Cosa succede quando un patito del metal si dedica alla musica elettronica sostituendo le chitarre elettriche coi sintetizzatori? È il caso di Carpenter Brut, compositore francese che, messo in disparte l’amore per gli Iron Maiden, si è ritagliato spazio nella scena synthwave con un suono che potrebbe essere definito come un mix tra Justice, Kavinsky e Daft Punk, con l’aggiunta di elementi tratti dal campionario cinematografico thriller, horror e noir in genere. Debutta in sordina nel 2012, realizza qualche remix (uno dei quali finisce nel catalogo della Dim Mak di Steve Aoki) e in breve il suo nome circola in modo insistente. In 58.000 lo seguono su Facebook, 14.000 i follower su Twitter, oltre 60.000 gli iscritti al canale YouTube dove i brani del suo repertorio hanno abbondantemente superato qualche milione di visualizzazioni.
Il tuo background affonda le radici nel metal di band come Iron Maiden, Metallica o Megadeth, e non a caso hai fatto anche il batterista. Come ricordi quel periodo della tua vita?
Ho ascoltato gli Iron Maiden per lungo tempo, credo da quando abbia compiuto dieci anni. Fu la prima band metal a cui mi avvicinai. Il metal mi accompagnò costantemente anche durante gli anni delle scuole medie e da allora non l’ho mai abbandonato. Ho fatto pure il batterista ma non ero molto bravo, trascorrevo la maggior parte del tempo a risuonare pezzi degli Iron Maiden o dei Metallica ma da autodidatta, non sono in grado di leggere la musica sullo spartito.
Quando avvenne la transizione dal rock/metal alla musica elettronica invece?
Ho creato Carpenter Brut perché ero stanco della routine delle band, dei tour e dei continui spostamenti da una città all’altra con gli strumenti. Pensai che il modo migliore fosse lavorare al computer tra le mura di casa, e così iniziai. Alla fine però quei “problemi” sono riaffiorati visto che ora mi esibisco come performer, viaggiando per il mondo e portandomi dietro le mie macchine. Insomma, sono tornato al punto di partenza.
C’è una ragione che ti ha spinto a scegliere questo alias? Forse una semi citazione di John Carpenter, che sembra avere un’influenza particolarmente rilevante sulla tua musica?
Il nome in realtà deriva da quello di uno champagne, il Brut di Jacky Charpentier, ma nel contempo c’è un legame con John Carpenter, tra i miei ispiratori.
Esiste un significato anche dietro il tuo logo?
Chiesi ai Førtifem di realizzare un simbolo che potesse mescolare il sesso e Satana, così mi hanno proposto una rosa racchiusa in un pentagono.
Sei d’accordo ad usare il termine synthwave per identificare la tua musica?
Non mi dispiace anche se credo che synthwave non descriva esattamente quello che faccio. Comprendo però che sia necessario etichettare uno stile in modo da renderlo più facilmente identificabile dal pubblico. Al momento non ho un’alternativa o idee migliori quindi vada per synthwave.
Cosa è esattamente il synthwave? Qualcosa che suona, più o meno, come un tributo musicale/visuale alla cultura retrofuturistica?
Si, potrebbe essere così. Oppure, più semplicemente, musica che viene suonata esclusivamente con sintetizzatori.
La musica synthwave potrebbe essere considerata una nuova forma di abnegazione per il retrò, dopo un fenomeno simile nei primi anni Duemila con l’electroclash? Perché gli anni Ottanta continuano a restare un’inesauribile fonte di ispirazione?
Furono gli anni più folli! Basti pensare alla moda, alle arti grafiche, ai video… tutto era semplicemente pazzesco e creativamente sfrenato. La gente si divertì come non mai, poi giunse l’AIDS a porre fine al clima di festa.
Nel 2012 la tedesca Black Bus Records ha pubblicato il tuo primo EP in una edizione limitatissima su CDr, ma nel corso di questi cinque anni le cose sono cambiate parecchio e la tua popolarità è cresciuta in modo sensibile. C’è stato qualche fattore particolare che ha inciso su ciò? Forse l’uso della tua musica per colonne sonore di videogiochi, come Hotline Miami 2: Wrong Number e The Crew?
Più è alto il livello di popolarità, più il metodo di lavoro necessita di evolversi ed affinarsi. È difficile, se non impossibile, avere gli stessi obiettivi dell’inizio. Appartenere all’underground è figo ma quando 2000 persone chiedono il tuo CD è assurdo che ne siano disponibili appena 75. Poi, quando inizi ad esibirti in pubblico, sorge la necessità di promuovere gli show, e quindi entri in un sistema che magari hai odiato tantissimo quando desideravi restare nell’underground. Credo comunque che tale evoluzione sia positiva, e lo rimarrà sino a quando ti diverti e tratti il tuo pubblico col dovuto rispetto.
Nel 2015 l’etichetta belga Neuropa Records ha pubblicato “Trilogy”, mettendo insieme i brani racchiusi nei tuoi precedenti EP usciti tra 2012 e 2015 ed annoverando lo splendido artwork a firma Førtifem. Come è andata?
Abbiamo venduto 2000 copie in vinile, non so esattamente quanti CD, ma non credo possa continuare a vendere ulteriormente. Ciò testimonia come la gente preferisca avere un bell’oggetto in mano se deve spendere dei soldi. Siamo partiti dall’idea di ottenere qualcosa che potesse raccogliere i tre EP ma la qualità delle rispettive copertine non era buona per una pubblicazione su vinile, così ci siamo rivolti ai Førtifem che ne hanno realizzata una nuova di zecca.
Ritieni che il formato fisico abbia aiutato la tua musica a raggiungere un pubblico più vasto?
No, non credo. Oggi la gente può scoprire la musica in molti modi, dipende solo dal grado di curiosità.
Mi è capitato di leggere diversi feedback negativi in merito alla distribuzione del disco: sembra che fosse già sold out ancor prima che arrivasse nei negozi e quindi certi preordini sono stati cancellati. Inoltre alcuni lo hanno comprato con l’unico fine di rivenderlo dopo un paio di giorni su eBay o Discogs ma a prezzo fortemente maggiorato sforando i duecento euro. Cosa è successo?
Purtroppo è avvenuto esattamente ciò che hai descritto, anche se spesso la gente non è mai soddisfatta e si lamenta comunque. Ad essere sincero, non ci aspettavamo affatto di vendere tutti i dischi in appena quindici minuti. Speravamo di poter piazzare le copie velocemente ma non in quel modo, è stato pazzesco! Ovviamente non abbiamo potuto accontentare tutti e per questo motivo ora abbiamo apportato delle modifiche organizzative optando per una distribuzione più capillare. “Trilogy” verrà ripubblicato a giugno e sarà disponibile su Amazon e su altre piattaforme facilmente raggiungibili. Ho sempre consigliato ai miei fan di non comprarlo a prezzi esagerati annunciando che, laddove avessimo raggiunto un certo numero di richieste, lo avremmo ristampato. Purtroppo oggi le tempistiche delle stamperie sono piuttosto lunghe, bisogna calcolare almeno quattro mesi.
Stai lavorando ad un nuovo album? Prevedi qualche collaborazione dopo quella con Perturbator?
Alla fine di giugno uscirà il mio album in formato live, sia su vinile che CD. Ho iniziato a lavorare ad un nuovo LP che vorrei pubblicare nei primi mesi del 2018. Purtroppo non ho molto tempo da dedicare alla composizione perché il tour mi impegna tantissimo. Girare intorno al mondo presentando la mia musica è stata un’esperienza del tutto nuova per me. Le cose cambiano costantemente e quindi necessito di adattarmi di continuo a nuove esigenze. Mi piacerebbe molto collaborare con alcuni artisti ma credo sia difficile che ciò accada, almeno ora.
Conti di collaborare con altre etichette in futuro?
Ho creato la No Quarter per gestire autonomamente la mia musica. Non nascondo che abbia ricevuto alcune offerte che però ho declinato, voglio vedere sino a dove riesco ad arrivare con le mie gambe. Come annunciavo prima, ora potremo contare su un distributore che renderà più reperibili i miei prodotti, ma per il resto voglio continuare ad essere indipendente.
La No Quarter rimarrà una piattaforma esclusivamente riservata alla tua musica o pensi di aprire le porte ad altri produttori?
Siamo troppo occupati con Carpenter Brut per poter pensare ad altri artisti, quindi per il momento rimarrà esclusivamente mia. Tuttavia abbiamo una mente aperta quindi in futuro le cose potrebbero cambiare.
Che tipo di strumenti adoperi per comporre?
Inizialmente un MacBook con plugin Arturia, Diva e Korg. Da circa un anno e mezzo uso DSI, Modor ed alcuni sintetizzatori hardware Roland.
I live, per molti artisti, rappresentano l’unica risorsa economica visto il numero esiguo di dischi che si possono vendere oggi. Vale lo stesso per te?
Non sono un fan dei live show, preferisco di gran lunga lavorare in studio ma proprio grazie ai tour posso viaggiare, incontrare persone ed ovviamente divertirmi. E, importante, senza i live probabilmente avrei dovuto cercarmi un lavoro per sostenermi.
Il video di “Turbo Killer” ha superato i due milioni e mezzo di visualizzazioni su YouTube: cosa pensi sul ruolo attuale del videoclip?
In generale i video non sono altro che forme promozionali “travestite”. Le etichette però non investono più denaro su essi, e sono sicuro che se fossi stato messo sotto contratto da una casa discografica non ci sarebbe stato alcun modo per ottenere i soldi necessari per realizzare un video come quello di “Turbo Killer”. Sarebbe stato davvero un peccato perché credo che quella clip abbia aiutato molto a diffondere il nome di Carpenter Brut, raggiungendo anche coloro a cui non piace la mia musica ma che sono rimasti colpiti dalle immagini. Per tale ragione credo che i video, in alcuni casi, possano essere determinanti.
Ritieni che il genere synthwave possa esplodere come fenomeno mainstream in un futuro prossimo?
Non credo ma potrei anche sbagliarmi. Ho però la sensazione che elementi di questa corrente stilistica possano essere sfruttati nel pop o nelle serie tv (si veda, ad esempio, Stranger Things) ma il movimento probabilmente rimarrà defilato dai media mainstream.
Anni fa, quando ascoltai per la prima volta il tuo brano “Disco Zombi Italia”, pensai a qualcuno che fosse rimasto colpito da vecchie pellicole horror/thriller italiane degli anni Settanta ed Ottanta. C’è qualche elemento italiano tra i tuoi interessi?
Credo di essere più incline ai film horror americani che a quelli italiani, che peraltro conosco ben poco. Per “Disco Zombi Italia”, effettivamente, c’era un riferimento all’Italia perché ho alcuni parenti che vivono lì ed anche perché la melodia mi ha riportato alla mente lo stivale tricolore, ma non chiedermi il motivo perché non saprei davvero come e cosa risponderti.
Questa è la prima intervista che rilasci ad un magazine italiano?
Credo proprio di sì, ma spero di non fare una gaffe!
Ho dato uno sguardo alle date del tuo tour ma non ho trovato nessuna data in Italia. Ti piacerebbe esibirti qui?
Sinora le proposte di suonare in Italia non sono state sufficientemente convincenti, in alcuni casi l’organizzazione non adeguata mi ha fatto temere il rischio di perdere degli strumenti, oppure c’era la possibilità di fare solo una data e quindi il costo sarebbe lievitato troppo. Comunque stiamo lavorando ancora su tali ipotesi, mi piacerebbe molto suonare in Italia, come del resto in Spagna o in Portogallo.
Quali sono i tre dischi che hanno cambiato la tua vita?
“The Wall” dei Pink Floyd, “Destroy Erase Improve” dei Meshuggah ed “October Rust” dei Type O Negative. Basta ascoltarli e metterli in relazione per capire la ragione.