Non stiamo qui a disquisire più di tanto su quanto la sfera visiva sia una compagna, un’aiuto o un’eventuale compensazione a quella musicale. Che le due forze siano perfette per stare insieme non lo scopriamo solo adesso, quindi siamo liberi, noi e voi, di godere dei frutti in tutta libertà. Oggi però la domanda è più lecita che in altri giorni, perché i due numeri uno del momento circa l’accostamento musica/immagine sono tornati con due nuovi video, entrambi adesso. Ed entrambi con estratti dai loro ultimi, discussissimi (e discutibilissimi album). Parliamo di due che sono entrambi finiti nella nostra classifica dei video migliori del 2014, ovviamente. I due che probabilmente, se quei video avessimo dovuto metterli in ordine, sarebbero proprio ai primi due posti. E quelli dei due album più amati e odiati allo stesso tempo nel 2014. FKA Twigs e Flying Lotus.
La prima. Eleganza fuori discussione, idee visive sempre eccezionali, ogni suo video un piccolo capolavoro di fattura sopraffina. Eppure un disco che ancora oggi continua a causare valanghe di esternazioni social tipo “ma come fa a piacervi FKA Twigs!?“. E in parte ci uniamo anche noi. Perché la ragazza ha talento e con “LP1” potenzialmente poteva scombinare definitivamente le carte del nuovo r’n’b al femminile. Ma il proposito di suonare a tutti i costi unica e diversa ha preso un’inaspettata piega autoreferenziale: sicuro, suona diversa; sicurissimo, il suo stile ormai è definito e perfettamente riconoscibile, ad amarlo son tutti quelli che l’han messa in cima alle classifiche di fine anno, più mille altri. Ma è così distaccato dalla scena che sembra accartocciarsi su sé stesso. O peggio ancora, collocarsi in una posizione di aristocratica superiorità. Col risultato che per tutto il disco aspetti il colpo definitivo che invece non arriva mai, perché quell’atmosfera eterea e a tratti impalpabile È il disco. Prendere o lasciare. Ciononostante, in fase video riesce sempre a valorizzare perfettamente tutte le specialità del suo sound. Forse proprio perché inteso come singolarità. Stavolta, per “Pendulum”, il colpo si materializza col suo stesso corpo, legato in diverse pose artistiche e rimaneggiato in digitale. Ed è sempre un gran bel colpo visivo. Quando invece ascolti l’album di dieci tracce, magari il problema arriva. Magari non per tutti, ma arriva.
Il secondo. Nato e cresciuto come peso massimo del beat astratto. Capo di una Brainfeeder che ha fatto di questa reputazione la sua bandiera. Ma niente dura per sempre, e anche per lui a un certo punto le cose son cambiate. La Brainfeeder inizia a ospitare gentaccia di estrazione diversissima come Oizo, Martyn, TOKiMONSTA. E al loto volante prende la fissa jazz. Più che legittima. Capace di risultati straordinari, sia chiaro. Almeno fino a “Cosmogramma”. Poi però se le cose le esageri, finisce che togli spazio a qualcos’altro che invece è necessario. Alla fine arriva “You Are Dead”, l’apoteosi dell’astrattismo jazz firmato Flying Lotus. Fulmineo, nemmeno quaranta minuti, ma incorruttibile: tutto rigorosamente mantenuto ben sotto la soglia dell’evidenza. Un gioco basato unicamente sui fumi stupefacenti del suo jazz mellifluo. Da uno come lui tu ti aspetti il segno che varchi i confini, che diventi l’emblema del suo sound e nello stesso tempo il punto di arrivo definitivo dell’indagine globale post-hip hop. E invece no. Tutto resta sottinteso. Il disco è interamente fondato sulla sua stessa delicata introspezione. E che sia il più sentito dei dischi di Flying Lotus non v’è dubbio, eh. Lo si capisce dalla passione che ci ha messo nel curare l’unicità dei suoi video. Stavolta tocca a “Coronus, The Terminator” e alle sue immagini. Funeree, spettrali, bellissime. Ancora una volta, l’accostamento musica-immagine funziona a meraviglia, e quella musica la apprezzi in tutte le sue forze, in quanto espressione singola. Mentre se parliamo di album, le aspettative iniziano a pesare di più. E vale sia per lui che per la Twigs sopra, in un piano parallelo che oggi appare chiarissimo. No, non è vero che le aspettative sono il male. Le aspettative, se sei un riferimento globale per una scena ben definita, sono l’elemento principale del tuo essere artista. Il tuo modo di relazionarti con coloro che contano su di te è tutto. E se gli volti le spalle nel nome della tua sensibilità artistica, la conseguenza è che riferimento non lo sei più. Sei uno col proprio sound, che ok, è già tantissimo. Ma non più un punto di riferimento. Nel vostro caso, le cose son due: o essere anche quello era troppo difficile, o semplicemente non lo avete voluto. Il risultato è lo stesso e somiglia troppo a un passo indietro. Nonostante le meraviglie che riuscite ancora a tirare fuori su video, per le quali resta massimo il nostro rispetto.