Da quando l’industria discografica ha scelto il venerdì come giorno deputato alle nuove uscite, e da quando l’era del digitale ha trasformato tutto questo in una pioggia di nuove canzoni e interi album che arrivano tutti alla stessa ora, nello stesso giorno, la sensazione è che il futuro voglia somigliare sempre di più al passato. Cioè a quell’epoca aurea in cui la pubblicazione di un nuovo disco diventava un appuntamento da attendere per mesi come un secondo avvento.
Un rito da celebrare al sorgere delle saracinesche, quando il tuo negoziante di fiducia apriva gli scatoloni e ti metteva in mano l’agognato Sacro Graal facendoti provare la sensazione illusoria di essere il primo a mettere le mani su quel titolo fresco fresco di studio di registrazione.
E so che a qualcuno potrà sembrare addirittura sacrilego – scusate se resto sulla metafora religiosa – anche se forse tocca cominciare ad ammettere che gli store digitali sono in tutto e per tutto i nuovi negozi di dischi (che grazie a Dio resistono e vanno salvaguardati in quanto luoghi pieni di vita e non riserve indiane), e che questa cosa degli ascolti programmati tutti allo stesso giorno, alla stessa ora, andrebbero interpretati come un immenso party virtuale.
Uno di quelli dove ascolti le canzoni, magari mentre ti bevi una birra, e poi corri a commentarle – spesso sparando cazzate – sui social.
Che James Murphy sia uno di noi, uno di quelli che quando usciva un album molto atteso andava al negozio forse anche ore prima dell’apertura, è assodato.
Il suo essere sostanzialmente un nerd monomaniaco, ma figo, divorato dalle insicurezze, ma comunque figo, è la base su cui si fonda tutta la sua poetica.
E il fatto che nell’annunciare l’uscita di questi due nuovi brani – i primi inediti dal ritorno in pista degli LCD Soundsystem, per chi scrive la miglior band-che-poi-non-è-una-band nata intorno agli anni zero – si sia sentito in dovere di specificare che non ci sarebbe stata una pubblicazione in vinile, perché i tempi sono quelli che sono, spiega meglio di qualunque possibile elucubrazione la sua visione delle cose. Del resto, è la prima volta che un singolo degli LCD non esce in quel formato.
Quella di James Murphy è la visione delle cose di uno che si è sentito in dovere di scrivere un lunghissimo pippone per spiegare perché stava rimettendo insieme la band, quando avrebbe potuto fare scena muta, sventagliarsi gli zebedei con l’assegno del Coachella e pulirsi il sedere con quello del Primavera Sound.
Uno che dovendo annunciare un nuovo album – mancano qualche voce e un paio di mix – ci tiene a specificare che non fa il misterioso sulla data per generare hype ma che ci tiene a fare uscire CD, vinile e digitale insieme e quindi ci vuole ancora del tempo prima che bla bla bla (ovviamente nel fare tutto questo finisce proprio per generare hype, e ne è del tutto consapevole). Uno associato da sempre al mondo della dance – ma nessun termine è migliore di post punk per descrivere quello che fa – che si fa masterizzare i nuovi singoli da Bob Weston.
Bob Weston degli Shellac. Bob Weston dietro il banco in un sacco di dischi storici dell’indie americano. Un eroe. Un idolo. Uno che il pubblico a cui puntano ora i discografici degli LCD Soundsystem potrebbe anche non conoscere per niente. Uno che si ritroverà probabilmente a masterizzare il primo disco major degli LCD Soundsystem.
Perché sì, James è sempre uno di noi, ma proprio come noi è anche un gran paraculo. Tocca ammetterlo.
Così come tocca ammettere che pur nell’impossibilità di essere sorpresi da queste nuove due canzoni (quella di suonare “attuali” non è mai stata una caratteristica degli LCD), eravamo talmente spaventati che ci aspettavamo il peggio; e invece abbiamo avuto proprio quello di cui avevamo bisogno. Quello che aspettavamo da sette anni e che pensavamo che non avremmo potuto ascoltare mai più (o almeno non così presto).
Partiamo da “Call the Police”, quindi: un brano che attacca che sembra “Daft Punk is Playing at My House”, continua che puoi cantarci sopra “All My Friends”, contiene i soliti elementi che la fanno somigliare a “Heroes”, o a un pezzo a caso dei New Order.
Insomma: la solita cosa. Ma la solita cosa fatta benissimo.
Quella cosa che mentre la stai ascoltando per la prima volta già becchi pezzi di testo che ti rimangono in testa e allora finisci subito per appuntarti versi a caso come:
“It moves like a virus and enters our skin
The first sign divides us, the second is moving to Berlin
But that’s not the state I’m in…”
Oppure
“Well, there’s a full-blown rebellion but you’re easy to confuse
By triggered kids and fakers and some questionable views
Oh, call the cops, call the preachers!
Before they let us and they lose”
E ovviamente
“And we don’t waste time with love It’s just death from above”
E poi c’è “American Dream”, il vero piatto forte di questo doppio e liquido Lato A.
Semplicemente una delle migliori canzoni scritte da James Murphy negli ultimi sette anni.
Ok, scherzo: è una delle più belle, punto e basta.
Sei minuti e tredici secondi di synth modulari e pad, accompagnati da una ritmica dal sapore tedesco e sì, anche questa suona esattamente come doveva suonare.
E come al solito ritorna nel testo il tema dell’inadeguatezza, del ritrovarsi in un posto che non è il proprio, con gli eccessi della sera prima che vengono a chiedere il conto e l’ansia che non ti lascia mai un attimo di respiro perché mica possiamo farci mancare nulla.
“Wake up with somebody near you
And at someone else’s place
You took acid and looked in the mirror
Watched the beard crawl around on your face
Oh, the revolution was here
That would set you free from those bourgeoisie
In the morning everything’s clearer
When the sunlight exposes your age”
e anche
“Grab your clothes and head to the doorway
If you dance out, no one complains
Find the place where you can be boring
Where you won’t need to explain
That you’re sick in the head and you wish you weren’t dead
Or at least instead of sleeping here you prefer your own bed, come on
You’re just sunk in self-preservation
Versus someone else’s pain”
Le canzoni degli LCD Soundsystem, comprese queste due, sono proprio come i segni del tempo che vedi spuntarti sulla faccia e che dopo un po’ che ti guardi allo specchio cominci a pensare che siano stati sempre parte di te.
E meno male che questo doveva essere un disco allegro.
Bentornato ciccio, c’eri mancato!
PS: non è vero che mi aspettavo il peggio.