Ascoltare una compilation è come aprire una finestra. Dentro puoi trovarci un mondo di cui non conoscevi assolutamente nulla, oppure una prospettiva diversa di qualcosa che già sapevi, o ancora la sintesi suprema di quel che hai sempre amato. È un’esperienza fatta di mistero, attesa, scoperta, immersione, metamorfosi. Una pratica complessa, che può sorprenderti per la selezione, le idee, il coraggio o la tecnica. Insomma, è qualcosa in più di una semplice passione. Per qualcuno è più una religione. E siccome un buon adepto deve praticare la propria fede ogni giorno, noi di compile cerchiamo di perdercene il meno possibile. Non sai mai che ti sfugga qualche bomba. Ecco, questi sono tre mix-bomba recenti che fortunatamente non ci siamo persi. E non quel genere di mix house o techno che ascoltiamo di solito. Qualcosa di un po’ meno scontato. Qualcosa di insolito, singolare, fuori dal comune. Perfetto per #crumbs, appunto.
[title subtitle=”Warehouse Hardcore Anthems: la fine delle ricerche”][/title]
Si presume che tra noi nessuno sia sfuggito dalla classica fase rave, spesa a scoprire i pezzi e lo spirito del periodo più coperto di leggenda di tutta la storia elettronica. Anzi, è probabile che molti da questa fase non ne sono ancora usciti del tutto. Chi vi parla, a dirla tutta, rientra tra questi: per ragioni che sfuggono all’umana comprensione, ogni sei mesi circa torna dal nulla questo bisogno impellente di reimmergersi in quella storia, di respirarne di nuovo la ribellione, di sentirne la vera spinta innovativa. Cercare di rispondere a tale necessità ricorrente significa sì avere tra gli scaffali alcuni album chiave (e ci sono: Baby D, Altern 8, i primi Prodigy e via dicendo) ma anche non fermarsi finché non si è trovata la compilation definitiva. Ecco, è con infinita eccitazione che oggi vi diciamo che tale compila è arrivata, edita su Sony Music: “Warehouse Anthems: Old Skool, Hardcore, Breakbeat, Rave“. And Repeat, aggiungiamo noi. Tre dischi, 44 pezzi, quattro ore di musica in cui trovate solo la prima fase rave, quella dell’era jungle con ancora la fissa dell’acid, prima della d’n’b. Quella storicamente considerata la più fantasiosa, la più futuristica. Quella che ti fa sentire la quintessenza della guerra spaziale in atto a quei tempi, coi mille acidi ma col mood prevalentemente gioviale. Genio e positività. Tanti nomi noti, tutti i pezzi famosi che già vi immaginate più molte altre bombe tutte da scoprire. Tipo questa qui sotto, firmata Force Mass Motion. Headbanging libero.
[title subtitle=”Gli anni ’60, l’Indonesia, gli omicidi, DJ Rupture”][/title]
Adesso sentite questa storia: nel 2012 il regista Joshua Oppenheimer dirige un documentario sugli omicidi di massa avvenuti in Indonesia negli anni ’60, raffigurandoli in una particolare maniera teatrale e ottenendo una candidatura all’Oscar come miglior documentario. Sembra una di quelle pellicole da cinema d’essai che andrebbero a vedere i soliti quattro malati di cinema alternativo, non certamente qualcosa che scateni la passione di un DJ. A meno che non ti chiami DJ Rupture, hai eclettismo da vendere e la legittima voglia di non nasconderlo. Il capacissimo producer newyorkese ha lavorato di ricerca raccogliendo i pezzi folk, rock e psichedelici di quegli anni, ha inserito estratti dai poemi di Wiji Thukul, poeta e attivista locale di quel periodo, e ha mixato il tutto nel tentativo di ricreare il fermento artistico del tempo e aprire ancora una volta gli occhi sui genocidi che ancora oggi accadono sotto la generale indifferenza di molti. L’ascolto è una specie di viaggio allucinato in un territorio completamente diverso dal nostro, che proprio per questo ti fa rizzare le antenne più del solito. E Rupture è un grandissimo. Punto.
[title subtitle=”Elijah & Skilliam: ballare col nuovo grime”][/title]
Se siete appassionati di grime, è probabile che negli ultimi tempi vi ritroviate un po’ confusi dagli eventi. L’ultimo paio d’anni ha visto il genere mutare secondo diversi livelli di cambiamento, i critici musicali han provato a mettere ordine in una matassa già abbastanza confusa inventandosi nuove definizioni di utilità ancora da verificare, tipo neo-eski o r’n’g e nel calderone son stati inseriti artisti dal sound molto diverso come Wen, Logos o Sd Laika. Se avete dunque bisogno di un quadro onesto, realistico e ben approfondito, vi consigliamo questo bell’articolo su RA di fine 2013, che riepiloga con buon piglio un po’ tutto. Oppure possiamo dirvi noi brevemente che sta succedendo: fondamentalmente gli artisti hanno gradualmente abbandonato la parte rappata e stanno approfondendo il grime strumentale, si sono generalmente aperti a influenze da più parti, alcuni più esplicitamente dance, altri più squisitamente bass, e in tutto questo alcuni artisti chiave hanno semplicemente iniziato a fare qualcosa di ben diverso, venendo però ancora inclusi in tale macrogenere. Se la confusione resta, però, c’è ora una soluzione definitiva: FabricLive.75 di Elijah & Skilliam. Due colonne della programmazione Rinse FM (che resta ancora il riferimento principale per il grime londinese, almeno quello dance-oriented) tornati su mix dopo il bel Rinse:17 di fine 2011, con un volume FabricLive che oggi rappresenta il miglior punto d’accesso ai fermenti di genere degli ultimi tempi. Tanta, tanta Londra in una tracklist che esplora il lato più fighetto e danzereccio di un genere una volta oscuro, sporco e antisociale. Tempi che cambiano, musiche che si fanno più dirette e, invece di invecchiare, capita anche che ringiovaniscano. C’è da goderne di brutto, a maggior ragione se nel frattempo i critici più conservatori continueranno a ritagliarsi la propria fetta di grime di culto eleggendo due dischi bass l’anno come capolavori moderni. Ma questa è un’altra storia.