Il titolo dice molto riguardo al lavoro di cui vi parlerò quest’oggi, sembra quasi un augurio a guardare al passato: “Before This EP”, ovvero l’ultima idea prodotta dalle menti brillanti dei Cobblestone Jazz e quindi Mathew Jonson e soci e, quindi, Wagon Repair (tutti mostri sacri del mondo della musica elettronica, artisti e label). Come detto, seguendo perversamente la logica del disco, il tutto mi riporta più ai lavori che l’hanno preceduto che a quest’ultima fatica. E non senza rimpianto.
Forse farei meglio a spiegarmi. Cosa c’entrano i Cobblestone Jazz con la deep house a centoventi bpm? Come si collega un disco diciamo, in stile Burnski, alla Wagon Repair? Proverò ad approfondire un attimo. L’eclettismo secondo me è una qualità che tutti gli artisti, in linea generale, dovrebbero avere. E’ segno di intelligenza e di apertura mentale, soprattutto se è schietto e non artefatto. Ma quando vai a solcare la linea di confine culturale e intelletuale che con tanta fatica, e in tanti anni, hai tracciato fra te e buona parte del resto del mondo allora – beh – allora forse c’è qualche cosa che non va. Questo è ciò che penso in assoluto, come concetto generale, ma soprattutto in riferimento al vinile di Jonson & Co. Questo a mio parere è un disco molto commerciale, quasi banale, che se vuoi ne trovi un miliardo nei negozi di dischi, nelle camerette dei dj’s di qualsiasi età e città, in qualsiasi libreria virtuale, in qualunque chart di chi so io e sapete voi.
“Before This” è il lato A, “Before That” il B side. Fantasioso eh? No, non ci siamo. Ho recensito l’ultima produzione made in Cobblestone e vi assicuro che eravamo su un altro pianeta, musica vera. Dispiace espormi così per me che fondamentalmente li amo e che li ho sentiti dal vivo per due volte di cui una, memorabile, al Fabric di Londra: la gente in delirio. Entrambe le volte ho ballato e mi sono divertito, e sempre col cervello attivo grazie a quei tocchi che rendono i CJ a dir poco inimitabili. Ve lo dico, se non lo avete capito già, per me i Cobblestone Jazz sono fantastici. Nei loro set e nei loro dischi, nella loro musica insomma, c’è sempre stato tutto: techno, jazz, house, fusion, dub e filastrocche acide. A volte il silenzio.
Ci sono sempre state idee, cuore e coraggio – vedi “India In Me”. Ma devo dirlo onestamente, amici: questa roba non mi piace per niente.