Una furia lenta, calma, precisa, distopica, che osserva il mondo e la sua attualissima e spregevole realtà, osservata in un’urna sferica fatta di cenere. Nicolas Jaar è un acceleratore di realtà reale, una realtà cioè che di virtuale non ha nulla ma anzi è una telecamera fissa su balconi ripresi in bianco e nero da cui ormai non canta più nessuno. Il lockdown di questi giorni, i silenzi assillanti, i rumori bianchi di questo ultimo mese altro non sono che una accelerazione immaginata da Jaar in tempi non sospetti, quando mai si sarebbe pensato a condizioni come quelle in cui stiamo vivendo, predetta però da lui in maniera quasi matematica semplicemente analizzando il presente.
Quello che succede in “Cenizas”, fondamentale nuovo lavoro del produttore cileno, altro non è che un telegiornale senza audio, una dannata telecronaca senza parlato del mondo reale. Non è “Black Mirror” perché non vi è tecnologia né futuro; non è “Blade Runner”, perché le immagini non hanno pioggia ma solo un cielo grigio che si muove lento in maniera impercettibile.
La musica di questi 54 minuti prende dalla carriera di Nico Jaar le parti più introspettive, sono un prisma che forse lui stesso voleva tenere nascosto e sottolinea alienazione, distanze sociali (…di sentimento più che fisiche).
(continua sotto)
Non c’è spazio nella cenere per i ritmi di gioia urbana dell’alter ego Against All Logic, che pure lasciava intravedere irrequietezza più che gioia. Non è ancora marcia funebre, perché non vi è commiato; è invece quel rumore del silenzio prima dell’addio, quando la coscienza cade nella tremenda realtà dell’adesso. Il talento infinito di Nicolas Jaar sta nel descrivere il presente, ora con suoni, ora con ritmi, ora con voci e cori, che raccontano di sguardi angosciati sfuggiti dalle gabbie mentali, ma imprigionati nell’odierno e per questo mai liberi.
È un disco difficile “Cenizas” perché obbliga alla non-divagazione, perché obbliga (non suggerisce: proprio obbliga) a ristabilire il contatto con una alienazione globale, massiva, plurale, di tante solitudini raccolte tutte insieme. Non c’è spazio per un genere né per la classificazione: pur mantenendo altissima la maestria nella elaborazione del suono, è letteratura musicale che non ha nulla di poetico e per questo non necessita di complesse parafrasi per essere editorialmente descritta.
Nicolas Jaar stupisce un’altra, volta avvicinandosi alla perfezione sfiorata o forse raggiunta con i Darkside più che con “Sirens” o altri lavori. “Cenizas” sorprende e angoscia allo stesso tempo per come entra nelle menti più che nei sentimenti, obbligandoci a guardare, sfidandoci nel temutissimo compito dell’osservazione – per una volta – del mondo più che di noi stessi. Tredici tracce che sono atti di un processo (senza assoluzione finale) all’egoismo personale, mentre il tempo ha smesso di scorrere e sembra essersi fermato. Capolavoro oggi, questo disco, dimenticabile domani: perché temuto, perché spaventoso, perché troppo reale per essere ricordato.