Molte parole sono state usate in questi giorni per parlare delle stupide (…e calcolate?) dichiarazioni di Amadeus sulla fidanzata di Valentino Ross… pardon, su Francesca Sofia Novello, sua bellissima collega di presentazione a Sanremo; altrettante ne sono state usate – a ruota – sulla presenza in cartellone del trappuso Junior Cally, dopo che c’è chi ha fatto riemergere con alte grida e lei e petizioni (in primis delle parlamentari della Repubblica: bene, fa piacere che in Camera e Senato non ci sia un cazzo da fare e ci si possa occupare di Sanremo) dei suoi testi di tre anni fa non propriamente leggeri, rispettosi, civili e di buon gusto nei confronti delle donne.
Bene: ne hanno scritto in tantissimi, dicevamo, e non serve che qui ci si aggiunga pure noi. Potete leggere questo, questo, e questo per farvi un’idea, se già non l’avete fatto. In realtà forse c’è bisogno di fare altro, ovvero di fare proprio un discorso “a margine”, e l’idea viene da come si è tuffato a pesce sulla vicenda Salvini. Il quale Salvini intanto ha monopolizzato in queste ultimissime ore in altro modo – visto che evidentemente Sanremo, Cally e la misoginia televista hanno diminuito l’effetto hype – i nostri social, le nostre conversazioni. Sempre sul pezzo, lui.
Ora: è vero che Sanremo è in arrivo, è vero che si sta per votare in Calabria ed Emilia Romagna, è vero che sono argomenti scottanti su cui per certi versi è anche giusto se non addirittura doveroso discutere, accalorarsi, indignarsi. Forse però per fuggire dal “frullatore semantico” che è diventata la comunicazione e l’interazione sociali ai tempi dell’internet, sarebbe il caso di ridare un po’ di ossigeno ai confronti allargando l’obiettivo. Ragionando ad ampio raggio. Ecco. Al di là che la Borgonzoni vinca (o perda) in Emilia e Junior Cally trappeggi sul palco dell’Ariston, forse bisognerebbe concentrarsi con uno sguardo più vasto e meglio sulla piega (o piaga, ormai?) che sta prendendo l’Italia.
Oh. Lo dicono mille indicatori socio-economici: l’Italia è in crisi, è in declino, nel meno peggio dei casi è comunque stagnante. Cresce meno della media europea, non riesce a ridurre il debito pubblico nonostante anni ed anni di scudo del sistema monetario europeo (a chi invoca l’uscita dall’euro e l’introduzione della lira: ok, va bene, niente gioghi draconiani sul debito pubblico ed austerity, ma state pronti a veder schizzare in alto i prezzi e a ritrovarvi così con un potere d’acquisto diminuito, oltre a dei ratei bancari raddoppiati, triplicati o altro); è stagnante sul fronte dell’occupazione, è incapace di usare il buono che l’Europa può comunque offrire ad esempio sotto forma di finanziamenti, soprattutto per il sud (…guardare cosa è riuscita a fare la Polonia, che grazie ai fondi europei ha abbattuto la disoccupazione ed è diventato un paese drasticamente più moderno ed avanzato). In tutto questo, il problema è Amadeus?
In tutto questo, il problema è Amadeus?
…per certi versi sì, lo è. Perché la crisi in Italia si chiama stagnazione e sclerotizzazione. Ecco come si chiama, ecco cosa è. Una classe politica (e in parte anche culturale ed imprenditoriale) troppo vecchia, troppo poco dinamica, troppo poco sintonizzata con le evoluzioni, le pratiche e le sensibilità della contemporaneità (ehi, per stare su terreni soundwalliani: per le amministrazioni pubbliche la cultura è solo il teatro lirico e sagre di paesi con dinosauri televisivi, techno ed altro non possono esserlo per definizione: ok, idiota) e di conseguenza anche del tutto incapace di monetizzarle e metterle a sistema, queste modernità. Cosa che invece se accadesse farebbe ripartire un sacco di settori. Su basi rinnovate, e più efficaci.
Già. Perché il punto non è “far ripartire le cose”. Non basta. Bisogna farle ripartire meglio. E in maniera più moderna, attuale. Ed è qui che entra in campo, sorpresa!, Amadeus. O meglio, spieghiamoci: entrano in campo le sue frasi cavernicole sulla donna che, nello stare “un passo indietro al suo uomo”, per quello e solo per quello merita ole, approvazioni, applausi, conduzioni a Sanremo. Il sospetto è che Amadeus abbia cazzarato sapendo di cazzarare: da un lato si è espresso male, dall’altro si è espresso male sapendo però di farlo. Quella dichiarazione è da un lato una ricerca di polemica (ergo, attenzione sui media, che prima di questa gaffe era pericolosamente piatta), dall’altro è una esplicita captatio benevolentiae verso un ceppo molto corposo di pubblico – ed è quel ceppo corposo di pubblico che tiene in piedi tutto il carrozzone Sanremo. Sanremo è così perché la gente vuole così. Anche quelli che lo odiano, se diventasse un – toh – Tora! Tora! (per chi se lo ricorda…) politically inappuntabile, lo seguirebbero comunque di meno, lo commenterebbero di meno, farebbero fare media revenue molto ma molto minore.
Ora: chi è nato quadrato, e con una visione del mondo da piccolo mondo (demmerda) antico e retrogrado fatto di donne ornamentali e/o angeli del focolare e guai a chi spezza questa routine, morirà quadrato. Non c’è molto da fare. Ma c’è un’intera via di mezzo, gente contendibile, gente prova a schierarsi un po’ col vecchio un po’ con la modernità a seconda del momento e degli argomenti. E ci sono intere nuove generazioni (delimitiamole: quelle nate e cresciute in adolescenza col modello televisivo fininvestiano) che non riescono ancora a prendersi la responsabilità di scegliere, e di fare scelte nette, tagliando semplicemente i ponti, e imparando a mettere le cose in giusta prospettiva. Contando però non su un relativismo per cui va bene tutto in fondo e tutto più essere giusto o sbagliato, tutto può essere un meme, ma al contrario su scelte di campo ben precise. Non manichee – le scelte manichee lasciamole agli ingenui, o ai nati ricchi che se le possono permettere – ma ben precise.
Diamo una traduzione concreta di questo discorso? Sennò solo le solite parole al vento messe lì per sembrare intelligenti ma non dire un cazzo. Sanremo: Amadeus fa quella gag, dice quella puttanata sul “passo indietro”, va bene; ma il vero problema è che ancora oggi per la televisione italiana possa essere un valore aggiunto e non invece una zavorra l’usare le donne e il corpo femminile come orpello libidinale (per i maschi) o modello aspirazionale (per le femmine). La storia del “passo indietro” non è una idea autonoma di quello scemo di Amadeus cacca pupù, è invece solo una logica, inevitabile conseguenza di questo modo di pensare e di vedere il mondo: anzi, per certi versi è nella conferenza stampa di Amadeus anche apprezzabile la coerenza, stona di più una Rula Jebreal – bellissima anche lei, ça va sans dire – messa lì a rappresentare il notevole e mirabolante caso della donna-che-pensa-pur-essendo-bella, venghino signori venghino (…magari Amadeus l’ha voluta per le sue competenze, però ecco, messa lì in quel contesto anche le idee migliori diventano carne di porco). Il problema insomma non è Amadeus; il problema è in parte chi ci mette lì Amadeus e gli permette (o lo incoraggia) a costruire un certo tipo di team e di immaginario attorno alla conduzione del più importante ed internazionale evento televisivo italiano; il problema poi è soprattutto di chi, fosse anche solo per criticarlo, dà una attenzione spasmodica al festival sanremese e a qualsiasi peto provenga dalle sue viscere. Anche per criticarlo, eh.
Il problema ad esempio è una classe politica – bipartisan, nota bene – che fa una interrogazione parlamentare ed interviste infuocate contro Junior Cally, dimostrando di non avere la minima capacità di leggere non solo l’arte contemporanea ma proprio l’arte in generale, per un misto di ignoranza e calcolo politico. Allora: a chi scrive Junior Cally fa moderatamente cagare, un non apprezzamento che scivola sereno sull’indifferenza, e in generale sulla trap, sull’hip hop e su come viene vista la donna all’interno di essi ci sarebbe da parlare e da discutere in modo approfondito; ma quell’appello è semplicemente ridicolo, è la reazione dei fan di Orietta Berti di fronte ai capelloni del rock, i quali capelloni del rock poi, due decenni dopo e diventati genitori, avevano la stessa reazione verso Aphex Twin e i rave, e oggi negli anni duemila i fan di Aphex Twin e del clubbing hanno la stessa reazione verso la trap (…che, per inciso, a Richard D. James manco dispiace).
(Ciao, Orietta; continua sotto)
Perché accade questo? Perché in Italia – pare infatti davvero una peculiarità italiana, come intensità del fenomeno – non si accetta il passare del tempo, non si accetta il cambiamento. No. Non si accetta che le culture e i gusti cambino; non si accetta la pluralità di sensibilità; non si accetta che i ventenni medi abbiano gusti e riferimenti diversi dai quarantenni e cinquantenni medi; e questi tipi di scontro si sfarinano sempre nella dinamica Guelfi vs. Ghibellini, eterna dannazione italica, perché evidentemente non si riesce a capire che possono esistere e coesistere sia i Guelfi che i Ghibellini. E non si riesce a capire che le cose cambiano, è naturale: è normale che ci siano fasi storiche in cui siano più forti i Guelfi, altre in cui sono più potenti i Ghibellini. Si fa un gran can can su qualsiasi cosa, ma poi alla fine tutto resta uguale e gli estremi si nutrono e sorreggono a vicenda (…ecco, anche il gattopardismo è nel DNA nazionale, purtroppo). Ovvero: Sanremo è una merda, Sanremo fa schifo, ma intanto continua ad essere il programma più visto in Italia. Come diavolo è possibile? Ora, uno può anche guardare Sanremo solo per il LOL e commentarlo con gli amici per il LOL, può pure scriverne sui media, mica è vietato e mica è una colpa; ma non è il caso di accalorarsi, di dare a Sanremo l’importanza – a livello di spessore culturale e di modernità – che non ha. E’ un gioco. Da decenni pure un po’ stantio, per quanto con momenti di (involontario?) humour e brio.
E i politici che lanciano interrogazioni parlamentari contro Junior Cally? Andrebbero ignorati, cortesemente derisi (ma senza perderci troppo tempo, per far loro capire quanto sono irrilevanti culturalmente con queste posizioni), in ultima analisi non votati. Amadeus per la sua frase del cazzo andava stigmatizzato, nota bene: è giusto infatti sottolineare quanto sia retrograda la sua posizione. Ma andava criticato prima, ancora a monte, per la scelta di scegliere come conduzione una il cui merito maggiore è, effettivamente, essere la fidanzata di un uomo molto famoso (visto che il CV da modella e donna dello spettacolo di Francesca Sofia Novello non è oggettivamente alcunché di notevole). E attenzione, per “andava criticato” intendiamo: andava stigmatizzato e poi lasciato annegare nell’indifferenza. Dove peraltro stava galleggiando, prima di queste polemiche montate, forse, chissà, ad arte.
Basterebbe essere un minimo intelligenti. Basterebbe non volersi sempre schierare l’un contro l’altro armati, a parole, simulando guerre di religione, per poi però ritrovarsi a banchettare sullo stesso tavolo e a non fare nulla di concreto per scegliere un altro oste, un’altra taverna, andando sempre dagli stessi ristoratori, ciascuno nella propria cerchia, chi a sinistra chi a destra chi al centro, come se fossimo ancora negli anni ’70 e ’80 del secolo passato, sì, del secolo passato). Basterebbe che un politico che usa Sanremo per guadagnare visibilità mediatica, come ora stanno facendo in tanti e come ha fatto il citofonatore, venga accolto prima da un risolino di compatimento e poi dall’indifferenza, per condannare il suo scoperto tentativo di cavalcare onde mediatiche.
E basterebbe che al citofonatore venga ricordato il giorno successivo, cioè oggi, che sì, lo spaccio è effettivamente un problema volendo, ma per un paese come l’Italia è ancora di più un problema l’evasione fiscale: andasse a citofonare alla gente chiedendo “Scusi, lei evade?”… ecco, lì farebbe qualcosa di più costruttivo, vedi un po’. Anzi, in altri paesi guadagnerebbe pure voti (in altre paesi, i politici si dimettono per non aver pagato i contributi alla tata dieci anni fa), In Italia, no. Ed è quello il problema.
Poi chiaro, sulla questione Junior Cally, testi (t)rap e sessismo strisciante nella nostra società si potrebbero fare mille discorsi; molti, lo ripetiamo, sono stati fatti e sono stati molto giusti (in primis: pensare di censurare l’arte è stupido e pericoloso, lo era ai tempi delle tragedie e mitologie greche che erano un compendio di splatter ed incesti, lo è ancora adesso). E’ anche vero però che a molti fautori del “pensiero contemporaneo” un po’ hipster, intransigente contro ogni forma di apparente misoginia e political uncorrectness poi però quando si tratta di magnificare ogni forma di rap e trap a prescindere, perché santo dio è “il suono e il messaggio della contemporaneità”, improvvisamente si dimenticano che la donna viene trattata spesso e volentieri come un oggetto, come un ornamento, come un trofeo, o si danno giustificazioni che ad altri vengono negate. La vera colpa di questo rap e di questa trap non è (solo) il sessismo: la vera colpa è perpetuare ancora un modello vecchio di pensare, superato dai tempi, superato dagli eventi, che trova una vera corrispondenza più coi fan più retrogradi di Amadeus e con chi ha meno strumenti culturali per emergere e volere un cambiamento. Che poi in realtà ci si limiti a copiare modelli americani non è una scusa, è un’aggravante.
Torniamo insomma a guardare le cose, le parole, i fenomeni sociali e culturali nella loro essenza, e ragionando ad ampio raggio, non solo costringendo tutto nella scala della instant-indignazione-o-gratificazione da social. Se iniziamo a farlo, Sanremo perde quota, la trap e il rap tornano a ragionare su se stessi e sul mondo, i politici e la sfera della cultura iniziano ad occuparsi di cose serie e strutturali. Non di panna montata. Mica male, no?