Prendiamola come una buona notizia da vigilia di Natale: anche perché come notizia bella lo è davvero, sì, per lo spirito che porta. Quelli che la sanno lunga e i disfattisti (spesso imparentati fra di loro) non si stancheranno di dire “Ma sì, ma tanto non cambia nulla, ma tanto chi rappresentano, ma tanto non serve, ma tanto lo fanno solo per loro stessi”; lo dicano pure, ma sta di fatto che l’avvento pandemia ha reso evidente il deficit di rappresentatività politica del mondo della notte. Ciò che ruota attorno al SILB (e attorno all’attività della neonata CFC) è un discorso lungo e complesso, su cui di sicuro nel 2021 torneremo sopra più volte. In teoria, dovrebbe essere tutto più semplice nel momento in cui ci si riferisce ad una singola categoria specifica, quella dei dj.
Dovrebbe. Ma non lo è. Non lo è perché il dj è una professione “strana”: difficile da inquadrare già in partenza (è un musicista, non è un musicista?), nuova (il dj è l’ultimo arrivato, fra le figure “canoniche” dell’intrattenimento e dello spettacolo), spesso tendenzialmente anarchica (perché si muove spesso in contesti alternativi o non convenzionali, perché opera in un universo autoriale dove la dialettica tra campionamenti, remix, reinterpretazioni, modifiche in tempo reale è serrata e dove è talora difficile tracciare i confini). In generale già gli artisti sono “difficili” di natura, perché per il solo fatto di essere (o sentirsi) artisti hanno un ego molto sviluppato, com’è giusto e fisiologico che sia; e per giunta in Italia spesso fai l’artista e l’uomo di cultura non per i soldi, ma per la gloria. Il risultato combinato di questi due fattori fa una cosa: rende difficilissimo il sentirsi classe, il fare rivendicazioni collettive. Coi dj, appunto, come spiegavamo, diventa ancora più difficile.
Qualcosa è nato, negli anni. Qualcuno, testardamente, c’ha provato. Qualcuno ha impiegato tempo, relazioni e competenze (soprattutto giuridico-legislative: non una cosa da poco) per provare ad ottenere qualcosa per l’intera categoria. Spesso venendo però lasciato solo: perché alla fine della fiera “Sì, bella l’idea” ma al dj interessa suonare, non perdere tempo dietro a riti che apparentemente non gli appartengono, di un mondo vecchio (o “altro”, il mondo dei “normali”…). La pandemia invece ha fatto scoprire improvvisamente tutti (ancora) più nudi, (ancora) più fragili, (ancora) più invisibili agli occhi delle istituzioni. Ed è lì tuttavia che saltano fuori le lamentele di coloro che la sanno lunga e dei disfattisti. Non solo con loro, ma con tutti, vorremo condividere questo comunicato uscito ieri sera:
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In questi giorni INPS sta provvedendo al versamento, a favore dei lavoratori dello spettacolo, dei 1000…
Pubblicato da A-DJ su Mercoledì 23 dicembre 2020
E’ un momento importante. E’ forse la prima volta che c’è un reale processo di unione, condivisione, di accordo. I due promotori principali, A-DJ e SILS, potevano tranquillamente continuare ciascuno per la propria strada, magari con la sorda faida di dimostrare di essere uno meglio dell’altro. Invece è bastato finalmente incontrarsi, parlare, farlo con la giusta disposizione d’animo e mettere subito in comune conoscenze, contatti, obiettivi già raggiunti, tracce future di lavoro comune.
Non lasciateli soli. Non iniziate con il dubbio anche comprensibile ma in ultima istanza velenoso del “Sì, ma chi rappresentano?” (…che poi, alla presidenza onoraria di A-DJ ci sono due sconosciuti come Ralf e Coccoluto, per dire): se siete dj, scegliete chi vi ispira più fiducia e sosteneteli. Unitevi a loro. Iniziate insomma a darvi una rappresentanza. Dietro a questa faccenda del costituente “Albo Nazionale dei DJ” ci sono lunghe serie di riunioni, discussioni, analisi delle problematiche: è chiaro a tutti che è una faccenda delicata, che non deve diventare un inutile formalismo giuridico-amministrativo o, peggio ancora, una lobby. E’ chiaro a tutti che è difficile cesellare i principi per cui un dj è “professionista” (tanto più coi guadagni dei dj spesso compressi o nulli, o con troppi promoter o proprietari di club che pretendono di pagarti in nero). Ma va fatto. Se la categoria dei dj vuole finalmente iniziare ad “esistere” e ad essere presa sul serio dalle istituzioni, deve iniziare a farlo.
Il 2021 potrebbe essere l’anno buono. Perché appunto, fra le associazioni di categoria c’è uno spirito e un dialogo che non c’era mai stato prima. Questo comunicato congiunto – il primo caso di comunicato congiunto – ne è una spia chiarissima. E sappiatelo: è stato scritto da persone che in questi mesi hanno fatto centinaia di telefonate, decine di incontri con le autorità ministeriali, perso ore su ore a studiare decreti ed impianti legislativi. L’hanno fatto per voi. Magari ad oggi non hanno ottenuto grandi risultati, o almeno non quelli che vorreste, ma una cosa è certa: ad oggi sono stati lasciati troppo soli. Se li aiutate, se ci si stringe tutti insieme compatti, consapevoli delle proprie rivendicazioni e dei propri diritti (e realisti su di essi), i risultati iniziano ad arrivare.
Di sicuro il problema c’è. Esiste. Ed è sentito. Se ne parlava con Ralf, Coccoluto, Joseph Capriati, Lele Sacchi (tutta gente già affermata, e che potrebbe sbattersene le scatole: ma invece ci tiene alla questione) e con Deborah De Angelis e Marco Sanseverino di A-DJ giusto poco tempo fa – per chi se lo fosse perso, riproponiamo qua l’incontro che si è tenuto nella cornice della Milano Music Week: