Che la musica attuale abbia bisogno di ricorrere al passato per essere davvero innovativa?
Secondo Calvin Harris decisamente sì. O almeno questo è quello che traspare dalle sue ultime produzioni.”Funk Wav Bounces Vol.1″, l’ultimo album del producer scozzese uscito il 30 giugno 2017, sembra infatti andare proprio in quella direzione, e lo stesso vale per i singoli che lo hanno preceduto.
Poco prima della sua uscita, lo stesso Harris ha provato ad alzare il tiro – autocelebrandosi – dichiarando via Twitter: “I had worked with the greatest artists of our generation“.
Bene, concediamogli di ritenere davvero le forze messe in campo “le migliori della nostra generazione” (anche se di fronte ad alcuni nomi il dubbio nasce spontaneo), bisogna chiedersi però il motivo per cui un artista di questa grandezza debba ricorrere a una saturazione così eccessiva di elementi nel proprio disco, al punto di rasentare l’horror vacui.
Calvin Harris si è sempre più o meno mosso nel solco del pop (chi dimentica le celeberrime e stra-abusate “Drinking From The Bottle”, “Under Control” e “Summer”?) e sarà forse proprio questa esplicita rincorsa alla radiofonicità a richiedere la presenza di vere e proprie popstar come Ariana Grande e Nicki Minaj (tra le altre), oltre che, ovviamente, il tentativo di rendere davvero contemporanee sonorità prese dal patrimonio musicale del passato (che poi è quello che sta succedendo alla musica pop dei nostri giorni dall’esplosione di “Get Lucky” in poi).
Gli anni ’80, per esempio, si fanno sentire forti e chiari, ma edulcorati da una linea rap contemporanea – e i nomi di Young Thug, Schoolboy Q, Travis Scott e altri sono proprio una garanzia in tal senso – e, appunto, pop che rende il disco perfetto per essere la colonna sonora dell’estate.
Dai, chi è che non si immagina in spiaggia sorseggiando un mojito ascoltando “Feels”, il singolone con Pharrell, Big Sean e Katy Perry, che nella sua struttura deve molto a “Saturday” dei De La Soul e che infatti suona proprio come un tributo a certo hip hop anni ’90?
Continuando sull’onda delle riprese e delle reminescenze: una delle tracce più belle in assoluto del disco è “Rollin'”, brano molto coinvolgente e, ancora, radiofonico, ma palese omaggio al duo francese più famoso dei nostri tempi, i Daft Punk. Ed è proprio qui che possiamo cogliere il Calvin Harris più raffinato, quello che è sempre pronto a stupire e suonare “dissonante” (basti ricordare “Slow Motion”, traccia più “da ascolto” che da dancefloor, inserita in “Motion”).
Calvin Harris continua a non voler essere etichettato come “uno e solo”: un buon artista non si riconosce solo in un determinato filone, e, diciamocelo, incasellare un producer in genere ora come ora è uno sforzo per lo più inutile e riduttivo.
Perché Calvin Harris “può”. Può permettersi di allontanarsi da ciò che lo ha reso famoso ai più, può permettersi il lusso e il merito di osare, e siamo certi che anche questa volta i trend della musica dance-pop che verrà dovranno confrontarsi proprio con quanto presente in questo disco.
“Funk Wave Bounces Vol.1” però può essere letto anche in un altro modo, facendo presagire una crisi imminente della musica dance, intesa più come industria che come genere musicale (sempre che non venga riconosciuto il fatto che il pop l’abbia ormai quasi del tutto soppiantata). È davvero necessario dover riprendere suoni così palesemente appartenenti al passato? Si può provare ancora a inventare qualcosa, oppure tutto è stato ormai già detto e non resta fare altro che “rivisitare”?
È così stucchevole che uno come Calvin Harris, che ha preso la dance e l’ha portata in vetta alle classifiche e negli airplay radiofonici, salti giù dal carrozzone EDM per lanciarsi in qualcosa di nuovo e del tutto diverso?
Noi crediamo di no: un artista non è tale se non è in movimento, se non prova a cambiare pelle e se non decide che è il momento di una svolta. E forse, anzi, senza forse, Harris ha capito che l’EDM che siamo abituati a conoscere non esiste più, se non in una chiave che non è più quella pura, che plasma la dance rendendola altro da sé e che non basta più né a se stessa né a chi la ascolta.