrimenti.