Dopo cinque lunghi anni di lavoro Bottin e i suoi Cristalli Liquidi consegnano al grande pubblico il primo, omonimo, album. Nove tracce che raccontano in chiave “synth pop démodé” un’Italia distinta ed educata, mai banale sia nei testi che nelle musiche. Equamente divisi in produzioni originali e cover (Battisti, Venditti, Stadio, LCD Soundsystem) i brani scorrono veloci e confermano ancora una volta, come se servisse, le qualità del producer veneto. Il vinile è già disponibile e, dal 4 dicembre, sarà disponibile anche il formato digitale il tutto curato dalla label olandese Bordello a Parigi. Noi abbiamo trovato il progetto molto interessante e ci siamo fatti raccontare dallo stesso Bottin come nascono i Cristalli Liquidi e che significato hanno alcuni dei primi singoli di questa band, band? Un consiglio, accompagnate la lettura ascoltando qui gli snippet di tutte le tracce.
I Cristalli Liquidi sono una band o sei tu in versione “one man band”? Sono sicuro che in molti, me compreso, abbiano sempre pensato ad un trio traditi dal nome.
E’ una band immaginata. Avevo fatto anche circolare delle foto di cui si vedevano altre persone, per la verità sempre diverse. Nella realtà i primi singoli me li sono suonati e cantati da solo e alla svelta: mi ero dato la regola di fare tutto in un giorno. Volevo creare un side project misterioso in cui compariva solo il nome del produttore Tinto B. (anagramma di Bottin). Poi con il tempo il progetto si è ampliato, ho iniziato a coinvolgere amici e colleghi: Polosid ha arrangiato QILDE, Cristiano Verardo (ex Pitura Freska) ha suonato le chitarra e missato alcuni brani dell’album. Alexander Robotnick è presente su ben tre brani: ha fatto la musica di Sciame (sulla quale ho scritto poi il testo), Assolvi Lei è la mia rielaborazione di un suo brano inedito, infine Tubinga l’abbiamo prodotta a quattro mani nel suo studio di Firenze. Cristalli Liquidi è un non-gruppo. E’ un progetto solista aperto.
Italo-wave/disco, Battisti, Venditti, gli Stadio, tutto questo riassunto in un album concepito in cinque anni, senza fretta, che suona “seriosamente” pop. Un side-project che permette di esprimere liberamente la tua voglia di canzone dove le parole si sommano alla musica di cui da sempre ti occupi e per cui tutti ti conosciamo?
Volevo provare a fare delle cose in italiano. Dei brani italo disco che sembrassero venire dal passato (le grafiche dei primi singoli ricalcavano quelle dell’epoca). Ho iniziato con delle mie versioni di brani già editi ma poco conosciuti per poi arrivare a scrivere io testi e musica. Si può dire che l’album sia per metà citazione e per metà creazione.
L’album è già disponibile in vinile e dal 4 dicembre lo sarà anche in versione digitale il tutto grazie a Bordello a Parigi, stimata label olandese. Ottimo esordio per un progetto che tu stesso hai definito essere “iniziato come burla”, soddisfatto? Nessuna label italiana si è interessata al progetto o hai preferito affidarlo a BaP visto le sonorità a loro famigliari?
Una burla il progetto ma anche il tentativo di piazzare il disco a qualche etichetta italiana più o meno indie: mi facevano i complimenti ma alla fine non se la sentivano di pubblicarlo. Forse perché non è rock. Non l’hanno detto apertamente ma traspariva che non fosse un sound adatto a loro, un synth pop démodé distante dal loro mondo. Per non parlare dei testi assolutamente alieni dalle consuete narrazioni generazionali. Sbagliando me lo spiego così. O forse non sbagliando. Comunque i singoli erano stati stampati in Olanda e, da lì distribuiti, erano andati meglio all’estero che in Italia. Bordello A Parigi già aveva distribuito in Europa una mia release uscita inizialmente solo negli Stati Uniti. Quando hanno sentito l’album di Cristalli Liquidi c’è stato subito interesse, nonostante i testi fossero totalmente incomprensibili per loro. Sono molto contento della copertina di Paolo Palma/Metodo Studio che peraltro ha uno stile grafico che a me sembra influenzato dai lavori di Wim Crouwel o Piet Mondrian, olandesi.
Ascoltando l’album ho spesso pensato “questa è perfetta per un remix”, un’idea sbagliata la mia o ci stai lavorando o magari ci stanno lavorando altri per te?
E’ già in produzione un 12 pollici con i remix di Robotnick di Black Spuma (Fabrizio Mammarella e Phillip Lauer). Abbiamo pensato di inserire anche la versione extended di Volevi Una Hit, il vinile originale del 2012 è da tempo esaurito e difficile da trovare.
E’ stato usato anche da Chiara Fumai (artista e amica da poco scomparsa e a cui l’album è dedicato) come ultimo brano nella sua lecture-performance “Nico Fumai”, mitologico artista della disco music italiana, in verità anch’egli immaginario come la band Cristalli Liquidi.
Nel corso di questi cinque anni i Cristalli liquidi hanno pubblicato alcuni singoli per la Artifact Records. Ci riassumi in una playlist i più significativi così da capire qual è la vera identità del gruppo? La familiarità tra “Volevi Una Hit” dei Cristalli Liquidi e “You Wanted A Hit” degli LCD Soundsystem potrebbe essere un ottimo spunto per iniziare…
“Volevi Una Hit” è nata come falso storico, una versione musicale delle teste di Modigliani. L’idea è che gli LCD si fossero ispirati ad un fantomatico brano italo disco del 1984. Il testo inizia con la traduzione in italiano dei primi versi di You Wanted A Hit, ma subito prende una piega totalmente diversa, come pure la melodia del ritornello. La proposi all’Italians Do It Better (con cui avevo già pubblicato alcune cose) ma per timore di rappresaglie da parte di LCD e DFA non la vollero pubblicare. Poi dal nulla mi arrivò una mail di James Murphy che chiedeva il file di un mio brano di cui aveva distrutto il vinile. Colsi l’occasione per mandagli Volevi Una Hit e lui approvò. Mi inventai così la label Artifact e feci stampare un vinile identico a quelli della DiscoMagic del 1984 (guardando bene si legge DiscoTragic). Un’operazione ai limiti dell’illegale anche se moralmente ineccepibile, con il benestare degli autori.
Il disco andò bene, prima ancora di ricevere le mie copie dal distributore lo sentii suonare al Tresor a Berlino. Andò esaurito e fu ristampato quasi subito. In Italia uscì anche come 45 giri/7 pollici su Mashhh! con un bel remix di Casa Del Mirto. Toccava farne un altro. Trovai questo disco strano di Adriano Pappalardo (“Oh era ora”), arrangiato da Lucio Battisti con il Fairlight CMI ed i testi di Vanera (pseudonimo di Pasquale Panella) e feci una versione di “Canzone Registrata” (Caroline e l’Uomo Nero) che è una meta-canzone sul rapporto tra il cantante e la sua ascoltatrice, come se il disco cantasse solo per lei. Quando poi il disco si ferma, il cantante dove va a finire? E’ come un’anatra che sparisce quando d’inverno il suo lago si ghiaccia. E’ la stessa domanda sulle anatre di Central Park ne Il Giovane Holden di Salinger.
“Incubo Assoluto”, brano semi-sconociuto degli Stadio, con testo di Freak Antoni degli Skiantos, fu scelto per come si prendeva gioco del creativo narcisista in preda a tormenti esistenziali, figura forse un po’ autobiografica ma sempre di grande attualità. Fu realizzato con il Solton Programmer 24, una tastiera arranger del 1985 che ho comprato dopo aver scoperto che ci avevano fatto Fotonovela di Ivan, uno dei classici della italo disco.
“Sciame” è il primo brano completamente originale. La musica è di Robotnick, il testo mio. Per un caso del destino entrai in contatto con Pasquale Panella e glielo inviai.
Panella, che per me è come l’oracolo di Delfi, mi rispose con una bella lettera in cui prima approvava e poi mi invitava – quasi intimava – di andare oltre, sottolineando l’importanza di schivare il consenso perché chi lo ottiene ne viene inevitabilmente abbattuto.
Di cosa parla Sciame? Del club visto dalla consolle? Di socialità meccanica? Di stati di coscienza alterati? Non ha importanza: la ricerca del senso è uno dei temibili tentacoli del consenso.