Questa foto, tra le tante scattate allo Space nel corso degli anni, ha un grande significato per me. E’ allo stesso tempo uno dei ricordi migliori ed una delle più grandi figure di merda che io abbia fatto nella mia vita da clubber.
Primo “We Love Space” della mia vita: era tipo fine Luglio e in scaletta c’era gente a me quasi totalmente sconosciuta: Ewan Pearson, Hot Chip, Abe Duque. Artisti che, per assurdo, negli anni a venire avrei poi amato alla follia. Io essenzialmente ero lì per Steve Lawler e Felix Da Housecat e avevo trascinato anche mio fratello che avrebbe poi scattato la foto.
Perchè dico figura di merda dunque? Bè, succede che nella mia allora totale ignoranza vedo un tizio di colore, con gli occhiali sfumati e i capelli afro. Vado da sto signore qui e gli faccio “Felix ci facciamo una foto?!?” esaltato come un pulcino che fa il raccatapalle per il Milan di Sacchi. Lui mi guarda con la faccia di chi non ha voglia di discutere e si fa sta foto senza problemi. Torno da mio fratello in estasi per aver catturato un’istantanea col grande Felix Da Housecat. Lui mi guarda come se stesse osservando un povero coglione e dice “Va’ che quello con cui ti sei appena fatto una foto è DJ Pierre non Felix Da Housecat, deficiente…”
Io resto di sasso e pure un po’ incazzato per aver perso tempo a fare una foto con uno che non sapevo manco chi fosse. Mio fratello mi apostrofa ancora con pietà “Il contributo di DJ Pierre alla musica elettronica è stato 10 volte superiore a quello di Felix eh. Un giorno sarai felice di aver fatto quella foto.”
Come spesso accaduto negli anni, aveva ragione lui. Anche se poi la foto con Felix me la son voluta fare comunque.
Dopo quasi dieci anni da quella sera mi accingo a prendere di nuovo un aereo per fare visita ad un vecchio amico che dopo ventisette anni si arrende di fronte al cambiamento e penso a quei primi anni sull’isola, dove sembrava di vivere camminando a mezzo metro da terra e pareva già di essere amici di tutti non appena varcata la soglia dell’aereo.
Questo è quello che i suoi molti detrattori non riescono a comprendere: la vera forza di Ibiza (o almeno dell’idea originale di Ibiza, di cui penso e spero di aver vissuto gli se non altro gli ultimi scampoli) sia stata proprio la sensazione di inclusione, di uguaglianza, di non sentirsi mai sottoposti ad una lente d’ingrandimento, di non dover mai provare a nessuno la propria appartenenza. È sempre stato semplicemente divertimento spontaneo, empatia collettiva, voglia di mescolare vite e culture diverse fregandosene di etichette e classi sociali. E’ stato vestirsi come meglio si credeva senza sentirsi osservati, è stato estremizzare la sessualità all’interno e all’esterno del club senza passare per deviati, ma è stata soprattutto una scintillante e fondamentale porta d’ingresso per molti ragazzi come me che semplicemente si sono trovati di fronte un modo nuovo (ed in un certo senso unico) di approcciare il club e la musica. Senza che qualcuno si arrogasse il diritto di indicarci col dito l’altra parte della strada a modi “Tu non appartieni a questo mondo, vai a farti un giro.”. Un’apertura mentale che permetteva ad un ragazzino sovrappeso con su una maglietta della curva del Milan di andare da DJ Pierre, una leggenda della musica elettronica, e chiedergli una foto pensando si trattasse di un altro. Ma senza quel momento d’imbarazzo forse oggi non sarei la stessa persona, senza le lezioni che luoghi fondamentali come Ibiza mi hanno saputo regalare quando tutto sembrava ancora così nuovo ed esaltante forse oggi non sarei qui a vergare queste righe.
Con l’avventura dello Space stasera finisce anche una parte della mia giovinezza, della nostra giovinezza. Delle nostre prime volte, delle scoperte musicali, dei baci rubati in pista, dei palloni con lo smile a sovrastare la Discoteca, delle mura di pietra della Terrazza, delle mille risate seduti a prendere fiato al piano di sopra, dell’intimità della Red Room e dei poderosi live nella Flight Area ubicata nel parcheggio agli opening e closing.
Finisce un’Era ed è giusto esserci, con amici nuovi e vecchi, le mani alzate e la lacrima pronta per celebrare l’ultima, solenne, Messa cantata di un locale che resterà per sempre nella storia del clubbing ma sopra ogni cosa farà per sempre parte della nostra vita.