Credeteci: è stato veramente angosciante sentire dei fatti di Corinaldo e della Lanterna Azzurra quasi in tempo reale, con le notizie che piano piano arrivavano e – tanto lunari, quanto terribili. Perché mai penseresti di dover morire andando ad un concerto, e l’idea di farlo perché soffocati dalla calca, dalla folla impazzita, schiacciati dalle persone è qualcosa di orribile. Ancora oggi, se pensiamo ai fatti di Duisburg, ci viene un nodo alla gola. Anche nell’angoscia e nell’orrore, però, è il caso di restare sempre lucidi, se ci si prende la responsabilità di parlarne o di commentare. Dovrebbe valere per tutti, non solo per chi scrive per mestiere o comunque lo fa on line su testate più o meno autorevoli; dovrebbe valere anche per i semplici commenti sui social. Quando scriviamo qualcosa, è il nostro nome che mettiamo; quando scriviamo qualcosa, mettiamo in circolazione idee, sentimenti e sensazioni che influiscono sul clima generale – e hanno quindi varie conseguenze, dall’allontanare dalla soluzione di un problema all’avvelenare ed imbarbarire il clima generale, portando poi a brutte degenerazioni ed infausti sviluppi.
Poi, ovviamente, nessuno è nato imparato. Ed avere una opinione non è certo un reato. Quindi ecco, questo non è un atto sprezzante d’accusa per nessuno, dall’alto di ‘sto cazzo; ma questo vuole però essere un modo per affermare “Ok, analizziamo a sangue freddo la situazione, e concedetevi di leggere l’analisi da parte di una persona che ha una minima esperienza sul campo, e vediamo come sarebbe stato ideale ragionare, pensare, reagire, commentare”. Vado a concerti da oltre trentacinque anni; scrivo di musica da venti; nei vari lavori che faccio, da oltre dieci c’è anche quello di collaborare alla produzione di concerti, seguendo tutta una serie di step burocratici e sul campo legati ad un evento dal vivo che un semplice appassionato non conosce (e non è tenuto a conoscere). Mettendo insieme queste tre cose, mi sento di poter dire che riesco ad avere una visione un po’ più complessiva delle cose. E quindi, se come mi è successo mi scaglio contro certi modi di pensare e ragionare, e se considero certi modi di pensare e di ragionare come sintomatici dello spirito dei tempi, ho qualche pezza d’appoggio. Scusate la personalizzazione. Ma ogni tanto ci vuole: l’idea che chiunque possa parlare di qualsiasi cosa, non è sbagliata al 100% ma ha dei limiti di cui dovremmo essere tutti consapevoli. Io non credo nell’efficacia di un mondo fatto e disegnato solo da tecnici ed esperti: ci deve essere un dialogo costante col “sentire comune”, accidenti se ci deve essere. Ma un mondo dove l’opinione di chi non sa nulla o quasi nulla della materia in questione viene ritenuta pari o addirittura superiore a chi invece ha anni di esperienza, è un mondo profondamente sbagliato. Che ci può portare in situazioni da incubo.
E, sinceramente, da incubo mi sono sembrate tante, tantissime prese di posizione in questo weekend. Ma proprio brutte davvero: per quello che sono di per sé, per quello che rappresentano ed esprimono, ma ancora di più per il mondo a cui potrebbero portare se venisse dato loro seguito, sull’onda dell’emozione.
Ci sono due grandi non detti, nella narrazione generale che si è scatenata sul web subito dopo la notizia, e ancora di più nelle ore successive. Anzi: spesso non era nemmeno “non detti”, non erano velenosi sottintesi, erano invece proprio sbandierate prese di posizione.
La prima: Sfera Ebbasta fa schifo, la sua musica è orribile, i suoi testi pessimi e diseducativi, inneggia alla droga, eccetera eccetera. Ora, passi se queste argomentazioni arrivano da qualcuno del MOIGE, gente sempre in prima fila nel dire fesserie, ma vedere queste parole nella bocca, anzi, nelle dita di chi magari da adolescente è cresciuto col rock, col punk o con la techno può solo far dire una cosa: amiche, amici, ehi, state invecchiando male. Molto male. Perché state dimenticando quanti erano i testi nel rock che inneggiavano alla droga (oh, anche i dolci Beatles, non solo quei tossiconi dei Velvet Underground), quanto erano i vostri genitori a considerare la musica da voi amata “solo rumore” oppure “non musica” (…quanto li vedevate patetici per questo?). Ma al di là di tutto ciò, il ragionamento letto da più parti “Vabbé, se si dà credito a Sfera Ebbasta chiaro che prima o si creano situazioni in cui ci scappa il morto” o peggio ancora i fini battutisti che “Beh, se ascolti musica di merda come Sfera te lo meriti, di finire in situazioni in cui ci scappa il morto”, ecco, chi si è trovato a scrivere cose del genere per quanto ci riguarda ci fa schifo, e dovrebbe vergognarsi e basta.
Non dobbiamo spiegare perché, vero? Vero?
In generale però abbiamo trovato molto avvilente che molti organi d’informazione, anche titolatissimi, abbiano subito infarcito i loro articoli sul dramma della Lanterna Azzurra con focus su chi sia Sfera Ebbasta, cosa faccia, cosa rappresenti, eccetera: un modo implicito per dire “Ecco, queste sono le cose che succedono a seguire gli eventi con questi artisti giovinastri”. Una linea interpretativa voluta direttamente in qualche caso da caposervizio e direttori, come abbiamo avuto modo di sapere per via informale: non per caso ma perché “facile”, perché solletica i bassi istinti dei lettori (che AMANO avere un capro espiatorio, da sempre). Ecco, questa è una delle spiegazioni migliori della crisi della stampa, non tanto di vendite quanto proprio di autorevolezza: andando ad inseguire la “pancia” del tuo lettore, sul breve hai un vantaggio – più clic, più copie vendute – ma sul medio-lungo periodo perdi completamente il tuo ruolo di guida, di organo che dovrebbe dare una versione informata e meditata dei fatti. Questo la stampa nazionale lo sta facendo sempre meno. Senza contare tutte le volte in cui, quando si parla di cultura e di lifestyle, gli articoli vengono metaforicamente (o non metaforicamente) dettati dai dipartimenti marketing, abituando quindi se stessi e i lettori a un livello d’analisi superficialissimo. Ma ok, non divaghiamo. Il concetto che vi deve restare in testa è: rovesciare sulla figura di Sfera Ebbasta la responsabilità di quello che è successo a Corinaldo è carognesco, carognesco davvero. Vi soddisfa essere delle carogne? A noi, no.
C’è stato un altro versante, più informato e anche più ragionevole, delle critiche a Sfera Ebbasta. Due linee principali: la prima dice che quello dello scorso venerdì non era un concerto ma una comparsata in discoteca, la seconda – consequenziale alla prima – è che l’appuntamento alla Lanterna Azzurra fosse l’ultimo di una serie di impegni che Sfera aveva già avuto in giornata (Milano prima, Rimini poi), e che questo modo di “massimizzare i profitti” sia disdicevole. Ora, a livello personale vi possiamo dire due cose: le comparsate in discoteca o i “dj set dei famosi” ci hanno sempre fatto schifo e lo troviamo la morte dell’arte in favore della sete di avido guadagno, ci fanno tristezza che vi ci si presta, ci fanno tristezza pure le persone che pagano il biglietto per assistere a ‘ste robe; poi, secondo punto, è vero che un doppio impegno in serata sa tanto di corsa all’ammasso, di “metto insieme quel che posso”, di quantità e non di qualità, di rispetto molto relativo del proprio pubblico e dei propri fan (…e lo pensavamo già negli anni ’90, quando i dj facevano a gara a fare la doppia o la tripla).
Rovesciare sulla figura di Sfera Ebbasta la responsabilità di quello che è successo a Corinaldo è carognesco, carognesco davvero. Vi soddisfa essere delle carogne? A noi, no
Ma la questione è: cosa cambia rispetto a quanto è successo? Detto in modo più brutale: raga, che cazzo c’entra? Lo spray al peperoncino, con tutto quello che poi ha causato, poteva essere lanciato anche alle sei del pomeriggio (e non all’una di notte, come effettivamente successo); poteva essere lanciato anche al concerto di un artista che aveva quello e solo quello come impegno in serata; poteva essere lanciato anche al concerto più brutto, fake e farlocco del mondo. Poi certo, possiamo aprire una discussione su Sfera e su come lui si gestisca la sua carriera e le sue apparizioni pubbliche; ma onestamente farlo ora, creando una correlazione coi fatti della Lanterna Azzura e con sei persone che ci hanno lasciato la vita, è a dir poco una forzatura. Cui prodest? Se non appunto nella volontà di “usare” un dramma come questo solo per dimostrare la propria convinzione che Sfera è sopravvalutato, mal gestito, la trap una merda, eccetera? Ma “usare” un dramma non è mai una cosa consigliabile da fare. E’ che davvero, non esiste nessuna correlazione netta ed esclusiva fra il lancio dello spray al peperoncino e l’ora, la modalità, il contesto in cui ciò è avvenuto a Corinaldo. Mettetevelo in testa.
Passiamo all’altro grande “non detto”, ora. Anzi: magari fosse stato “non detto”, magari!, perché invece è stato un po’ sulla bocca e sulle tastiere di tutti. Ovvero: potersi finalmente scagliare contro la cinica avidità dei promoter e dei gestori dei locali, che pensano solo al guadagno e se ne fottono di mettere a repentaglio la vita delle persone, vogliono solo portare a casa i dollaroni e gli euroni. E’ la prima cosa che hanno pensato in tantissimi, quasi tutti; e non gli è parso vero quando sono emerse le prime cifre, quelle che parlavano di capienza legale sulle 800 persone (e poco più di 400 per l’area della discoteca dove stava avvenendo l’esibizione) e invece 1400 persone in sala. “Ecco! Visto! Criminali! Buttano dentro più persone possibili, solo per guadagnarci! Lo dicevo io, i gestori dei locali e i promoter sono così!”. Ehi: su questa cosa vi ci siete buttati a pesce in tanti, tantissimi.
Onestamente, più leggevo più avrei voluto prendervi a metaforici schiaffetti correttivi tutti quanti. Ci credo che poi credete alle peggio stronzate che vi propinano la “bestia” salviniana (aka, la sua macchina comunicativa sul web, fatta di dichiarate forzature e vellicamenti degli istinti primari e meno razionali delle persone), oppure certe fantastiche fanfaronate della più superficiale propagando pentastellata: se Di Maio e Salvini sono al governo, e hanno il 60% nei sondaggi, in fondo è giusto così. Interpretano un sentimento e soprattutto un’attitudine popolare al giudizio immediato&emotivo meglio di chiunque altro. Ora: per me va benissimo che ci siano Di Maio e Salvini al governo da regolarmente e democraticamente eletti, e in realtà sono pure contento se spazzano via una Seconda Repubblica falsa, ipocrita e sclerotizzata in miti, riti e funzionamenti. Allo stesso modo, tornando al punto, mi sta bene se ci si concentra sul punto che chi è impresario dello spettacolo non deve pensare solo ai profitti a costo di far rischiare la vita agli altri, e bisogna vigilare affinché questo non accada, perché è un punto fondamentale. E’ un problema reale. Impresari e promoter farabutti ci sono, e ci sono sempre stati.
Ma, stando al paragone “politico”, se arriva un ente terzo ed affidabile ed autorevole che mi dice “No, aspetta, che diavolo stai dicendo o facendo”, se l’Europa ci fa notare che ci eravamo impegnati per un determinato sforamento sul debito e ora ci rimangiamo la promessa perché… perché sì, se quando hai uno dei debiti pubblici più alti del mondo non puoi pensare di spendere in deficit come cazzo ti pare solo perché “suona bene” e soddisfa il tuo elettorato, ecco, se tutto questo succede un po’ ne devo tener conto. Non sarà simpatica, l’Europa, quando ci fa notare che non possiamo vivere a sbafo come equilibrio dei conti tanto abbiamo sempre lo “scudo protettivo” della solidità finanziaria europea a coprire la nostra gestione allegra, ma non ha tutti i torti. Allo stesso modo non sarò simpatico io, quando vi dirò che la vostra corsa improvvisa, immediata e priva di dubbi a dare la colpa ai gestori della Lanterna Azzurra vi qualifica come veri ed autentici sempliciotti: perché avete emesso la sentenza prima ancora del processo, prima ancora del conoscere davvero i fatti, i luoghi, le persone. Non è stata una gran cosa.
Può succedere, eh. Ma diciamo che ci sono alcune cose di cui avreste dovuto tenere conto, e sono cose che moltissimi reali addetti al settore, gente che lavora davvero nel campo dei concerti in modo continuativo, ha notato immediatamente. Nel momento in cui vi siete appigliati al fatto che “dentro c’era il triplo della gente della capienza legale” sarebbero dovuti scattare in voi, ragionando, alcuni reali dubbi: quanto è attendibile la capienza legale della Lanterna Azzurra, rispetto alla reale dislocazione logistica dei suoi spazi? E’ giusto appigliarsi così ad essa? E ancora: come mai nessuno dei presenti ha parlato di “situazione drammatica di sovraffollamento all’interno della sala”, quando invece sarebbe stata la prima cosa da dire, la prima cosa da gridare all’esterno?
Avete emesso la sentenza prima ancora del processo, prima ancora del conoscere davvero i fatti, i luoghi, le persone. Non è stata una gran cosa
Quest’ultimo, ecco, era il classico indizio che saltava fuori ad un occhio esperto. Ok, ci sta che non l’abbiate preso in conto. Sul fatto invece della capienza legale e di usarla come una clava, beh, fateci dire due o tre cose. Voi pensate che la capienza legale, in Italia, sia una misurazione semplice e logica, che dà dei risultati altrettanto semplici e logici. Vero? Bene: non sapete di che parlate. Il modo in cui è calcolata in Italia la capienza legale dei luoghi destinati agli spettacoli di intrattenimento (una sfera legislativa che è regolata, ricordiamolo, da una legge dell’’800 poi integrata dal TULPS, un sistema di norme promulgato durante il governo fascista, quindi non esattamente recentissimo ed al passo coi tempi, via), dicevamo, il modo in cui sono regolate le capienze legali è davvero barocco e pieno di codicilli e sottocodicilli, oltre a vari interventi di enti esterni. Il risultato è che in qualche caso la capienza legale di un posto è assolutamente congrua e ragionevole, in moltissimi è invece semplicemente ri-di-co-la, del tutto fuori da ogni senso della realtà. Vi sorprenderebbe sapere quanti locali dove si sta comodi (e sottolineiamo: comodi) in 450 hanno invece la capienza a 99 persone; oppure dove si sta larghi in 800 la capienza legale è 350; o dove si starebbe abbastanza ok in 4000 per un sacco di tempo bisognava essere 2525. Vi sorprenderebbe.
Perché accade questo? Oh beh, molto italiano. L’Italia è una delle nazioni al mondo col maggior numero di leggi (siamo a circa 150.000, alé), un numero spropositato, peccato che questa ipertrofia normativa sia del tutto inutile, vacua e in cattiva fede – come chiunque può constatare sul campo quando fa qualcosa in cui ci si deve confrontare con norme, adempimenti e regolamenti. Le leggi, in Italia, sono spessissimo fatte dalle amministrazioni non per aiutare i cittadini e rendere più efficaci le attività d’impresa, ma per parare il culo a se stesse (e succhiare tasse: del resto sulla benzina abbiamo pagato fino al 1995 un’accisa sulla guerra in Etiopia del 1935, poi nominalmente è stata eliminata ed accorpata ad altre, ma l’impatto delle accise sul prezzo delle benzina è esploso dal 2011 in poi: abbiamo invaso qualcun altro e non lo sapevamo?). Non si viene incontro al cittadino e alla sua voglia di svolgere un’attività in modo sensato e relativamente sicuro per la collettività, ma si cerca un modo per cui “Ok, tu fai il tuo lavoro, vai avanti, fallo come lo fanno tutti, poi però se per qualsiasi motivo ci girano le palle ci sarà sempre un codicillo per cui noi possiamo dissociarci da te, dimostrare che non eri perfetto, fermare la tua attività: perché noi siamo la Legge, e la Legge è più forte di tutto. Anche del buon senso. E soprattutto di te, imprenditore o semplice cittadino”.
Quindi ecco, quando diciamo che la capienza legale non è un dato a cui appigliarsi ciecamente, abbiamo le nostre ragioni. Che ora speriamo vi siano molto più chiare. E se non vi sono chiare, sappiate che i regolamenti italiani sui luoghi di pubblico spettacolo sono comunque già severissimi, inasprirli sarebbe folle: rispettando alla lettera gli i regolamenti in questione ed applicandoli all’estero, con ogni probabilità il Berghain (e diciannove ventesimi di Berlino, a partire dal Watergate) sarebbe chiuso, Ibiza e i suoi meglio santuari non ci andiamo troppo lontano, Londra idem. Figo, neh? Soprattutto, rispettando alla lettera gli attuali regolamenti, avremmo dei locali drammaticamente grigi, tristi, privi di atmosfera, desolati e desolanti. Posti completamente contrari allo spirito di gioia, divertimento, senso di comunità. Chiaro: se ci si ritrova in 250 in un’area grossa come un campo da hockey non può indubbiamente succedere un cazzo, ma l’effetto è ridicolo. Ah, se pensate sia una battuta, vi sbagliate: nei primi tempi della sua attività come luogo da concerti – uno dei principali d’Italia – il PalaIsozaki di Torino ha avuto esattamente questo problema; nel parterre, ovvero nel campo di gioco di questo edificio costruito per ospitare l’hockey su ghiaccio alle Olimpiadi 2006, la capienza era di 250 persone. Duecentocinquanta. Due cinque zero. Quindi i sold out arrivavano con un colpo d’occhio avvilente, in cui dagli spalti vedevi sparuti gruppetti di persone in una sterminata superficie vuota di fronte al palco. Sicurissimo di certo, a livello di densità al metro quadro; ma riguardo al buon senso, insomma… (tant’è che ora la situazione è diversa, guarda un po’).
Poi oh, se voi auspicate che i posti di concerti e dj set siano dichiarati sold out a sala piena solo a metà, ditecelo. Sicuri sicuri?
Già che ci siamo, c’è un altro punto da affrontare. Quello proibizionista. Quello per cui “i minorenni non devono entrare in discoteca” (mmmh, c’è anche chi è arrivato a scrivere, nero su bianco, che ai minorenni è proibito l’ingresso in discoteca per legge: non ancora, per fortuna, però complimenti alla vostra memoria visto che non vi ricordate di quando voi o i vostri figli adolescenti andavano in discoteca alla domenica pomeriggio…). O quello per cui “i minorenni non devono essere presenti ad un evento che si svolge all’una di notte”. Forse non l’avete capito, forse non vi è chiaro: nello scrivere queste cose, auspicate uno stato totalitario che decida per voi cosa si può e non si può, “per il vostro bene”. Scusate, ma a noi questa cosa fa paura, perché è pura Corea del Nord. Dev’essere un genitore a decidere se suo figlio di 15 anni può andare a sentire Sfera all’1 di notte alla Lanterna Azzurra, non lo Stato; dev’essere un genitore, con tutta la difficoltà nel confrontarsi con un adolescente, a capire fino a che punto si possono sfidare e gestire i limiti di orario e di comportamento. Illusorio e deleterio pensare che lo Stato possa sostituire in tutto e per tutto il duro lavoro dell’autorità famigliare e del confronto tra generazioni.
Se passa il principio che è lo Stato a decidere in tutto e per tutto quali sono i comportamenti accettabili per la nostra salute e sicurezza, il rischio è quello di una deriva totalitaria. Sicuri sia un buon affare? Poi dai, largo all’ipocrisia: magari oggi non è (più) sicuro andare ad un concerto o in giro di notte a divertirsi e a bere un bicchiere in più, va bene, ma nessuno si sogna di fermare la strage quotidiana più grande della contemporaneità con un gesto molto semplice: bloccando il traffico, impedendo cioè alle persone di usare un’automobile. In Italia, annualmente, ci sono oltre 3000 morti per incidenti stradali ogni trecentosessantacinque giorni. Fa a spanne tra gli otto e dieci al giorno. Come se una Corinaldo accadesse ogni giorno, ogni singolo giorno. Ehi: proibiamo il traffico! E visto che la gente nei locali si droga e beve, chiudiamo i locali! E visto che allo stadio ci si picchia, fermiamo il campionato di calcio! E visto che l’alcol fa male, proibiamo la vendita e il consumo di alcolici a tutti, non solo ai minorenni, vogliamo mica fidarci di quegli ubriaconi dei genitori! E le sigarette? Uh, non ne parliamo!
Intendiamoci: non anarchia, non laissez-faire brutale, un quadro normativo e dei limiti devono esserci. Discutiamone. Ma devono essere ragionevoli, tenui, devono lasciare il giusto e doveroso spazio al libero arbitrio. Anche perché, questo non lo si capisce o lo si dimentica, una legge è una legge, ok; ma una legge non è per forza Giustizia e Verità. Tant’è che le leggi, guarda un po’, cambiano nel tempo. Anche schiavitù ed apartheid erano stabiliti per legge, per dire, però per fortuna c’è chi queste leggi le ha combattute, c’è chi a queste leggi ha iniziato a disobbedire.
Insomma, alla fine della fiera per quanto ci riguarda la prima e più importante cosa da dire su Corinaldo è esattamente quella che abbiamo scritto a sangue caldo, appena saputo di cosa è successo: troviamo il modo di bloccare quei pezzi di merda che vanno in giro a spargere lo spray al peperoncino (per semplice divertimento, o per facilitare scippi e furti); facciamo sentire forte non solo la condanna legislativa (“tentata strage” non ci pare del tutto sbagliata come fattispecie di reato) ma anche quella sociale. Un fenomeno che è stato finora sottovalutato: è da anni che è in atto, se ne parla poco, troppo poco, se ne sottovaluta la pericolosità. Fino a quando non ci scappa il morto. E ora, drammaticamente, è successo.
(La via di fuga dove sono cedute le protezioni laterali per la pressione della folla in fuga; continua sotto)
Non è peraltro un problema che si risolve solo con le perquisizioni. E’ illusorio pensare che bastino loro, fatte a tappeto, ad impedire l’introduzione di spray al peperoncino, per più motivi: una perquisizione approfondita persona per persona creerebbe dei tempi d’accesso allo spettacolo assurdi, oltre ad essere oltremodo fastidiosa; e in generale chi se lo porta dietro con l’idea di far casino, è molto bravo a saperlo comunque nascondere. Poi beh, c’è chi addirittura chiede perquisizioni fuori dal perimetro del locale, nelle aree circostanti (visto che in effetti droga, alcol, mezzi impropri si consumano e passano di mano per lo più fuori dal locale, non dentro): ma abbiamo idea dei costi e delle implicazioni sociali e legislative di una soluzione del genere? No, vero?
Partiamo da questo. Poi si può discutere di Sfera e della sua musica e di quanto apprezziamo quello che fa (però non c’entra nulla con quello che è successo), si può discutere di quanto sia poco appropriato lanciare a farlo comparsate in discoteche magari non collaudatissime per eventi live (però lo spray al peperoncino si può lanciare ovunque, anche a Milano nelle migliori venue d’italia per i live: è successo); lo si può fare, ma non c’entra molto col dramma che stiamo andando ad analizzare e che vogliamo a tutti i costi commentare.
Si può anche ragionare su come riformulare le leggi sui pubblici spettacoli, sulle agibilità, anzi, si deve; ma bisogna farlo con onestà morale e voglia di confronto reale, non col piglio forcaiolo de “’Ste merde dei gestori dei locali, pensano solo a guadagnare”. Sta emergendo che dentro la Lanterna Azzurra non c’erano le 1400 persone da tutti citate all’inizio (anche dal premier Conte, che peraltro almeno ha usato una formula dubitativa) ma invece 680, con più spazi della discoteca aperti, non quindi solo la sala in cui si esibiva Sfera. Al di sotto quindi della – già probabilmente discutibile – capienza legale. Bisogna anche farlo, il ragionare su una riforma legislativa del settore, ma ricordando che non possiamo eliminare per legge la fatalità, la concatenazione di eventi sfortunati, la possibilità che succeda qualcosa di brutto; possiamo e dobbiamo limitare il rischio che ciò accada, ma l’unico luogo al 100% sicuro sarebbe casa propria, non uscire di lì. Ah no, scusate, pure lì: incidenti e maltrattamenti domestici spesso sono più numerosi e dannosi di ciò che succede nei club e nelle sale da concerto. Non toglieteci la possibilità di godere di un bel (o brutto) concerto / dj set in mezzo ad una folla calda, compatta, appassionata, solo perché improvvisamente volete che sia la legge ad eliminare ogni minima possibilità di rischio e fatalità dalle nostre vite, creando contesti mostruosamente asettici così non ci dovete pensare più, non dovete più essere responsabili dei vostri o nostri comportamenti e delle vostre o nostre libere scelte, ci pensa lo Stato, ci pensano le leggi. Non fate i proibizionisti. E’ una brutta china.
E non fate i forcaioli pronto-uso, china ancora più brutta. Non pensate che problemi complessi abbiano soluzioni semplici, a colpi di legiferazione, cadendo nello stesso modo di ragionare di chi pensa che la povertà si possa abolire per decreto in due, tre rapide mosse: chi lo fa, è un pericoloso tristo. O un incompetente che parla con troppa velocità o leggerezza. O una persona in cattiva fede.
Per il resto: un abbraccio e una dolorosa solidarietà a tutte le persone realmente coinvolte. Non come noi che scriviamo da una tastiera, e voi che leggete e giudicate; ma gente che era lì, che ha perso dei cari, che ha vissuto un incubo, così come artisti e persone dell’organizzazione che si sono ritrovati addossati delle colpe che non hanno e ora devono portarsi, loro malgrado, dei fardelli morali ed emotivi tutto tranne che semplici.
Aspettiamo l’esito delle indagini. Ragioniamo e discutiamo, ma sempre col beneficio del dubbio. Noi, che non siamo stati toccati direttamente, abbiamo l’obbligo del tenere la lucidità e il sangue freddo, non il dovere di emettere sentenze.