Cos’hanno in comune artisti come DVS1, Blawan, Luke Slater, Chris Liebing e Adam Beyer? E cosa lega questi mostri sacri della scena techno mondiale, così diversi tra loro, ad altri mostri come Xhin e Lucy? Le risposte possono essere varie e più o meno soddisfacenti; una di queste però sicuramente risponde al nome di Chevel. Giovane artista italiano dall’intraprendenza e dal talento fuori dal comune, Dario Tronchin aka Chevel è riuscito, in poco più di tre anni, nell’impresa di releasare per una delle label qualitativamente migliori del genere (la Stroboscopic Artifacts di Lucy), entrare stabilmente nel giro della cricca di “Non Series” e fondare una label digitale, “Enklav”, con la quale esprimere ed esportare in giro per il globo, attraverso le selezioni dei più influenti produttori techno in circolazione, la propria idea di suono fedelmente legata alla rudezza delle macchine analogiche.
Digitale, abbiamo detto: funzionale e comodo, indubbiamente, ma considerato dai puristi e nostalgici del genere un supporto “bello senz’anima” che trascura quel rapporto intimistico e quasi feticistico che dj e produttori di ogni parte del pianeta sentono ogni qualvolta che toccano e suonano una traccia stampata sul sempreverde supporto vinilico. “La techno la puoi fare solo in vinile”, chissà quanti di noi l’hanno sentito dire e chissà quante volte se lo sarà dovuto sentir dire Chevel, che in tutta risposta sforna, in occasione della dodicesima release della sua Enklav, un LP dall’esemplificativo nome “Rediscovery”. Due 12″ per sei tracce complessive, “San Quentin Ave” funge, con la sua melodia meccanica e sognante incastonata in rumoroso un gioco di delay, un pò da introduzione all’intera uscita, scindibile in un EP 1 quasi esclusivamente ritmico ,dominato dalla rudezza delle rum machines, in contrapposizione ad un EP 2 le cui sonorità sono più giocate sull’intreccio di bleeps e synth. “Isolation” e la bellissima “Stalking” vanno a chiudere l’EP1, strizzando l’occhio, soprattuto “Stalking”, con il suo ritmo swing andante, a quella Chicago nuda e cruda che a metà anni ’90 dettava la linea tra techno e house con una consapevolezza disarmante.
Nell’EP 2, tra la detroiteggiante “Beat Practicing” e gli intrecci di sporchissimi lead di “Lites”, spicca soprattutto l’ultima traccia, “The Hills”: toms e shaker fanno da cornice al gioco di robotiche melodie che, ironia della sorte, muovendosi placide e leggere tra le linee dettate da echi e riverberi, sembrano fare da esatto contraltare alla rudezza del A1 “San Quentin Ave”, in una sorta di ipotetico outro.
Qualità, i feed parlano da soli, Chevel e la sua Enklav l’hanno sempre avuta. Ora, con “Rediscovery” in vinile, può non esserci un motivo valido per apprezzare un progetto così?