I nostri amici di Unotre hanno fatto questo articolo dove si parla di “City Climbers”: persone che hanno “scalato una piramide”, e si sono fatte valere nel loro campo. Lo spunto ci è piaciuto e quindi abbiamo provato a chiederci, all’inizio per gioco ma poi sempre meno: ma se dovessimo applicare questo principio anche alle faccende “nostre”? Come inquadreremmo il tutto?
“Climber”. Attenzione: se facciamo il semplice lavoro di tradurre la parola in italiano, la connotazione che salta fuori diventa – non neghiamolo – poco positiva. “Climber”, ovvero: “arrampicatore”. E sapete che c’è? Ci piace questa cosa, ci piace che ci sia anche una connotazione negativa, traducendo nella nostra lingua. Ci piace che si stia attenti al fatto che “scalare” possa essere vista anche come una cosa problematica. La cultura anglosassone è più pragmatica, più orientata alla conquista e al successo, noi della vecchia Europa – quella dei sofismi latini e greci, quella della compassatezza austroungatica, quella della arzigogolata filosofia tedesca o francese – siamo più problematici, più scettici.
Il problema è quando lo scetticismo ti porta a non fare nulla. A lamentarti e basta. O, peggio ancora, a parlar male di chi si dà da fare (anche se lo fa in modo corretto e positivo: ma l’invidia è una malapianta che attecchisce anche sui terreni più sani, anzi, su quelli sa divertirsi anche di più qalche volta, bastarda com’è). E allora sì, è facile “sparare” contro chiunque si dia da fare, è facile criticare a prescindere, è la posizione più comoda, l’unica persona che non sbaglia è quella che non fa. Se poi però le cose vanno sempre peggio, ci si lamenta del governo ladro. Il fatto che spesso il governo sia ladro (o almeno ottuso) veramente è una giustificazione solo parziale.
A noi piacciono i City Climbers. Quelli che partono dal basso e scalano verso l’alto, obiettivo dopo obiettivo, traguardo dopo traguardo. Quelli che vogliono fin da subito vedere le cose da una prospettive diversa, più alta. Quelli che non si accontentano della loro comfort zone ma vogliono provare la vertigine della crescita, del salire in alto. Amiamo i City Climbers della club culture italiana: quelli che sono partiti da realtà piccole, da feste e serate nei club cittadini, fatte crescere passo dopo passo ma ad un certo punto abbandonate per mirare ancora più in alto. Pensiamo ad Xplosiva che a Torino dà vita ad un certo punto al magnifico e magnificente Club To Club, ad L-Ektrica che alza di molto la posta in palio e si mette in gioco affrontando l’avventura Spring Attitude, al collettivo Shape che quando il buon senso avrebbe assolutamente raccomandato il contrario “estingue” le serate Kindergarten e crea quella cattedrale che è roBOt.
Ci piacciono anche altri City Climbers: quelli che magari stanno in una città piccola ma non si adeguano, non si adagiano, pensano in grande, pensano all’europea, pensano in modo sprovincializzato (ma amando i lati bella della provincia). Pensiamo a quelli di Dancity (per loro processo inverso: da un festival è nato un club, il Serendipity), nati ed operativi nella piccola Foligno. Pensiamo a come è nato e si è sviluppato a Vercelli Jazz:Re:Found. Pensiamo ai molti e bellissimi festival appena nati, o con pochissimi anni di vita, che stanno popolando con line up di qualità la penisola quest’estate; ad esempio il Frac, ma gli esempi sono veramente tanti.
Già. Gli esempi per fortuna sono tanti. Quali sono i City Climbers accanto a voi, nella vostra realtà, nel mondo della club culture? Quali quelli che preferite? L’importante è che siano “climbers”, ma non “arrampicatori”. Chi cerca scorciatoie, chi pensa solo a massimizzare i profitti, chi si occupa solo di numeri e trova i contenuti e la qualità delle fastidiose “pugnette” mentali, non è una persona che porteremo ad esempio. Mai. Non è un City Climber. E’ un arrampicatore. Altra razza. Altre prospettive. Altre visuali. Anche quando stanno in alto, guardano solo verso il basso del loro conto in banca o del loro tornaconto personale. Cerchiamo sempre di vedere bene questa distinzione.