Ok. Alziamo le mani. Per quanto, spesso e volentieri, ci piaccia giocare ai duri e puri, paladini dell’underground senza compromessi e del nuovo che nessuno conosce ancora, tutti siamo cascati, almeno una volta, nel vizio di geo-localizzarsi ogni santa volta che andiamo al Berghain per darsi un tono. Sentendo come se l’essere scampati alle grinfie del perfido Sven (o chi per lui) o ancor più scaltramente essersi rifugiati in qualche guestlist amica, ci desse il diritto (ed il piacere) di far morire d’invidia tutti i nostri amici rimasti a casa davanti a qualche serie brutta su Netflix ed a più bicchieri di vino di quanto il medico di base ed una domenica sera pre-lavorativa consiglierebbero. Perchè oggi, francamente, chi sente parlare di com’è stata la musica quando qualcuno parla di certi locali? Prima ci sono le file chilometriche, gli eccessi stilistici e psico-fisici e le mille chincaglierie che dovrebbero fare semplicemente da contorno. Ed oggi, purtroppo, sono diventate la portata principale in una tavola dove mangiare sembra diventato l’ultimo pensiero dei suoi commensali.
Ma noi siamo gente buona di cuore e vogliamo provare a redimere i nostri peccati provando a riportare l’attenzione su ció che conta veramente: la musica. E visto che la fila già ci tocca alle poste e gli eccessi erano divertenti fino a quando in testa c’erano ancora dei capelli a cui provare a fare la cresta col sapone per le mani, forse è meglio provare ad uscire un pochino dal radar del presenzialismo e tornare a concentrare i nostri sforzi su qualcosa per cui valga ancora la pena di stare alzati fino a tardi. Per questo motivo abbiamo scelto cinque club iper-famosi. E poi abbiamo trovato delle alternative “off the beaten track” da proporre a chi ha ancora il piacere di esplorare latitudini meno inflazionate. Dove magari ci sarà poco da raccontare oltre alla bravura del dj od alla potenza del soundsystem. E probabilmente a nessuno fregherà granchè del vostro check-in in un posto semi-sconosciuto. Ma dove magari ritroverete la voglia di sentirvi spaesati e felici in un posto che non avreste mai pensato potesse farvi dimenticare tutto il resto.
Allacciate le cinture e pronti al decollo!
Berghain o Institut Für Zukunft?
Pochi che non siano tedeschi sanno che, ad un centinaio di km dalla città dei balocchi Berlino, per la precisione a Lipsia, si è stabilito uno dei club più interessanti di tutta la Germania. Aperto ufficialmente nell’autunno 2014 a seguito di una fortunata raccolta fondi che ha visto donazioni arrivare persino dall’Arabia Saudita, l’Institut Für Zukunft si è rapidamente guadagnato la fama di grande contenitore artistico in una zona abituata solo alle macchinate verso la Capitale o ai rave illegali nelle tante zone abbandonate dell’ex DDR. Diviso in diversi ambienti, il club propone alcuni dei migliori artisti house e techno della scena locale e nazionale. Senza dimenticare gli ospiti di fama internazionale come ad esempio Job Jobse, titolare di una residency col suo party Strangelove. Sarete voi i primi ad invertire la tendenza e prendere una macchina da Berlino alla Sassonia?
De School o WAS?
Perchè i club di Amsterdam (eventi Awakenings a parte) siano ancora tutto sommato snobbati dalle grandi masse di pendolari del clubbing – quelli che preferiscono tre ore di coda ad una comodissima prevendita, per capirci – rimane un grande mistero. I pochi temerari che hanno avuto il coraggio di affacciarsi oltre la coltre di fumo (in tutti i sensi) che aleggia sul centro città avranno sicuramente avuto modo di apprezzare il piccolo gioiello che è succeduto al Trouw. E se vi dicessimo che a poco più di 30 chilometri potete trovare un club altrettanto bello e meno inflazionato? Ad Utrecht sanno bene come si fa festa, in particolare non si risparmiano in quanto a potenza degli impianti e qualità delle line up. Il WAS, aperto alla fine della scorsa estate e sito dentro ad un grande polo industriale ricondizionato come spazio per eventi di varia natura, offre una pista bislunga ed altamente infiammabile, innescata da un impianto audio maestoso ed un set di luci suggestivo ed ipnotico. Il tutto a fare da contorno al sound poliedrico proposto nomi come Floating Points, Hunee, Midland e The Black Madonna. Provare per credere, noi vi abbiamo avvisato.
Bassiani o The Block?
Entrambi Paesi molto controversi, Israele e Georgia sono diventati negli ultimi anni mete sempre più chiacchierate anche per ciò che riguarda la musica elettronica. Questo nonostante raggiungerli rimanga tutt’ora un privilegio riservato a pochi avventurieri volenterosi di spendere qualche centinaio di Euro di voli per fare un po’ di festa. Ma se di Tbilisi e del Bassiani – il club techno posto sotto allo stadio nazionale – si fa un gran parlare (ultimamente per motivi tutt’altro che piacevoli) a tutte le latitudini, la scena di Tel Aviv ancora oggi rimane un piccolo angolo di Paradiso che molti non hanno ancora avuto la fortuna di testimoniare. Una città unica: baciata dal sole e bagnata dal Mediterraneo come Barcellona e detentrice di una scena culturale spontanea ed inclusiva, foraggiata da una generazione che vuole lasciarsi alle spalle l’odio e la rigorosità che le vicende politiche locali lasciano trasparire all’esterno. Ed il The Block, nel suo, rimane una gemma irrinunciabile per qualunque clubber che si rispetti. Uno degli impianti audio migliori al mondo, voluto appositamente dal suo proprietario Yaron Trax che gli ha dedicato una considerevole parte del suo investimento iniziale, ed una sequela impressionante di artisti di grandissimo richiamo divisi fra le due anime del locale: il Block, centro nevralgico molto simile al Goa di Roma, anche per la cura maniacale dei dettagli. E lo Squat, un corridoio scuro ricolmo di fumo e sudore culminato in un muro di casse. Solitamente impegnato a sciorinare il meglio che la techno attuale possa offrire. Se avete in mente una destinazione esotica per il vostro prossimo clubbing trip, non fatevi scappare questo posto per nessun motivo al mondo.
Printworks o Motion?
Nella terra dove warehouse è sinonimo di rave culture, è stato facile capire come un locale come il Printworks abbia saputo far breccia nel cuore di Londra. La città che rimane, indisturbata, il perno attorno a cui ruota incessante il mondo del clubbing globale. Rimanere incantati di fronte alla vibe unica che si respira nei locali della City, in particolare la ruvida bellezza dell’ex-stamperia industriale di Canada Water, è un riflessio incondizionato e naturale. Ma per conoscere una parte altrettanto fondamentale della storia musicale del Regno Unito bisogna imboccare la M4 e veleggiare ad Ovest, direzione Bristol. Il grande hub universitario dove Aphrodite e Massive Attack hanno trovato terreno fertile per scolpire i rispettivi generi musicali nel granito della leggenda. E dove, oggi, warehouse è sinonimo di Motion. Una serie di magazzini risalenti all’età Vittoriana utilizzati di giorno come skate park e di notte, da circa dieci anni, teatro di alcune delle migliori feste di tutta la Perfida Albione. Tra una latta XL di Red Stripe, come ogni inglese che rispetti, ed un set di Kerri Chandler o Moodymann, riuscirete anche a fare amicizia con un pubblico tremendamente eterogeneo ed incessantemente chiassoso. Gli inglesi avranno tanti difetti ma sanno come rendere indimenticabile una festa. Non vi resta che lasciarvi trasportare.
Ushuaïa o The Gärten?
Che siate fan o meno dell’evoluzione in corso nella Isla che ci ha rapito il cuore, non si puó non ammettere che il modello di clubbing proposto negli ultimi anni da Ushuaïa sia per lo meno molto funzionale al clima che Ibiza offre ai suoi fortunati visitatori per tutto il corso della bella stagione. Ballare a pochi metri dal mare davanti ad un palco dalle scenografie suggestive. Che altro chiedere alla propria estate? E se vi dicessimo che uno dei migliori rappresentanti di questo modello di clubbing fosse sito lontano anni luce dalle usuali direttrici del clubbing? Dall’altra parte del Mediterraneo, precisamente a Beirut, capitale del Libano, è sorto il The Gärten. Che, ci spiace comunicarlo, è stato chiuso proprio qualche settimana fa da parte del governo a causa di un verso del Corano suonato durante il suo set dal tedesco Acid Pauli. Ma noi siamo sicuri che la comunitá del clubbing, esattamente come accaduto a seguito delle vicende del Bassiani, saprà reagire in maniera adeguata e fare scudo di fronte all’eccessiva durezza con cui il nostro mondo viene trattato ancora oggi a certe latitudini. E gli organizzatori riusciranno a rimettere in piedi quello che oggi – chiedete a Dixon e Jackmaster se non credete a noi – rimane uno dei club più amati e rispettati del Medio Oriente. Un luogo che ha accolto gli orpelli tipici di un certo tipo di party senza peró scendere a patti sulla qualità dei propri contenuti.
Amici libanesi, vi mandiamo un grandissimo in bocca al lupo, nella speranza di tornare presto a tenere alta insieme la bandiera della nostra passione.