È nato tutto così dal nulla, una domenica mattina d’estate, alle porte di agosto, nel periodo in cui – quando tutto va bene – le notizie scarseggiano e i giornali bisogna riempirli comunque. L’edizione torinese di Repubblica per sua fortuna non deve (per ora) ospitare articoli di Alain Elkann come l’edizione-madre nazionale, ma comunque si sa che certi articoli escono ad orologeria: vuoi quando c’è la proprietà di mezzo (Alain Elkann è il padre dell’editore de La Stampa e Repubblica), vuoi quando c’è di mezzo la politica.
Difficile infatti non vedere una “manina” politica nell’articolozzo che annuncia, come un fulmine a ciel sereno, l’arrivo del Primavera Sound a Torino. Ecco il passaggio chiave: “…ma dietro le quinte stanno lavorando in tanti (politici, tecnici, operatori culturali) per definire i dettagli e non lasciare nulla al caso)”. Che bravi i nostri politici, che nulla lasciano al caso!
Vero?
…eh, non proprio. Intanto una cosa è stata di sicuro lasciata al caso, un caso forse solo sfortunato, o forse un po’ peloso: la realtà più in linea con lo spirito musicale ed attitudinale del Primavera Sound sotto la Mole, a leggere la notizia, invece di essere già abbondantemente informata dei fatti e coinvolta come consulente visti i meriti acquisiti sul campo negli anni, è caduta invece dal pero. Molto più informato dei fatti invece chi ha passato l’estate 2023 ad organizzare – lecitamente! – concerti di rapper e trapper da classifica, o vecchie glorie del soul-pop, più un tocco di indie, ci mancherebbe ma giusto un tocco, nulla di più.
Siamo sicuri sia la via giusta, questa?
Ma non solo. Gli Sherlock Holmes del nostro ambiente indie-elettro-musicarello hanno subito notato, inevitabilmente, che nell’ultima edizione del Primavera Sound in Spagna una realtà torinese c’era già, via sponsor (Stone Island), ovvero C2C, che curava un palco. Bingo! Subito trovata la soluzione! Altri, hanno invece dato per certo che vista la location scelta almeno come indicato dall’articolo di Repubblica – il Parco Dora – di mezzo non poteva che esserci il Kappa FuturFestival, che proprio su quella location ha costruito le sue fortune e il suo status di uno dei festival di elettronica più importanti al mondo.
Considerando che C2C e FuturFestival si rispettano ma, insomma, diciamo che non passerebbero le vacanze assieme e si trattano come giusto che sia da competitor, una delle ipotesi di cui sopra esclude tendenzialmente l’altra. Peccato però che, come nei gialli migliori, la soluzione potrebbe appunto essere una terza: ovvero che né C2C né Kappa FuturFestival sono forza motrice dell’operazione, affiancando ovviamente il team del Primavera Sound, nume dell’operazione, Primavera che ormai da qualche anno crea repliche di se stesso a tutto andare in Sud America e, oltre alla sede storica di Barcellona, quella “ridotta” di Porto e quella neonata ma già ammazzata nella culla di Madrid, punta decisamente all’Italia.
Quest’ultima cosa, ehi, non è un segreto per nessuno: l’hanno detto in tutti i modi ai giornalisti italiani che sono stati a Barcellona nell’edizione di quest’anno. E in una conversazione proprio su questo argomento, il sottoscritto si è pure permesso di dire: “Ma siete sicuri? Avete parlato con quelli del Time Warp, che dopo due anni sono fuggiti dall’Italia a gambe levate?“. Risposta: “Siamo sicurissimi. Prima o poi avverrà. Abbiamo troppo amore da parte dei fans italiani. Già ora è il contingente straniero più numeroso a Barcellona, col quasi il 10% del totale di biglietti venduti…”.
Quella che al Primavera Sound non devono aver calcolato, è la vanità della nostra classe politica – e la sua capacità di imporre veline alla stampa locale, figuriamoci poi d’estate quando gli argomenti scarseggiano e, insomma, bisogna far vedere che i nostri valenti eletti non vanno mai in vacanza e anzi, sanno pensare in grande. Sia chiaro: la Repubblica comunque ha fatto un (mezzo) scoop, perché ha dato una notizia conosciuta a quasi nessuno, e ora tutti quanti nella nostra scena ne parlano. Altro punto da sottolineare che non è una notizia senza fondamento: effettivamente ci sono colloqui già da tempo tra il festival, il Comune di Torino e la Regione Piemonte, anzi qualcuno – ma questo è tutto da verificare – già parla di alcune opzioni firmate.
Ammesso e non concesso ci siano, sono comunque semplici opzioni. E non c’è nulla ma nulla di certo, o confermato. Peraltro, oltre all’organizzatore di concerti di trapper da classifica, di storiche band pop dai cantanti riccioluti e di nomi storici dell’indie stiloso, anche altri importanti operatori cittadini sono stati come minimo consultati su questa cosa ma, ripetiamo, qualche assenza importante in questo giro di consultazioni/cooptazioni c’è stato, e c’è. E non va bene.
Non va nemmeno bene che questa trattativa sia stata spifferata in pubblico sui giornali locali, aka le pagine di Repubblica Torino. Infatti Il Primavera Sound ha tirato fuori uno statement piccatino sulla questione. Lo ha riportato in buona parte Francesco Prisco sul Sole 24 Ore, e ce lo siamo fatti confermare da fonti decisamente interne. In sintesi i vertici del Primavera Sound dicono, sintetizziamo ma il senso è esattamente questo: è vero che stiamo parlando con Torino e la Regione Piemonte, è vero che pensiamo di espanderci in Italia, ma non c’è nulla di certo, non è detto che si parli già dell’edizione 2024 e, a dirla tutta, non è nemmeno detto si tratti di Torino, perché c’è la fila di gente che bussa alla nostra porta per ospitare uno spin off del festival e insomma magari capace che scegliamo pure un’altra città.
Così stanno le cose al momento.
Il peccato di vanità del voler sbandierare anzitempo che “nulla viene lasciato al caso” dalla valentissima classe politica torinese e/o piemontese rischia in realtà di irritare il Primavera. Che ha ancora tutto il tempo di rivolgersi altrove, o di lasciar perdere l’Italia.
A questo, fateci dire una cosa a margine: l’articolo di Repubblica indica molto chiaramente il Parco Dora come sede per questa versione “italiana” (e per chi non l’avesse ancora capito: ridotta, rispetto a Barcellona) del festival. Siamo sicuri sia una buona idea? Già il Kappa FuturFestival deve fare i salti mortali per evitare i bastoni fra le ruote da parte di un pugno di residenti e sedicenti comitati di quartiere, che non sopportano che per tre giorni si debba andare a dormire a mezzanotte in cambio del fatto che decine di migliaia di persone da un numero incredibile di nazioni nel globo vengano a Torino per divertirsi e stare bene, dando così un indotto strepitoso sia economico che d’immagine alla città. Figuriamoci se ora gli piazzi un altro festival.
Aggiungiamo: l’impatto di mezzi da movimentare di un Primavera Sound – un evento basato su act live – è molto maggiore di quello del Kappa (festival dove suonano per lo più dj, e le scenografie e i palchi non cambiano di act in act).
Se vogliamo caricare il Parco Dora di un altro evento con troppa leggerezza, si rischia non solo di non avere l’altro evento, ma pure di perdere quello che c’è già.
…in tal caso, siamo sicuri che sui quotidiani locali uscirà qualche articolo che dirà baldanzoso “Finalmente la città è tornata in mano a chi ci vive e chi ci dorme!”.
Allora, amici del Primavera Sound: avete capito cosa intendevamo quando vi consigliavamo di scambiare due paroline col Time Warp?
Avete le spalle forti, siete un festival della madonna e non siete manco più indie ed underdog ma una vera forza della natura, del mercato, del contenuto branded, siete potentissimi: ma lo stagno limaccioso della politica italiana può far impantanare, a sorpresa, anche il più poderoso dei carrarmati.
Vediamo come va a finire. Vediamo se sarà Primavera, anche qui da noi.