Magari non eravamo in tanti a gioire, ma leggendo che il board delle Olimpiadi di Tokyo 2020 aveva deciso di affidare a Cornelius le musiche delle cerimonie ufficiali per un po’ di noi il pensiero è stato “Che figata, è così che si fa”. Keigo Oyamada alias Cornelius è infatti uno degli artisti più raffinati, immaginifici, creativi ci sia mai capitato di incrociare da quando seguiamo la musica (…e, tra l’altro, anche uno dei più cortesi e posati nelle interviste). In Italia ha avuto un momento di maggiore popolarità un po’ di tempo fa, quando i suoi dischi erano ben distribuiti e ben promossi dalle nostre parti, ma festival illuminati come il Sónar lo hanno invitato più di una volta anche in anni recenti ed ogni volta Oyamada ha ripagato con show di una bellezza musicale ma anche scenografica assoluta.
In generale, è bello che in eventi ufficiali ad ampio respiro si peschi dalla musica di qualità, soprattutto a quella che sentiamo un po’ “nostra” e che, soprattutto in Italia, siamo abituati ad immaginare lontana dai contesti più prestigiosi (Hawtin a Torino 2006, Björk ad Atene 2004, fino agli Orbital per le Paralimdiadi di Londra 2012 gli esempi migliori che ci vengono in mente), quando invece non dovrebbe essere così, dovrebbe essere l’esatto contrario.
Quindi, viva Tokyo 2020. Anzi, no. Perché ad un certo punto sono iniziate ad uscire alcune vecchie interviste di Oyamada (parliamo di metà anni ’90: venticinque anni fa o giù di lì) in cui, fra le altre cose, raccontava di come bullizzava in modo piuttosto spregevole in classe un suo compagno di classe disabile quando era ancora uno studente (quindi, lo sottolineiamo, ben prima di quelle interviste). Lo raccontava all’epoca in tono quasi divertito, senza la giusta contrizione; volendo ci sta, a venticinque anni fa – lui è classe 1969 – ti può capitare di raccontare con leggerezza e superficialità delle cazzate che hai fatto da studente, un po’ vergognandotene un po’ sentendotene fiero e divertito.
Quello che conta è che, quando tutto questo ti viene fatto notare venticinque anni dopo, tu chiedi scusa, spieghi che sì, avevi parlato con troppa leggerezza e superficialità e no, oggi non rilesceresti più una intervista del genere e men che meno ti passerebbe per la testa di “difendere” il bullismo contro i disabili a scuola. Bene: sono tutte cose che Cornelius ha fatto.
Non è bastato. Prima Cornelius si è dovuto dimettere dal ruolo di co-compositore per le musiche della cerimonia inaugurale (passo uno); e (passo due, il più recente) si è dovuto tout-court allontanare dal team di creativi radunato dallo staff dell’Olimpiade per offrire contenuti artistici di pregio alla manifestazione.
Vi pare giusto? Vi pare sensato?
A noi no.
Mettete di nuovo in fila i passaggi: una intervista data venticinque anni fa (venticinque!), per delle colpe (gravi, sgradevoli, ma non si parla di omicidi e stragi) commesse ancora prima, quando eri ancora minorenne (minorenne!), ti obbligano a furor di popolo e polemica media e web – cimentatevi ad esempio col traduttore automatico qui – ad abbandonare un posto di grande prestigio, conquistato con la tua arte e la tua perizia professionale negli anni.
‘Sto “furor di popolo” e di “polemica media e web” forse ha, un pelino, stufato. Peggio: in prospettiva può diventare davvero pericoloso, perché questa inflessibilità e questa sete cieca di giustizia non ricorda il buon senso, ma la Santa Inquisizione.
Nell’immagine: Cornelius con la sua band durante l’esibizione al Sónar 2018