Lo avevamo scelto come evento simbolico di una ripartenza, o almeno di un esperimento di ripartenza. Il trittico di date di Cosmo, già da tempo sold out in prevendita, e soprattutto già da tantissimo tempo annunciato come concerto che non avrebbe accettato le persone sedute proprio per la sua intima essenza artistica (in un chiaro patto con gli acquirenti dei biglietti), era infatti un po’ lo spartiacque perfetto per capire se finalmente – ora che le vaccinazioni paiono procedere spedite verso l’agognato 80%, ora che il Green Pass è diventato legge, ora insomma che sono state messe in campo tutte le misure del caso fra quelle ora immaginabili alternative a lockdown e limitazioni – si poteva iniziare a tornare alla normalità.
Il caso è diventato politico, l’appello di Cosmo indirizzato via stampa a Bonaccini ed alla Schlein ha avuto una grande eco ed è entrato nell’agenda del Governo, in primis del ministro Franceschini. Cosa che artisti più grandi e più importanti di Cosmo non sono riusciti a fare (o non hanno nemmeno provato a fare), ma non divaghiamo e non recriminiamo. Per tutto il resto, c’è Salmo. Ad ogni modo: improvvisamente lo staff di Cosmo è entrato nelle telefonate provenienti dal Ministero della Cultura, è iniziato un confronto più o meno serrato.
A cosa ha portato questo confronto? Ad una posizione gattopardesca. In sintesi il messaggio sia iniziale che finale è stato: andate pure avanti col vostro concerto, e comunque tranquilli che abbiamo deciso di riunirci il 30 settembre e lì probabilmente decidiamo – tanto il concerto è l’1 ottobre, no? A posto così allora?
…i casi sono due: o è sembrata una caritatevole cortesia, una distensiva carezza piuttosto che stoppare subito tutto con la faccia feroce; o è una raffinata presa in giro. Un concerto da migliaia di persone e con una scenografia particolare, come sarebbe stato e sarà quello di Cosmo, non si organizza in meno di 24 ore. In meno di 24 ore non si chiamano facchini, personale vario; non si blocca un materiale tecnico nutrito e complesso; non si approntano tutte le formalità burocratiche del caso. Oppure si può fare tutto questo nei giorni e nelle settimane precedenti, con un esborso economico notevole (e sostenibile solo contando sull’incasso, se non si è Bezos o Gates), ma sotto la spada di Damocle dell’annullamento del concerto. Insomma, un invito a giocare al casinò. Rischiatutto.
Tanto, se va male, i cocci non sono dello Stato, non sono del Governo.
Ecco il post di Cosmo che ragguaglia sulla situazione, uscito ieri sui suoi profili social. Post che condividiamo in tutto e per tutto, probabilmente ancora più del post iniziale di qualche settimana fa: ancora più sul punto. Poi, più sotto aggiungiamo un paio di parole nostre di commento. Che spiegano il “…non è finita” nel titolo.
Occhio alla frase sibillina: “I concerti si faranno, anche se ancora non vi possiamo dire quando“. Un atto di fiducia? L’idea spiazzante di un Piano B? O semplicemente la promessa che appena possibile, fosse anche fra cent’anni, questo trittico di concerti comunque ci sarà?
Come già detto da noi, da Cosmo, da mille addetti al settore e ormai piano piano anche da sempre più persone comuni che iniziano a rendersi conto della bizzarria delle cose, il contrasto tra noi e il resto dell’Europa inizia a farsi stridente. Sì, abbiamo capito che da noi le scuole riaprono ora, ed è quello il banco di prova vero (lì dove in altre nazioni europee hanno invece riaperto già ad agosto). Ma la tattica (e tecnica) di aspettare, aspettare, aspettare, e soprattutto di non far vedere nessun cambiamento sostanziale nelle limitazioni nonostante obiettivi un tempo vagheggiati – vaccinazione oltre il 70% e a brevissimo oltre l’80%, così come il Green Pass – ora siano realtà, inizia a mostrare la corda.
Per avere speranza, ci vuole un po’ di coraggio.
O se preferite: per avere Speranza, ci vuole un po’ di coraggio.