A cavallo con l’inizio dello scorso weekend, inizialmente tramite uno stato in olandese sulla fan page del locale e subito dopo tramite gli usuali canali preferenziali dell’informazione legata alla musica elettronica sul web, è circolata la (triste, tristissima) notizia che uno dei volti nuovi della club scene olandese ed in particolare di Amsterdam, il Closure, ha dovuto chiudere i battenti dopo aver da poco festeggiato (con una maratona di ventinove ore, per altro) il suo primo anno di attività.
E proprio questo anniversario (e le lamentele ricevute dal vicinato per i decibel eccessivi) è stato uno dei diversi motivi che hanno portato i proprietari (Joey Muijlwijk & Oliver Louw) a decretarne la definitiva dipartita. Dopo un primo anno (come sostenuto nello stesso comunicato) tutto sommato tranquillo e con risultati positivi, un principio d’incendio nel magazzino del locale la notte del 20 dicembre scorso ha innescato un meccanismo a catena di controlli ed ispezioni da parte del comune che hanno richiesto un importante sforzo economico in termini di messa in regola dello stabile, sia da un punto di vista della sicurezza che dell’inquinamento acustico. Un sacrificio che, in combinazione ad altri problemi finanziari derivati dalle serate annullate durante il periodo in cui erano stati svolti i lavori di ammodernamento, ha messo lo staff con le spalle al muro fino al punto di dover gettare la spugna e dire che sì, il Closure è stato un bel sogno ma che è ora di svegliarsi e tornare alla realtà.
Prendere coscienza di non poter più varcare le porte del 133 di Rozengracht, nel pieno centro della città dei canali, ha fatto calare su molti di noi un comprensibile sconforto. Ma ci ha anche lasciato quello strano retrogusto agrodolce di avere la fortuna di portare con noi una piccola parte di ciò che è stato grazie ai numerosi ricordi accumulati, riportando le lancette indietro alle tante serate passate tra quelle quattro mura, quei gradoni a lato pista, sotto i neon colorati. Non ultima la maratona in back-to-back fra Antal e Hunee, due delle punte di diamante della conterranea Rush Hour, durante la notte di Capodanno. Ma anche le cavalcate impetuose di stampo Tresor e tanti altri piccoli momenti che giustificano l’enorme quantità di affetto dimostrata dai fan tramite i social appena dopo l’annuncio della chiusura di un club che, nonostante fosse aperto soltanto da poco più di un anno, era già riuscito a diventare un punto fermo in una scena abbondante ed esigente come quella olandese.
Ci mancherai, (giovane) vecchio Closure. Chissà che un giorno non ci si ritrovi per strada.