Italiani nel mondo, sono questo i Clockwork. Francesco Leali e Federico Maccherone sono i nostri connazionali che di recente hanno meglio letto la scena musicale sfornando release e remix che hanno conquistato tutti, ma proprio tutti. Allo scorso WMC sono stati tra gli headliner del party Hot Natured, al Movement di Detroit hanno suonato all’after targato Circoloco e quest’estate le loro apparizioni al DC10 non sono passate inosservate. Lo scorso 7 Ottobre li abbiamo incontrati al party di apertura al Low One di Viterbo, non potevo farmi scappare una chiaccherata con queste giovani promesse, o meglio giovani certezze.
Ciao ragazzi benvenuti su Soundwall, diteci qualcosa di più si di voi: siete ormai nuovi sulla scena ma vi siete già ritagliati un vostro seguito grazie al vostro lavoro in studio. Come nasce il vostro duo?
Eravamo già amici prima. Federico assieme ad altri collaboratori aveva una piccola label per la quale Francesco produceva alcuni dischi. Furono le prime esperienze nel campo della produzione musicale per entrambi, prima di essersi divisi per un periodo di quattro anni, Federico a New York e Francesco a Londra. Nel periodo di permanenza nelle rispettive città hanno assimilato il più possibile dalla scena della musica elettronica che li circondava suonando in locali e producendo musica, ma senza mai avere un seguito. è stato solo dopo aver completato l’EP per Hot Creations che si sono accorti di condividere le stesse idee. Clockwork non è mai stata una mossa programmata è accaduto tutto per caso.
La vostra prima release è stata il magnifico Hot Creations, una delle breakthrough label della scena house, “It’s Your Everything” dello scorso Marzo. Spesso prima di arrivare a label con grossa distrubuzione e con già un hype mondiale ci vuole molta gavetta, fortuna o conoscenze giuste?
Ci piace pensare che sia grazie alla qualità e originalità della traccia, ma ad essere onesti anche le conoscenze in questo caso hanno fatto la loro parte, avendo dato il demo direttamente a Jamie e Lee ci ha aiutato sicuramente.
Siete cresciuti antropologicamente a Milano, ma New York è stata la vostra musa ispiratrice: molti dei vostri colleghi preferiscono Berlino, Londra, Barcellona o in generale città europee; da cosa nasce l’esigenza di trasferisi oltre oceano?
Federico viveva li da ormai poco più di tre anni, Francesco lo ha raggiunto a Gennaio del 2011 dopo aver completato gli studi di laurea a Londra, l’obbiettivo: chiuderci in studio a creare nuove tracce e suonare in qualche festa qua e la come il Re-solute e il BLK Market. New York ci ha trasmesso un’energia positiva e ci ha motivato molto. Non siamo mai stati il tipo di persone che seguono mode, e andare a Berlino o Londra non ci sembrava un’esigenza tanto quanto un capriccio. Abbiamo invece deciso di ri trasferici nella nostra città natale: Milano, qui abbiamo tutto quello che ci serve e per gli spostamenti è comodo tanto quanto abitare a Londra, Barcellona o Berlino.
Il mestiere del dj/producer oggi è uno status simbol: opinion leader, operatori di pubbliche relezioni, promoter, ex artisti riciclati, tronisti etc..etc.. vedono nel djing un modo per far cassa, quali sono le vostre radici artistiche e qual’è la vostra idea su questo mestiere?
Si ultimamente ci è parso anche a noi che dire “Faccio il DJ” sia una frase un pò troppo comune; però non credo sia un problema:alla fine parlano i fatti e se non si ha talento si nota immediatamente. Crediamo che si debba dare spazio ai veri talenti senza considerare nessun altro fattore e pensare un po’ di più alla meritocrazia. Forse i promoter dovrebbero rischiare di più magari dando più spazio agli artisti locali. Potrebbe essere un’ottimo modo per migliorare la qualità musicale nei club e sentire un po’ di musica nuova.
Crediamo che uno dei problemi principali sia che tutti vogliono suonare le tracce più in voga e ascoltate del momento. I dj oggi dovrebbero aver più pazienza e sentire ore ed ore di musica sui portali web o meglio ancora nei negozi di vinili. Questo porterebbe l’artista ad avere più unicità; Anche perché crediamo che la soddisfazione personale di aver fatto una bella performance avendo suonato musica sconosciuta e devastante non ha prezzo.
A Roma avete già aperto party pazzeschi: Loco Dice al Rashomon e Richie Hawtin all’Atlantico Live. L’Italia però ancora non vi ha reso giustizia, siete più in giro per il mondo che in Italia. Immagino che la vostra visione del nostro clubbing sia distaccata e neutrale, conoscendo la nostra cultura e la nostra situazione politica economica cosa pensate del pubblico italiano e dei promoter nostrani?
E’ un’argomento abbastanza delicato che prendiamo con le pinze ormai. Ad essere sinceri noi non siamo molto presenti nella scena Italiana del clubbing, ma dopo alcune serate fatte in Italia possiamo dire che se non ci fosse tutta quella smania di apparire e di pensare a qualsiasi altra cosa tranne che a divertirsi sarebbe decisamente meglio. Sarebbe anche più interessante se anche i promoter come gli artisti si documentassero su nuove promesse artistiche stando lontano dai canonici artisti big del momento, sarebbe un’ottima idea per ascoltare nuova musica e ampliare i propri orizzonti: cosa che consideriamo di vitale importanza per crescere musicalmente.
Non possiamo non parlare di Time Warp Milano. Quali sono state le vostre sensazioni?
Per noi suonare al Time Warp è stato a dir poco emozionante. La cosa che ci ha colpito di più è stata la serenità e la semplicità con qui lo staff del Time Warp ci ha accolti, nonostante avessero migliaia di altre cose e artisti a qui pensare. Abbiamo avuto modo di partecipare a uno degli eventi più ispiranti della nostra vita per ora; Ne siamo onorati e non ce lo scorderemo mai.
Il vostro suono, come quello delle release Hot Creations/Life and Death/Crosstown Rebels, definito approssimativamente new-school in contrapposizione con il suono old school sembra non aver più molto da dire, cosa dobbiamo aspettarci da chi come voi lo ha portato all’eccellenza?
Secondo noi questo genere di musica ha avuto successo perché è stato una ventata di aria fresca in questa scena musicale, sopratutto per Il connubio di ritmiche house a flashback disco e funky che hanno portato assieme generazioni diverse. Detto questo è molto difficile dire dove si andrà a parare ora, ogni artista e label viene influenzato in modi diversi da generi diversi quindi non si sa, crediamo comunque che questo genere di musica (che come avete menzionato voi) venendo supportato da grosse label e grossi artisti non se ne andrà tanto facilmente. E per adesso crediamo che sia decisamente una buona cosa.
Quello che però possiamo dirvi per certo è dove andremo noi. Dopo Hot C e LAD abbiamo iniziato a puntare su un diverso tipo di produzione, cercando di snobbare un po’ il digitale per tradirlo con l’analogico. Questo ha inevitabilmente influenzato il nostro genere musicale, ma senza stravolgerlo, anzi a nostro parere ci ha dato la confidenza di provare cose nuove evolvendoci non solo come artisti ma decisamente dando una spinta anche alla nostra musica. Il risultato di queste modifiche e accorgimenti ci ha portato in un’atmosfera decisamente più cupa e dark dove possiamo dire di aver trovato la nostra identità artistica.
Qual’è il vostro approccio al djing, vinile o digitale?
Noi siamo amanti del vinile, anche se nostri dj set usiamo traktor (controllato dai vinili). Questo purtroppo è dovuto alla scomodità della borsa piena di dischi, quando si viaggia molto è decisamente più scomodo avere due borse a testa di dischi che una in due contenete cavi, computer e 2 soli vinili di controllo.
Infine la domanda che non può mancare mai: cosa consigliate a chi si avvicina a questo mondo e ha il sogno di potersi esibire davanti ad una pista?
Come abbiamo detto prima, crediamo che l’unicita’ per un artista è determinante. Quindi credere nelle proprie idee e portarle avanti evolvendosi in maniera intelligente, senza essere troppo legati ai trend del momento.
Grazie ragazzi!