Cinque release in lunga distanza che hanno illuminato la parte finale dell’anno, rimpolpando la classica Top20 che in questo periodo stiam tutti mentalmente scorrendo. Alcuni li conoscerete già, altri forse li avevate saltati, in entrambi i casi vale la pena riprenderli, anche per riconfermare i nomi che si son mostrati più in forma nell’elettronica recente. A ognuno il proprio spazio, e sotto con gli streaming.
[title subtitle=”Deetron: l’irresistibile tentazione della cassa quadra”][/title]
In passato ci aveva dato le sue belle soddisfazioni con sferragliate techno belle dure, roba come “Velocity” o “Silk Cut” ci manda ancora ottimi ricordi e anche il suo precedente album “Twisted”, restava ben piantato nella specialità di casa. A questo giro, però, il condottiero svizzero ha voluto cimentarsi nella sfida più gettonata del momento, ossia produrre musica che sappia mostrare il lato robusto e verace della dance ma che sia anche capace di uscire fuori dalla nicchia del clubbing e magari sorridere al pubblico deo grandi numeri. E questo ai giorni nostri, checché se ne dica, può farlo solo la house. Siccome non esistono solo i Disclosure, Deetron ha pensato bene di coinvolgere una bella porzione di élite elettronica internazionale, coinvolgendo Cooly G, George Fitzgerald, Hercules And Love Affair e pure Seth Troxler. Senza paura. Figurati, se vengon fuori pezzi di così facile accessibilità come “Rhythm”.
[title subtitle=”Ryan Hemsworth è entrato nel giro”][/title]
Prima c’è stato il periodo in cui Ryan Hemsworth era “quel dj fuori dal giro che sfornava beats per l’accompagnamento rap”, aveva fatto quel disco con Shady Blaze che suona come molta trap di oggi ma non eran molti che l’avevano notato fuori dal Canada. Poi c’è stato il periodo degli EP, del rising di Pitchfork e l’intervista a RA, e il tutto improvvisamente sembrava uno di quei classici casi in cui l’ambiente americano spinge un po’ troppo fastidiosamente uno dei suoi prodotti (che nel frattempo faceva sì pezzi di livello, ma anche tamburate come “Gucci Anthem”). Ora che l’hype s’è un po’ sgonfiato, il buon Ryan finalmente sboccia e si inserisce definitivamente tra le file dei beatmakers post-Rustie e tira fuori un album scorrevolissimo, tra momenti d’atmosfera intelligente e i suoi noti flirt con l’hip-hop e l’R&B. Sembrerà strano, ma il nostro pezzo preferito appartiene alla seconda categoria e tecnicamente è uno dei meno sorprendenti. Però è perfetto. Che vuoi farci.
[title subtitle=”Tom Trago e quel basso elettronico che non muore mai”][/title]
Fate così, attaccate subito “Down Under” nello streaming qui sotto e sentitelo. Quel basso sembra così semplice, facile, altezzoso, ingessato. E invece, se usato con la maestria a cui state assistendo, è la cazzo di sensazione più viscerale e liberatoria che puoi provare all’interno dell’esperienza dance. Migliaia di dj han portato a casa la serata solo con questo, centinaia di produttori l’hanno eletto protagonista dei loro dischi, costruendo discografie su cui poi i critici han potuto avere orgasmi col tag “deep”. Tom Trago ha deciso di fargli l’altare: dieci tracce di stomaco da bava alla bocca, schiacci play e di colpo ti si sciolgono le ginocchia manco avessi l’interruttore dietro la schiena. Lui poi, in mezzo a tanti pasticcini house ci mette anche un vocoder spietato in “True Friends”, la “Jack Me” che parla da sola e una “The Elite” con un loop acidissimo che vorresti non finisse mai. Ma allora ti piace vincere facile.
https://soundcloud.com/rushhourrecords/4-down-under?in=rushhourrecords/sets/tom-trago-the-light-1
[title subtitle=”Gesaffelstein: la tenebra, le atmosfere, le mazzate”][/title]
È stato quello che ha preso e s’è portato a casa I Love Techno 2013, con una performance perfetta, un mix di tutto rispetto e un pubblico che era letteralmente ai suoi piedi. E il merito è tutto di quest’album, diventato in pochissimo tempo una sorta di culto moderno. Non a torto: Aleph ha tutto quel che deve avere un grande album techno in un periodo in cui i grandi album techno si vanno estinguendo. Ci sono le botte da orbi, le discese negli inferi, i momenti d’apertura atmosferica, ma soprattutto ci sono le idee, che vogliono mettersi in gioco e si impegnano a non somministrare la solita struttura arcinota come tutti. Qualcuno vi dirà che l’album techno di fine 2013 è quello degli Akkord, giusto per apparire ricercatori di lusso col naso ipersensibile. Noi non vogliamo apparire alcunché, vogliamo solo qualcosa che soddisfi sia le attese che i bisogni primordiali e Aleph lo abbracciamo senza venir assaliti da dubbi d’immagine. Per noi parlano pezzi come “Helifornia”.
http://www.youtube.com/watch?v=oELd67OWwSY
[title subtitle=”Eprom, l’avanguardia stabile dei beats intelligenti”][/title]
Se chiedeste al ragazzo di strada cos’è la trap, la prima cosa che gli verrà in mente sarà il trash-hop americano, le ballerine del twerking e l’Harlem Shake. Se invece lo chiedeste ad Eprom, vi risponderebbe che oggi la trap è la tavolozza bianca più stimolante dei tempi moderni, un ambiente clinicamente asettico in cui poter sviluppare le frontiere più avanzate che il beatmaking possa permetterti. Quello che fino a poco tempo fa era il wonky, insomma. Quando l’estate scorsa uscì quel pezzo di capolavoro che era “Metahuman”, di trap come la pensiamo adesso si era appena iniziato a parlare, i TNGHT su Warp non erano ancora arrivati e un pezzo come “Regis Chillbin“, con le sue vertigini, i suoi laser e il suo profilo astratto, aveva già conquistato le menti più affilate del settore (Machinedrum quello che s’è fatto notare di più col suo malatissimo remix). E con questo “Halflife” prosegue il percorso di scoperta del genietto bianco, con gli spazi di ricerca che si riempono di tensioni, sospetti, lamenti robotici, distorsioni urticanti e spunti melodici. Una specie di sinfonia corale del beat astratto, uno di quei dischi difficili, complessi, tipici di quando un artista di talento acquista coscienza dei propri mezzi e si mette in testa di spingersi oltre i confini del già sentito. E “Beasts Of Babylon” ormai è pezzo dell’anno, non si discute.