Se state leggendo queste righe, è probabile che anche nei vostri canali social la giornata di ieri sia stata monopolizzata dal cordoglio per la scomparsa di Andrew Weatherall. A parte pochi voci isolate (nel filone per lo più del “Ecco, ora tutti fan di Weatherall, prima dove eravate, esibizionisti?”) l’impressione è che raramente come in questa triste, dolorosa occasione ci sia stata unanimità nei toni, nel dispiacere, nel valutare la figura di un artista, una persona.
Ecco. La bellissima dimostrazione che esistono ancora persone in grado di mettere d’accordo (quasi) tutti. Esistono ancora dei valori che, quando messi in campo, ottengono amore e rispetto. Con Weatherall non viene nemmeno da dire “Ora che è morto tutti fan, ma dove eravate prima?”: perché lui non ha mai voluto avere un successo enorme su scala mondiale (ogni volta che ha rischiato di averlo, sia nel mainstream che nelle nicchie del clubbing, ne è fuggito – senza ostentare o rivendicare la scelta, ma lo ha fatto), quindi non gli interessava nulla se il suo valore di mercato era ancora di poche migliaia di euro e suonava in club da poche centinaia di persone invece di stare nei superclub, negli hotel a cinque stelle, nelle trattative da decine o centinaia migliaia di euro. Anzi, non è che non gli interessava: proprio non lo voleva.
Può essere che, sui social, qualcuno stia sgomitando per far vedere la propria afflizione, risultando molto più dispiaciuto ed addolorato di quello che è in realtà. Sapete che c’è? Anche se fosse, è comunque positivo. Perché ci si sta “agitando” non per cazzate, non per dire la propria su Achille Lauro, ma per ricordare una persona i cui lasciti sono l’amore disinteressato per la musica, l’amore sincero per la libertà, la capacità di resistere alle sirene del successo, il rispetto (Weatherall aveva dei modi di fare di una educazione incredibile, e l’attenzione che aveva per ogni interlocutore possibile ti colpiva subito), una bellissima curiosità fatta di grande intelligenza, di incredibile voglia di approfondire, completamente mancante di snobismo e puzza sotto il naso. Questo è il ritratto che sta emergendo un po’ da tutti i ricordi. Tutti. Semplicemente, perché è proprio così che stanno le cose.
Se proprio un destino assurdo ci ha portato via troppo presto un artista e un uomo così, il servizio migliore che possiamo fare a noi stessi è provare a far propagare in giro sempre di più le sue qualità migliori. Che sono un tesoro. Qualcuno lo fa per farsi notare? Pazienza. Fosse anche così, chi se ne importa. Quello che vediamo è che qualità umane, artistiche e musicali appunto di un certo tipo e di una incredibile, meravigliosa profondità stanno monopolizzando la comunicazione fra di noi, animaletti social. Bene così. Sano così. Aria. Ossigeno per la mente, per i nervi, per le emozioni.
Vorremmo chiudere mettendo qui sotto una serie di ricordi: tre dj/producer/speaker/pensatori italiani, che rappresentano nel loro piccolo la passione per la musica che da sempre ha contrassegnato Weatherall (ed è bello notare che la connessione e l’ammirazione fossero naturali, infinite), ovvero Lele Sacchi, Raffaele Costantino e Fabio De Luca per Tuesday Tapes, nonché quell’Howie B che fu per certi versi il “rimpiazzo” di Weatherall quando gli U2 decisero di sciacquare i panni nell’elettronica e nel clubbing, per rifarsi un’immagine. Howie è un altro di quelli che, come Weatherall, dell’infilarsi nel mainstream ad ogni costo sfruttando ogni occasione non ne ha fatto una malattia, anzi.
Per il resto, l’invito a tutti, se possiamo permetterci, è di non farsi problemi a ricordare, con pensieri, aneddoti, immagini, una bella persona. E un grandissimo artista. Che non ha mai voluto farsi catalogare o farsi comandare dagli eventi. E’ rimasto libero.