Abbiamo avuto l’opportunità di fare alcune domande a due nomi interessanti del nuovo panorama techno europeo, il duo scozzese Clouds e il nostro connazionale Distant Echoes. Un’occasione nata dalla loro partecipazione al party Electric Deluxe X Dystopian tenutosi al Factory 010 di Rotterdam. I presupposti per una chiacchierata interessante ci sono tutti, label di prim’ordine, capacità produttive e ricerca nelle sonorità, party con line up altisonanti. Domande e risposte schiette e agili, dove entrambi hanno dimostrato di avere le idee chiare. Origini, età, stile musicale e un futuro ambizioso li accomunano, non pensate? Provate a leggere qualche riga più in basso.
Provenienza. Sud Italia per Distant Echoes, Perth (non Australia ma bensì Scozia) per i Clouds. Due realtà piccole e molto distanti dai più vivi focolai della club culture europea. Come ci si appassiona alla techno non vivendola in prima linea, quali sono stati i mezzi o le persone che vi hanno condotto a essa? Avete abbandonato le vostre origini per metropoli che possano offrirvi più possibilità, più contatti ma qual’è la città che vi ha regalato maggiore ispirazione produttiva, perché?
Clouds: Perth in Scozia, corretto. Perth è una cittadina che dista solo un’ora da Glasgow ed Edimburgo, questo ci ha permesso di ascoltare spesso grandi artisti nei club di queste città. Glasgow per le sue dimensioni ha una solida scena con molti artisti interessanti, formata da splendide persone, tutto ciò ha favorito il nostro interesse per il clubbing.
Distant Echoes: Ottima domanda! Credo che ultimamente abbiamo perso questo senso di correlazione tra luoghi scuri, freddi e musica techno. Questo era un aspetto comune per Detroit e il Nord Europa, da dove provengono le migliori produzioni techno degli ultimi 30 anni, ma ora noto chiaramente come un grande numero di validi dj e produttori provenga da paesi caldi e soleggiati (California, Spagna o Italia per esempio). Quello che voglio dire è semplicemente che la musica che ti piace, che hai in mente e vai a realizzare nel tuo studio non è esclusivamente collegata con il territorio che ti circonda ma più legata alle nostre esperienze. Sono cresciuto ascoltando musica e ho avuto le prime esperienze da dj grazie a mio fratello, penso sia questo il fattore che più ha influenzato il mio stile musicale. La zona da cui provengo ha delle realtà attive e interessanti, musicalmente parlando. Li ho suonato in diversi club ma dopo qualche anno ho realizzato che le cose di cui avevo bisogno, che stavo cercando, non potevo trovarle a quelle latitudini. Ho iniziato a produrre per scappare da questa claustrofobica realtà. Improvvisamente mi sono reso conto di come la mia musica arrivasse in tutto il mondo e di come fosse apprezzata particolarmente all’estero. Ovviamente lo step fondamentale per la mia crescita è stato il trasferimento a Berlino, ho avuto l’opportunità di essere nella più influente città per quello che riguarda la musica techno e il clubbing. Ho iniziato a viaggiare più spesso a conoscere persone interessanti con cui parlare di musica e confrontarsi, ho iniziato a vivere di musica.
Età. Per entrambi sono già arrivate grosse soddisfazioni nonostante la giovane età, parliamo dei due EP su Dystopian per Distant Echoes piuttosto che dell’album pubblicato su Turbo o dell’impeccabile EP su Fifth Wall per i Clouds. È -più- difficile ottenere credibilità dalle label e dai promoter presentandosi loro ventenni, ha mai giocato a vostro sfavore questa cosa?
Clouds: Sfortunatamente non crediamo di essere ancora inseriti tra i giovani. Pensiamo di aver giocato con questa carta per troppo tempo sopratutto ora che ci sono ragazzi di 16/17 anni a produrre ottima musica. Non abbiamo cercato a tutti i costi la credibilità, ci divertivamo a produrre musica che fortunatamente piaceva anche alle persone che si seguivano, da li è iniziato tutto.
Distant Echoes: Credo che questo sia il potere della musica. Quando qualcuno ascolta la buona musica non importa chi sei, da dove vieni e quanti anni hai (che sia live o in studio). È possibile catturare l’attenzione di una casa discografica se la tua musica è interessante, ma questo è solo il primo passo. Detto questo, si deve dimostrare che nonostante l’età un artista è solido e affidabile.
Techno. Siamo qui a scrivere di voi grazie alle vostre produzioni che vi hanno affermato nella scena clubbing. La techno vi accomuna, seppur con differenze di stile ben marcate. Groove solidi e malinconiche melodie per te, Distant Echoes mentre un caos ordinato definito spesso come chiassoso ed esuberante per voi Clouds. Come organizzate la fase produttiva e come i dj set, date pochi limiti nella produzione e magari lavorate più sulla selezione nei dj set?
Clouds: Produrre per noi è più di un semplice passatempo, spesso nasce tutto da una singola idea che poi sviluppiamo insieme. Lavoriamo nelle nostre camere da letto, iniziamo un progetto poi ci incontriamo discutiamo e torniamo a lavorare su quello che avevamo in mente. Diciamo che non rispettiamo una struttura rigorosa per le nostre produzioni. Per i dj set, dipende da dove dobbiamo esibirci, ad esempio per il party Dystopian vs Electric Deluxe abbiamo ovviamente selezionato della techno più intensa e scura. Anche la location è un fattore che influenza molto la selezione musicale, se suoniamo in grandi warehouse industriali sappiamo che la techno dritta funziona meglio delle sonorità più sperimentali che, invece, proponiamo solitamente in club più intimi e raccolti.
Distant Echoes: Creare musica è una fase molto importante ovviamente e non sempre si è nel mood adatto per farlo. Come per la maggior parte degli artisti, non si riesce a comandare l’ispirazione, per cui capita che in certi periodi si produca di più e meglio e in altri meno. Di base sono molto meticoloso nel mio lavoro e tendo a lavorare su molti progetti contemporaneamente. Quando sono seduto nel mio studio cerco di dare sfogo alle mie passioni, inseguendo un suono che mi possa soddisfare. L’obiettivo è realizzare qualcosa che possa risultare il più possibile personale, vero e associabile alla mia persona. Lo stesso vale per il djset, ci si può trovare davanti a una numerosa folla dovendo scegliere se mettere dischi di un tipo piuttosto che di un altro. Farsi la valigetta dei dischi (o la playlist con Rekordbox) ti consente di scegliere i dischi che vorresti suonare, visualizzando e immaginando il proprio djset, ma poi lascio molto spazio all’improvvisazione seguendo il flow del party. Tutto sta nel trovare il giusto bilanciamento e il giusto momento per suonare diversi dischi (dai più deep e mentali ai più groovy e semplici). L’interazione con il pubblico, il sound system e l’atmosfera condizionano il mio processo creativo.
Futuro. Sappiamo che entrambi avete preso parte ad Electric Deluxe X Dystopian party tenutosi al Factory 010 di Rotterdam, che é stato occasione di lancio per il nuovo EP dei Clouds su Electric Deluxe, per l’appunto. Novità, EP, album, collaborazioni? Distant Echoes, il tuo “Fury Road” EP su Dystopian aveva già trovato spazio in uno dei nostri Suoni & Battiti, il tuo podcast è ancora bello fresco, stiamo aspettando qualche news dalla tua, magari un album per questo 2016?
Clouds: Pensiamo di pubblicare diversi EP in questo 2016 e concentrarci maggiormente sul nostro live show.
Distant Echoes: Sto lavorando a nuove tracce e sto spaziando molto, sperimentando nuove tipologie di setup e cercando altre ispirazioni, la musica è un viaggio e riserva sempre nuove mete. La realizzazione di un album è un percorso lungo e accurato, spero di poterne realizzare uno in futuro. D’altro canto mi piace costantemente produrre techno lavorando su più layer di lavorazione, sono un’amante della musica che crea momenti, ipnosi e astrazione. Ho molti amici sound designer, ripongo anche molta attenzione alla cura del suono. Le tracce che produco potranno uscire in qualsiasi formato, che siano essi EP e/o album staremo a vedere.
Spesso leggendo di voi ci si imbatte in ATB e Daft Punk come due dei principali artisti che hanno influenzato il vostro primo periodo musicale, come vi siete evoluti fino ad arrivare a questo stile “Clouds”?
Non ricordiamo di aver mai parlato di ATB -ridono- ma durante la nostra adolescenza abbiamo ascoltato moltissima trance, questo si. Non riteniamo che questo abbia influenzato molto il nostro stile musicale, tuttavia ultimamente stiamo aggiungendo parti melodiche ai nostri beats.
Turbo ha ospitato molti dei vostri lavori in questi anni, rendendovi parte della sua famiglia. Relazionarsi in maniera così stretta con una label è una esigenza che avete per poter seguire un percorso produttivo senza barriere o è stato semplicemente feeling umano?
Turbo ci ha sempre dato la libertà di fare quello che volevamo, senza interferire. Ci sono stati e sono tuttora molto vicini a noi e ci garantiscono il pieno supporto; abbiamo molti amici al suo interno e questo è molto importante per noi.
Riguardo il vostro stretto rapporto con Turbo svelateci un segreto, “Don’t Break My Heart” il nuovo e imminente album di Tiga, com’è?
Sfortunatamente Tiga non ci ha inviato ancora nulla, ma siamo sicuri che sarà interessante e piacevole come tutto quello che ha prodotto finora.
Nel 2015 avete preso parte alla vostra prima Boiler Room, feedback?
È stata la nostra seconda Boiler Room, abbiamo partecipato alla prima nel 2013. Quella del 2015 è stata molto interessante era a Edimburgo e molti dei nostri amici sono venuti a trovarci. Siamo stati veramente felici di essere inseriti nell’enorme line up di quell’evento.
Parlaci del clima in casa Dystopian, è una realtà in cui tutti vorrebbero trovarsi che vede in Rødhåd il fulcro del sistema. Poche release ma apprezzate dal grande pubblico, party sold out e interesse sempre vivo, insomma, com’è starci dentro? La musica è l’unica cosa che vi unisce?
Dystopian è prima di tutto un gruppo di amici, io ho avuto la fortuna di entrare a farne parte. Oltre che dei grandissimi professionisti ho legato molto con loro per diversi motivi. Quello che ne è conseguito non è stato altro che un naturale processo di conoscenza reciproca che ha consolidato una bella amicizia a 360°. Mike di sicuro è il front-man ma dietro le quinte c’è altrettanto, il tutto connesso dalla stessa passione per la musica e il futuro distopico! Con gli altri componenti (dj e non solo) c’è un grande feeling e un immenso piacere a condividere la consolle, le esperienze, i party e i viaggi quando capita l’occasione.
Italia, Berlino, Italia ma con la Germania nel cuore, questo è Distant Echoes oggi, giusto? Perché questo affetto? Per i soliti sbocchi professionali legati alla musica di cui siamo tutti a conoscenza o perché qualcosa di più intimo e personale ti ha affascinato e conquistato?
Amo Berlino, questo è quanto. Qui ho trovato tutto quello che cercavo, risposte a domande troppo ambiziose per il sud-italia. Conoscete benissimo Berlino e non c’è bisogno che ne tessa le -meritatissime- lodi. Quello che amo soprattutto è la cultura e il rispetto per gli artisti. Rimango sempre radicato alla mia terra, ma alle mie solide radici si unisce una mentalità molto aperta che ha sete di conoscenza. Per il momento mi piace avere una base giù a casa dove poter lavorare serenamente in studio durante la settimana mentre viaggio nei weekend.
Partendo da un annoso dilemma generazionale quale scelta del supporto, vinile, cd, mp3 spostiamo la conversazione sul tuo modo di presentarti al pubblico che fino a ora è stato appunto il dj set. C’è la voglia di evolversi in live? Perché, e qui mi travesto da cattivo, ultimamente c’è tutta questa necessità di live: richiesta di mercato o immediatezza di espressione con orizzonti più ampi?
Questa prima domanda potrebbe portare a discorsi davvero prolissi su quello che è il dilemma del supporto con quello che è il conseguente dualismo: digitale/analogico. Mi piace considerarmi un ibrido. Vengo dalla scuola del vinile e negli anni ho visto diverse tecnologie affiancarlo. La tecnologia va evolvendosi di fianco a un supporto inattaccabile. In studio combino digitale e analogico e dopo averne preso gli aspetti positivi e negativi di entrambi si deve scegliere in base alle proprie esigenze, non compromettendo la qualità per come la intendiamo e considerando sempre un punto di vista che sia allo stesso tempo oggettivo e soggettivo. Mi posso definire meticoloso in termini di resa sonora e percezione psico-acustica dei suoni. Questo mi porta ad apprezzare molto il supporto digitale per la pulizia del suono. Inoltre ammetto che, da quando viaggio tanto, ho scoperto la comodità delle tanto criticate “chiavette”. Continuando a comprare il vinile, vado in giro con le usb per motivi di praticità. Potrebbe sembrare solo pigrizia di portarsi dietro 30-40 kg di vinili, ma in realtà molto spesso mi sono imbattuto in tragici smarrimenti di bagagli (miei e di colleghi) che poi hanno compromesso le performance. Inoltre data la mole di promo che ormai arriva via e-mail, ed essendo io uno a cui piace inserire tracce inedite nel proprio djset, non potrei fare altrimenti. Per non considerare la quantità di release che ci si può portare appresso e tra cui scegliere per ogni serata. Diciamo che per il mio stile di missaggio ritengo sia il supporto più appropriato; ovviamente eseguo anche dei djset “vinyl only” in rare occasioni, perlopiù in zone geograficamente limitrofe. Riguardo il live è un’esperienza a parte dal djset. Personalmente non conosco il mercato e più in generale non opero scelte dettate da motivi di business, perciò per quanto mi riguarda il live è qualcosa di diverso dal djset, non è lo stesso campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport (cit. Pulp Fiction). Nasco come dj e perciò è questo quello che mi fa divertire maggiormente e in maniera un po più spensierata. Il live di contro è una performance molto più coinvolgente e personale, suonando solo ed esclusivamente musica propria risulta perciò anche più faticoso, regala emozioni immense con altissimi livelli di concentrazione prima, durante e dopo la serata. Ho discreta familiarità con entrambi i tipi di performance e infatti sto lavorando a un live da presentare nel prossimo futuro.