Il primo impatto con l’ultimo disco dei COMA, come suggerisce il titolo quanto mai appropriato, è più visivo che sonoro. Proverò a spiegarmi meglio. Chiudo gli occhi, ascolto bene quest’ultima fatica di casa Kompakt e scaccio via le infiltrazioni. Mentre sento le note susseguirsi respiro aria un po’ ingiallita e un po’ anni ottanta, poi ci sono. E’ come trovarsi nel bel mezzo di un mercatino di Parigi a tirar via polvere dalle copertine di vecchi e inutili libri, magari bellissimi, prima che la tua ragazza ti tiri per la maglia e ti trascini su una bella bicicletta e insieme ve ne andate in giro per Amsterdam – il fiume è ai vostri piedi, il sole visorride – mentre la Roma che quasi non c’è più vi reclama a bassa voce. Berlino è lontana anni luce. Niente gabbie tresoriane e fiumi fosforescenti, nessuna centrale elettrica fatta apposta per farci divertire sudati, niente negozi di dischi piene di quella Detroit anni ’90 che tanto ci piace.
Ebbene, no. Questo è un disco happy e senza meta (quasi hippy), una specie di passatempo in stile Ruzzle, un disco da ascoltare mentre siamo impegnati a raggiungere altro, mentre pensiamo (anche ossesivamente) a come lasciare una traccia memorabile su questa Terra. Ed ecco che uno spunto da ricordare ce lo da proprio il disco, specialmente con canzoni come “Les Dilettantes” o “Missing Piece”: la leggerezza. Detto da un contorto viscerale come me fa un certo effetto, immagino ma, credetemi, è senza dubbio questo il messaggio finale di quest’ultimo lavoro neanche troppo “comatoso” – ricordiamo che Georg Conrad e Marius Bubat sono autori di favolose tracce techno come “Gravity” e “Sum”, belle ma assai scure, quasi tetre.
Siate leggeri, dicono i COMA. Non superficiali, come ampiamente suggerito dalla chiusura, l’infinita “T.E.D.”, semplicemente leggeri.