C’è chi si butta sul greenwashing come non ci fosse un domani (si sa, con le direttive europee devi darti una coloritura “verde” per sperare di mettere le zampe su facilitazioni legislative e sgravi fiscali); e magari l’ipocrisia di base di molti – che c’è, troppo spesso c’è – sarà comunque utile per capire che sì, sul serio, davvero abbiamo bisogno di una coscienza ambientale molto più pronunciata, prima che sia troppo tardi, prima che l’ecosistema terrestre ci faccia a capire a suon di fenomeni naturali ingovernabili che bruttissimi tempi ci attendono (…e attenderebbero ed attenderanno pure quelli che pensano che in realtà siano solo cazzate, e che possiamo continuare ad andare avanti come nulla fosse).
Ma queste sono cose che accadono sopra le nostre teste. Nella nostre vite, nelle nostre quotidianità, negli argomenti più spiccioli di cui Soundwall tratta di solito, “green” e “sostenibilità” sono parole preziose nel momento in cui parliamo di eventi che hanno cura e rispetto del territorio che li ospitano, che pensano sia fondamentale offrire ai propri frequentatori e spettatori paganti ambientazioni non banali e di fascino reale, invece di quattro stronzate messe su in economia. Non solo: per quanto riguarda la sostenibilità, quello che intendiamo e che è vogliamo è che la crescita dei suddetti festival ed eventi sia naturale, organica, condivisa, non ingigantita artificialmente da manie di grandezza e/o investimenti di facoltosi fondi di investimento che trattano la musica (e gli appassionati di musica) come merce da cui estrarre il più valore possibile.
Sì: perché bisogna iniziare a chiedersi più spesso, da spettatori&paganti: “Mi vedono come un amico, un appassionato, un compagni di viaggi e di avventure, o come una gallina da spremere, spiumare e cucinare in brodo – per poi rivendere pure il brodo?”. Quanto spesso ce lo chiediamo?
(Un’immagine dall’ultima edizione di Jazz:Re:Found, scattata da Fabiana Amato; continua sotto)
Ovviamente, chi fa impresa nel campo dei festival e degli eventi musicali non è un benefattore, deve far quadrare i conti, fermo restando che i primi tre anni di ogni festival sono in perdita: “sostenibilità” è anche questo, anzi, è soprattutto questo. Far quadrare i conti, con un piano serio ed una analisi attenta di risorse e debolezze. Perché tutto il resto è appunto o giganteschi investimenti finanziari alle spalle (ma prima o poi ti viene presentato il conto da chi caccia i soldi, e ciao ciao alla tua autonomia…), o qualcuno che è ricco di famiglia e vuole scialacquare i soldi per qualcosa che gli piace, lo diverte, lo fa sentire protagonista, ed amen. Ma in questo secondo caso, prima o poi il giochino si rompe; e in realtà non si è seminato davvero granché.
Jazz:Re:Found esiste ormai da un mare di tempo. Ha avuto edizioni più fortunate, ne ha avuto di meno brillanti, non ha mai però derogato alla sua “ragione sociale” artistica (se ci seguite abitualmente, sapete che lo abbiamo replicato fino allo sfinimento). Inoltre, ha avuto anche il coraggio e l’umiltà di adeguarsi alla realtà e/o di sfidarla, quando pareva il caso: ecco che quindi dopo gli inizi nella natìa Vercelli si è provato il trasferimento a Torino, con alterne fortune (e la difficoltà di entrare in una città dove il panorama festival è già affollatissimo); si è poi virato – per un attimo – verso un ritorno alle origini però invernale (quindi atipico), per poi alla fine abbracciare la vocazione “di provincia” e da “experience”, trovando quel gioiello che è Cella Monte nel Monferrato. Un intero paese che si consacra ad un festival: qualcosa di raro e prezioso. Con attorno panorami da sogno. E una vibrazione collettiva deliziosa.
(I nomi annunciati ad oggi per l’edizione 2024; continua sotto)
Nel frattempo poi a Jazz:Re:Found hanno capito che non solo di festival si vive, quindi – anche per mantenere ed accrescere il rapporto col proprio pubblico attuale e potenziale – hanno iniziato ad “impollinare” Milano ma anche altre posti di concerti, piccoli eventi, weekender, appuntamenti sparsi. Non solo: per affinità elettive, affinità non solo musicali ma anche personali, si è inspessito il rapporto con la Liguria, e da lì è nato Transatlantica, un festival ma anche un mindset (d’altro canto la gemmazione originaria nasce dall’indagine da veri digger sui rapporti tra la canzone d’autore genovese e la bossa nova brasiliana). L’edizione di quest’anno, che si sposta geograficamente, ha un trittico di headliner (anzi, un poker, contando anche Chassol) davvero super: Cosmo (live, non dj set), Folamour, Modeselektor.
(L’edizione 2024 di Transatlantica, il cartellone ad oggi: mica male, no? Continua sotto)
Tutto fatto con costanza, e tutto molto organico. Tutto fatto mantenendo alta la qualità, ma senza mai fare il passo più lungo della gamba. Tutto fatto con criterio, sapendo che i guadagni non sarebbero mai stati siderali (…però le eventuali perdite sarebbero state sostenibili).
Troviamo che questo sia davvero un compendio di “bon ton operativo” che andrebbe tenuto a mente sia da chi organizza cose, che da chi a queste cose ci va da semplice fruitore. Cercate sempre di concedere un occhio di riguardo ad organizzatori che siano realmente appassionati di musica e, al tempo stesso, che abbiano a cuore la sostenibilità sia ambientale che economica di quello che fanno, senza avere l’ansia di trasformare tutto in economia (…e guadagno) di scala. Le vostre passioni e i vostri euro nel portafoglio lì stanno bene, stanno molto bene. Poi per carità: ci sta – ed è bello! – concedersi anche il megafestival, i palchi spettacolari, i grandi nomi, le adunate da decine di migliaia di persone, il sentirsi “al centro delle cose” inseguendo Ibiza, il mainstream o chissà che altro. Ma mentre è facile farsi affascinare dai grandi nomi e dai grandi numeri, le realtà un po’ più modeste&morigerate hanno uno charme un po’ più modesto – e che necessita di un po’ più di sforzo e supporto. Ricordatevelo sempre.
A noi sta piacendo parecchio come tutto il team di Jazz:Re:Found si sta muovendo negli ultimi anni. E a queste ultime mosse che vanno in direzione di una crescita, a chiudere il cerchio sui nostri ragionamenti su “sostenibilità” e “greenwashing“, hanno dato la bella definizione di “Garden” (la dicitura completa infatti in calce nella mail del team è ora “Jazz:Re:Found Garden: e no, non è greenwashing).
(Eccoli, questi mesi di “giardinaggio” illuminato ed appassionato; continua sotto)
Di Transatlantica abbiamo già detto. E l’edizione 2024, anche se purtroppo abbandona Genova (ed è una sconfitta per Genova), promette di essere davvero notevolissima. Poi però c’è da aggiungere quest’anno anche Arcipelago: appuntamento che doveva avere una preview di grande fascino col piano solo di Dardust qualche giorno fa rimandato però di qualche mese (al 22 settembre) e che porterà, nel weekend tra il 17 e il 19 maggio, James Holden e Donato Dozzy, giusto per nominare i due headliner, ma al solito i nomi sono tutti interessanti e tutti di qualità (strepitosa la rappresentanza al femminile: Ginevra Nervi, Emma-Jean Thackray, Marta Tenaglia, Rosa Calix), e troviamo anche molto bella la collaborazione con Komorebi, un piccolo festival dal grande cuore e dalla bellissima attitudine di cui già abbiamo avuto modo di parlarvi.
(Arcipelago, il programma del prossimo weekend; continua sotto)
Quindi: se avete visto il titolo e avete pensato “Oh, magari c’è qualche gossip, magari qualcosa sta per andare storto in ‘sto festival, leggiamo un po’…” ovviamente vi abbiamo ingannato. Ma siamo contenti di averlo fatto. Anche perché la vostra energia, il vostro tempo e la vostra attenzione di lettori dovrebbe (ri)provare ad indirizzarsi verso le buone notizie, non solo verso il gossip e verso i fail altrui, mentre invece tutto questo sta diventando sempre più velenosamente raro: è come se la parte “positiva” dell’informazione fosse ormai completamente delegata ad Instagram, e a chi delle testate usa Instagram per notizie chiare, veloci, semplici. In realtà dovremmo tornare a spendere del tempo per approfondire, leggere cose lunghe ed un minimo articolate, fare un tifo costruttivo, scoprire meglio cose che ci piacciono o che potenzialmente ci potrebbero piacere.
Anche questa sarebbe “sostenibilità”.
…sia come sia, per chi può e chi è in zona ci si vede ad Arcipelago, nel weekend ora in arrivo. Merita. Anche per la location è veramente ma veramente bella, da quello che molte persone ci hanno detto. Qui il link per i biglietti.
E grazie se siete arrivati fino in fondo, capendo che il titolo era in parte clickbait: sì, lo era, in parte lo era, ma a fin di bene, al fine di un ragionamento ben preciso.
Per tutto il resto, beh, potete schiacciare un cuoricino su Instagram. O attaccare briga su Facebook. Ma quanto gusto dà, in realtà?