La ragione sociale Carter Tutti Void fornisce già coordinate inequivocabili, ed è curioso perché il suono dei diretti interessati Chris Carter, Cosey Fanni Tutti (Throbbing Gristle; XTG; Chris & Cosey) e Nik Colk Void (Kaito; Factory Floor) è tutto fuorché incasellabile/classificabile. Cosey stessa si limita a chiamarla “musica istintiva” sebbene, nell’intervista che segue, il trio ci ha dato risposte incredibilmente schiette, diremmo “limpide”, nella loro semplicità e precisione, sia su tematiche legate all’ispirazione e all’alchimia che tiene assieme questa collaborazione, sia su argomenti di natura più tecnica relativi alla strumentazione ed i set-up che preferiscono. In attesa di vederli all’opera in occasione del prossimo Club To Club Festival, eccovi un compendio per essere preparati a dovere.
Avete suonato insieme la prima volta nel 2011 in occasione dello “Short Circuit Festival” dell’etichetta Mute, una incredibile esibizione dal vivo dalle cui sessioni è stato tratto il vostro precedente disco a nome Carter Tutti Void “Transverse”. Com’è nata l’idea di questa collaborazione?
Cosey: Ci attirava l’idea di esibirci dal vivo insieme a qualcuno con cui non avevamo mai lavorato prima. E’ stato un regalo per noi. La tela era bianca e potevamo farci quello che volevamo. Abbiamo pensato a Nik perché la seguiamo dai tempi dei Kaito, prima ancora dei Factory Floor, e il suo è un approccio è libero da condizionamenti, quindi quello che cercavamo.
Chris: La Mute Records ci chiese se volessimo partecipare allo Short Circuit Festival con una esibizione dal vivo insieme ad un altro artista della loro scuderia. Ci suggerirono un altro nome e noi chiedemmo di esibirci con Nik, perché ci sembrava in sintonia con ciò che facciamo e con le dinamiche della nostra musica. Lei ci incuriosiva. Per di più non vive troppo lontano da noi e quindi fu facile incontrarci nel nostro studio per sviluppare alcune idee insieme.
Nik: La proposta dello Short Circuit Festival è quella di far convergere artisti del passato e del presente dell’etichetta. Il mio contributo alla causa fu una produzione su Blast First, una filiale di Mute.
Quali sono gli elementi che tengono insieme Chris Carter, Cosey Fanni Tutti e Nik Colk Void?
Cosey: Si tratta di abbandonarsi al suono, che assume un ruolo centrale, nessuno di noi ha un ego tale da interferire con questo obbiettivo. Ci limitiamo ad evocarlo.
Chris: Credo si tratti di qualcosa di pressoché indefinibile. So che quello che sto per dirti è un cliché, ma il risultato è qualcosa di più rispetto alla somma delle singole parti.
Com’è nato “f(x)” e quale significato ha questo titolo? La funzione che da il titolo all’album potrebbe avere qualcosa a che fare con la vostra triangolazione musicale.
Cosey: Il titolo descrive effettivamente il processo attraverso il quale si arriva al risultato finale. È una formula e noi tre siamo la (x). Per me questo è il modo migliore di presentare il nostro lavoro, si tratta sostanzialmente di unire gli elementi per creare la forma. Non c’è nulla di soggettivo, è l’insieme che genera il progetto.
Chris: F è la funzione mentre (x) siamo noi. Ogni brano di CTV è stato sviluppato su uno dei miei ritmi. Li trasmetto a Cosey e Nik che aggiungono complessità e dettagli alla mia bozza, frutto di drum machine e loop station. Una volta definito il set up in studio, si improvvisa moltissimo insieme su queste strutture.
Quello che proponete è un suono sfuggente ma sento in esso forti collegamenti con la musica industriale e anche con il dub. Ha un impatto “fisico” se mi permettete la definizione. Da cosa siete partiti per ottenere questo risultato?
Cosey: Il suono è così fisicamente impattante – letteralmente – ed è quello che amo di esso. Voglio essere travolta dal suono e voglio che la stessa cosa accada a chi ci ascolta. Quando suoniamo dal vivo ci nutriamo delle risposte del pubblico. E’ una sensazione incredibile quella di condividere questa fisicità con altre persone. E’ questa l’essenza della musica.
Chris: Non posso affermare di avere abbracciato intensionalmente un determinato genere o stile sonoro, i brani si sono sviluppati semplicemente improvvisando su di essi… direi in modo alchemico, e quindi è pressoché impossibile risalire a come siamo giunti al “suono finale”.
Nik: Cosey ed io non ci siamo accordati circa i segnali che ci mandava Chris, perciò le nostre reazioni sui ritmi sono state del tutto istintive.
Nei dischi di Chris Carter e Cosey Fanni Tutti la musica è solo un aspetto dell’esperienza complessiva, lo è anche per Carter Tutti Void? Quando dietro ad un progetto ci sono anche significati “altri” diventa tutto ancora più stimolante.
Cosey: So di non aver mai dato al mio pubblico produzioni semplici. Anche il progetto Chris & Cosey ha a che fare con tematiche e sensazioni complesse. Magari il fatto che i suoni non siano del tutto aspri ma contengano spunti melodici può essere più invitante per il pubblico. Riguarda sempre il suono, che deve evocare le idee dietro al lavoro. Qual è il vantaggio di essere decorativi in musica? Altri artisti lo sono, alcuni riescono anche molto bene in questo. Per me non vale la pena sfiorare la superficie delle cose, la vita è troppo breve per limitarsi a questo. Voglio scavare in profondità e sporcarmi le mani.
Chris: Proprio così.
Conta di più l’istinto o la programmazione nella vostra musica?
Cosey: L’improvvisazione è possibile solo se c’è fiducia, più che un accordo preliminare. Ti fidi di qualcuno, che senti proprio attraverso il suono e l’interazione che ne nasce sposta le coordinate di un brano, trasfigurandolo. Quindi l’istinto viene prima di tutto, la programmazione è solo una possibilità, una semplificazione.
Chris: Credo ci sia una rispondenza tra i due elementi, dialogano in modo simbiotico.
Nik: Il pretesto di questa collaborazione riguarda la libertà di espressione, tutto è venuto fuori con estrema naturalezza. Non abbiamo avuto una conversazione approfondita per definire o contestualizzare quello che avevamo in mente né cosa volevamo fare, pur essendo questo il nostro secondo album. E’ questa la chiave di tutto.
In “f(x)” avete cercato il suono perfetto oppure per le registrazioni è valso il “buona la prima”? O magari una via di mezzo.
Cosey: Entrambe le cose e non solo. Le prime registrazioni sono sempre affascinanti, rappresentano il midollo sonoro, il nostro punto di partenza, comprensivo di tutte le imperfezioni del caso.
Chris: La perfezione non esiste, forse concettualmente si, ma nella realtà no. F(x) è pieno di imprecisioni ed imperfezioni, ma sono proprio queste a renderlo unico.
Quale strumentazione base avete utilizzato? Poi mi piacerebbe sapere qual è il vostro rapporto con la tecnologia, nella vostra storia avete utilizzato praticamente ogni tipo di macchina, avrete l’imbarazzo della scelta nei set-up.
Cosey: Suono la chitarra attraverso un controller Guitar Rig, la voce e la cornetta (aerofono appartenente alla famiglia dei corni NDR) sono trattate tramite l’Eventide H9, mentre la mia libreria di campionamenti e loop è tutta inserita in Ableton Live, che è controllato da due Korg NanoKontrollers. Ho sempre tutto sotto controllo sia durante una esibizione dal vivo che in studio, posso passare da una soluzione ad un’altra senza problemi.
Chris: Nei CTV mi occupo sostanzialmente dei beat. Le principali linee ritmiche ed armonie scaturiscono dalla mia Machinedrum SPS-IUW+ modificata, che interfaccio con una serie di unità che producono effetti. Ma genero anche altri ritmi attraverso i miei Kaoss pad. Le linee di basso vengono attivate da Ableton Live tramite un Novation Launchpad e controllo tutti i livelli e gli effetti con un mixer Livid DS1 MIDI. Per l’album f(x) abbiamo sostanzialmente lasciato inalterati i nostri set-up usuali ma abbiamo separato i singoli elementi per alimentarli distintamente attraverso canali dedicati – mi sembra 16 piste in totale – gestite con un Mackie Onyx mixer attraverso il software Logic Pro X. Non inseguo la tecnologia, la utilizzo quando mi è utile. Per me la tecnologia è un solo un altro strumento per fare delle cose e per tradurre le mie idee in materia fruibile per il pubblico. Ho un approccio del tutto agnostico: analogico, digitale, software, hardware, qualunque cosa va bene… Non mi interessa la natura di quello che utilizzo, conta il risultato finale. Non sopporto le persone che venerano l’analogico reputandolo il solo suono autentico, questa è una vera stronzata, si tratta nient’altro che di suono! Le onde sonore sono onde sonore sia se esse provengono da fonti digitali, analogiche, dalle corde vocali, da un uccellino o dal motore di un aereo.
Nik: Ho cercato di mantenere un set-up semplice utilizzando alcune stomp box, riverberi ed effetti - Electro Harmonix, Boss, Eventide H9 Harmonizer insieme ad un rack di effetti che utilizzo da anni. Questa strumentazione reagisce bene all’effetto dell’archetto e delle bacchette per la batteria sul corpo della chitarra. Utilizzo anche un Roland SP500 per i campionamenti vocali.
Ritengo che il disco vada ascoltato per intero, dall’inizio alla fine, come si faceva con gli album di un tempo. Siete d’accordo?
Cosey: Si, non si tratta di qualcosa di estemporaneo. E’ come in una corsa, bisogna allacciare le cinture e godersi l’intera esperienza. Senza compromessi. Tutta d’un fiato.
Chris: Concordo, il modo migliore è quello dell’ascolto dell’album per intero, ma potrebbe funzionare bene anche come sottofondo musicale. O almeno è quello che anche altre persone mi hanno fatto notare.
Nik: Sono d’accordo per quanto concerne il primo paio di ascolti. E’ impegnativo certo, ma vale la pena provarci ad ascoltarlo tutto dall’inizio alla fine, ti porta in un altro dove, lontano dalle routine quotidiane.
L’album è edito dalla storica “Industrial Records”, è un modo per lanciare un ponte tra questo progetto ed i gloriosi Throbbing Gristle?
Cosey: No, non c’è nulla dei TG in Carter Tutti Void. Se riesci a cogliere suoni dei TG è solamente perché si tratta di musica di improvvisazione e perché il 50% dei TG sta suonando, esattamente il 50% che nei TG si occupava dei caratteristici ritmi e delle chitarre.
Chris: Per il primo album a firma CTV abbiamo usato un po’ di ritmiche che erano rimaste fuori dal progetto XTG, ma a lavoro finito i suoni presentavano profonde differenze rispetto alle idee originali.
I Throbbing Gristle sono stati per molti l’avvicinamento ad una musica veramente “diversa” e per certi versi anche “disarmante”. Oggi riferimenti di questo tipo ed esperienze musicali veramente di rottura sembrano mancare. E’ perché certe rivoluzioni accadono una volta ogni cento anni oppure bisogna cercare meglio?
Cosey: Mi fanno spesso questa domanda. I TG rappresentavano la musica che sentivamo di dover produrre in quel momento e che rifletteva il nostro mondo. Non c’erano limiti. Sono certa che esistano nuovi modi di esprimere la propria rabbia. Non bisogna cercare qualcosa di nuovo quanto piuttosto quello che si ha dentro.
Qual è il vostro rapporto con l’arte? Mi piacerebbe sapere se avete autori preferiti o scene artistiche che ritenete fondamentali per la vostra formazione.
Cosey: Mi considero un’artista e quindi il mio rapporto con l’Arte è rappresentato dalla mia stessa vita. Non cito mai correnti artistiche o autori, sebbene ne ho di fondamentali per la mia formazione. Sono coloro che si rispecchiano nella loro arte e che sono schietti, onesti e impertinenti.
Nik: Mi piace partecipare a collettivi artistici per brevi periodi di tempo. Mi sento fortunata per aver collaborato con l’artista visuale Haroon Mirza per la sua recente esposizione presso il Museo Tinguely. Il mese prossimo sarò curatrice per Outpost, una mostra collettiva del British Arts Council, queste esperienze canalizzano le proprie energie e sono molto formative.
Qual è il primo disco che vi viene in mente – di qualunque genere – e che vi sentite di consigliare ai nostri lettori?
Cosey: Non mi sento in grado di raccomandare un ascolto preciso.
Chris: “My Old Man’s A Dustman” di Lonnie Donegan.
Nik: Tiyiselani Vomaseve; Laurel Halo – In Situ; Klara Lewis – Ett sono tutti grandi ascolti, qualcosa di nuovo e qualcosa di datato.
Avete già in mente qualcosa per il prossimo futuro? Magari anche solo un’idea generale da sviluppare.
Cosey: Abbiamo diverse cose in mente e ci stiamo già muovendo per concretizzarle. Sono sia collaborazioni che progetti personali.
English Version:
The name Carter Tutti Void already provides unequivocal coordinates and it’s curious because the sound of Chris Carter, Cosey Fanni Tutti (Throbbing Gristle; XTG; Chris & Cosey) and Nik Colk Void (Kaito, Factory Floor) is anything but classifiable. Cosey just calls it “instinctive music” although, in the following interview, the trio gave us incredibly frank answers, moreover we would say “clear” replies, in their simplicity and precision, regarding issues about their inspiration, the alchemy that holds together this collaboration, and even on more technical matters about their equipment and set-ups. Looking forward to see them playing live at the upcoming Club To Club Festival, here’s something to be well prepared.
You come together in 2011 within the “Mute Short Circuit Festival” performing an incredible live set from whose sessions was recorded your previous work by Carter Tutti Void “Transverse”. What’s behind the idea to play together?
Cosey: The opportunity arose to perform in a live situation with someone we’d never worked with before. That was a gift. The canvas was blank and we could do anything we wanted. We asked Nik because we’d seen her originally playing guitar with Kaito and then Factory Floor and she had an approach that we felt was open to what we had in mind.
Chris: Mute Records asked us if we’d like to collaborate on a live project for the Short Circuit Festival with another artist from the label. They suggested someone else but we thought it would be great to work with Nik because she seemed in tune with what we do and our work practices. She ‘gets us’ I suppose. Also as she doesn’t live too far away so it was a lot easier to get her in to our studio try out some ideas together.
Nik: The concept for Short Circuit was to cross pollinate artists from Mutes past and present catalogue. I briefly released on Blast First a subsidiary of Mute.
Which are the key elements that hold together Chris Carter, Cosey Fanni Tutti and Nik Colk Void?
Cosey: It’s about the surrender to and the focus on the sound, none of us have an ego or an agenda that interferes with that aim. We just click.
Chris: I think that element is pretty indefinable. I know it is a cliché but the whole is greater than the sum of its parts.
Can you tell me something about the working process of “f(x)” and what’s the meaning of the title? The function is maybe something about your musical triangulation.
Cosey: The title describes the process by which we arrive at the end result. It’s a formula, we three are the (x). For me that’s the best way of presenting what we do because it’s all about the bringing together of the elements to create the form. No subjective theme. It’s all about traversing ‘the zone’ to create a work.
Chris: f is the function, (x) is us. All our CTV tracks so far have started with one of my rhythms. I give those to Cosey and Nik and they work on basic ideas to accompany what I’m doing with my drum machines and loopers. We then set-up in the studio and jam along together.
Your sound is pretty indefinable but I feel strong connections with industrial and dub instances. It has a kind of “physical” impact to the listener if you allow me this definition. From what you started to get this result?
Cosey: Sound is so physically impactive – literally – and that’s what I love about it. I want to be taken over by it and take the audience with me. When we play live we feed off the audience’s response. It’s an amazing feeling to share that physicality with people. That’s what music is about.
Chris: I can’t say we set out to intentionally go with any particular genre or style, the tracks just develop as we jam and play them… it’s a very alchemical process and almost impossible to explain how we eventually get a track to its particular final ‘sound’.
Nik: Cosey and I are not synced to Chris so our reaction to his rhythms are instinctive.
The music by Chris Carter and Cosey Fanni Tutti is only a part of the overall experience, it run also in this way for Carter Tutti Void? When behind a project there are different meanings it becomes even more challenging for the listener.
Cosey: Well I’ve never given people an easy ride. Even within the Chris & Cosey works we deal with deep emotional issues. The fact that it’s not harsh sounds but melodies enhances those feelings and draws people in. It’s about the sound evoking the ideas behind the works. What’s the point of being decorative? Other people do that – some very well. I’m not into skimming the surface of things, life’s too short. I want to get down and dirty.
Chris: Yes.
What matters the most in your music the instinct or to program?
Cosey: Improvisation is more about trust than agreement. You trust someone to feel their way through the sounds and interject in a way that compliments, intensifies or takes the whole piece to another level. So instinct comes first, any programming is a tool – a facilitator.
Chris: I think one comes with the other, symbiotically so to speak.
Nik: I think because it was originally planned to be a one off event we approached the project with an open mind, to do what comes naturally, this then set the foundation, it feels very free. We’ve not had an in-depth conversation to try to define or contextualize what we have or do, even though this is our second record. I think this might be the key to it all.
In “f(x)” have you sought for the perfect sound or in the recording process the first take was the right one? Or maybe something in between.
Cosey: All that and more. First takes are fantastic, they’re the guts, the starting point – ‘mistakes’ and all.
Chris: I don’t think such a thing exists… well maybe conceptually but not in the real world. f (x) is full of errors and mistakes, but maybe that is what makes it unique.
What kind of equipment did you use? I would like to know what’s your relationship with technology, in your history you have played almost every type of machine, you will be spoiled for the choice of the set-up.
Cosey: I play guitar through a Guitar Rig controller and process my vocals and cornet through an Eventide H9 effect unit, my sample banks and sequencer loops are all in Ableton Live which I manipulate using two Korg NanoKontrollers. I’m very ‘hands on’ during a performance, live or in the studio – I’m fully immersed going from one ‘instrument’ to another.
Chris: For CTV I just ‘do beats’. The main rhythms and grooves are from my custom Machinedrum SPS-IUW+ going through a bunch of effects units. But I also trigger extra rhythm loops from my Kaoss pads. The bass-lines are being triggered from Ableton Live via a Novation Launchpad and I control all the levels and effects for my set-up using a Livid DS1 MIDI mixer. For the f (x) album we pretty much all had our usual set-ups but we separated out all the different elements we each use and fed all those channels – I think it was about 16 in total – into a Mackie Onyx mixer which was sending multichannel audio to Logic Pro X. I don’t have a relationship with technology… well not one that I could define. To me technology is a just another tool to get things done and to get my ideas and concepts out there to a greater audience. I am completely technologically agnostic in what I use: analogue, digital, software, hardware, whatever… I don’t care what it is as long as it gets the job done. I can’t stand people who spout on about analogue having a so called authentic sound – that’s total bullshit, it’s just sound! Sound waves are still sound waves whether they emanate from digital, analogue, a throat, a bird or an engine.
Nik: I’ve kept to keeping a simple set up with stomp boxes, reverbs and delays - Electro Harmonix, Boss, the Eventide H9 Harmonizer along with a studio effects rack I’ve used for years. They react well to using bows and drum sticks on the body of the guitar. I’m also using Roland SP500 for some manipulated vocal samples.
I think that the album should be listened in its entirety, from the start till the end, like the good records of the past, Do you agree?
Cosey: Yes, the album isn’t light hearted. It’s a ‘ride’ you need to buckle up for and go the whole way. No compromise. But one hell of a ride.
Chris: Yes of course the best way is to listen to the album is as you describe but actually I think it also works quite well as background music. And from what people have told me I am not alone in this point of view ether. Nik: I agree for the first couple of listens. It is demanding but it’s worth digesting from start to finish to take you to another place that’s probably far from your every day.
The album is published by the historical “Industrial Records”, is this a way to create a kind of connection between the project and the glorious Throbbing Gristle?
Cosey: No, there’s nothing ‘TG’ in Carter Tutti Void. If you think you hear any TG sounds, that would be because it’s improvisational and there’s 50% of TG playing – and that’s the 50% who produced the distinctive TG rhythms and guitar.
Chris: For the first CTV album we did use some rhythm out-takes that were once considered for our XTG project, but by the time we’d finished them they were pretty heavily modified from their original sound.
Throbbing Gristle were for many people the first approach to a really “different” and also “disarming” music. Today musical experiences that really breaks out seems to be disappearing. We must wait hundred years or only search better?
Cosey: We often get asked this. TG produced the music we felt expressed the world we were experiencing. No limits. I’m sure there’s a new way forward for the rising anger to be expressed. It’s not about looking for something ‘new’, it’s about self expression.
What’s your relationship with art? I’d like to know if you have favorite authors or art scenes that you consider essential to your own human experience.
Cosey: I regard myself as an artist so my relationship with Art is that it is my life. I don’t name scenes and people really. I have works and people who I find essential. They and their work are forthright, honest, and unapologetic.
Nik: I love to be involved in situations that have like minded people coming together for short periods of time. I’m lucky that I get to work with visual artists like Haroon Mirza, his show recently at Museum Tinguely focused on the collaborative nature of an artists practice. Next month I am selecting works for Outpost a group exhibition run by the British Arts Council, these situations always facilitate energies good and bad, learning and changes.
What’s the first record that comes you in mind – of any genres – and feel to recommend to our readers?
Cosey: I wouldn’t presume to recommend.
Chris: ‘My Old Man’s A Dustman, by Lonnie Donegan.
Nik: Tiyiselani Vomaseve, Laurel Halo – In Situ, Klara Lewis – Ett are all great listens, a bit of new and a bit of old!
Do you have already something in mind for the near future? Even just a general idea to be developed.
Cosey: We have a list of projects on our studio blackboard and we’re working our way through them. They include solo and collaborative projects.