Oggi ci rivolgiamo ai dj e artisti elettronici alle prese con una pratica consolidata dei tempi odierni: ragazzi, non sembra ma credeteci, questo #crumbs è per voi. Noi vi capiamo. Sappiamo che c’è sempre qualcuno nel vostro management che insiste, dicendovi che il video oggi è una cosa necessaria (detto tra noi, hanno abbastanza ragione) e sappiamo che voi non fate salti di gioia al momento di passare alla dimensione visiva, la trovate una scomoda tappa da affrontare controvoglia. Capiamo tutto. Ma vi preghiamo, se il risultato dev’essere quello che vediamo qui oggi, molto meglio un secco “no” anticonformista e apparentemente controproducente. Perché internet non perdona, i prodotti multimediali restano a lungo e le vostre son tracce valide, spesso vere bombe, e non meritano di finire accostati a clip così visivamente brutti, vittime di un così cattivo gusto estetico. D’altronde siamo qui per la musica, in giro è pieno di piattaforme streaming che fanno più o meno bene il loro dovere. E guardando diversi video in giro per il web la domanda nasce spontanea: era proprio necessario? Non sapete che internet è un ambiente difficile e al primo passo falso scattano le prese in giro e i tag caustici? Ecco, è questo che accade. Uno guarda certi vostri video e il tag scatta automatico: #soundcloudwasenough. Ma davvero. Pensateci bene.
[title subtitle=”I professionisti dell’inguardabile: la Cómeme”][/title]
Ok, fa brutto dirlo ma ci tocca ammetterlo: quando abbiamo iniziato a raccogliere il materiale per questo crumbs, la prima cosa che ci è venuta in mente è andare a vedere gli ultimi aggiornamenti offerti da una label che puntualmente, regolarmente si ostina a prendere le tracce cardine dei propri bravi artisti e pubblicarli in video visivamente imbarazzanti. Cómeme Records. Orgogliosamente famosa per la sua inimitabile latin body music. Un po’ meno orgogliosamente per aver pubblicato uno dei video più brutti della storia recente, quel “Guerrero” prolungato, insistito, per colpa del quale di Rebolledo ridono ancora in molti, nonostante cinque anni di distanza. E la cosa peggiore è che non è stato un caso isolato. È una sequenza regolare, diamine, tempestata di enormi punti interrogativi, di una costanza impressionante. Matias Aguayo. Philipp Gorbachev. Carisma, ragazzi, guardate qui. In qualsiasi momento, andate nella loro pagina youtube e siatene certi, ci sarà un video uscito recentemente e saranno ancora soddisfazioni. Oggi l’ultimo è ancora di Gorbachev. Pezzo estratto dall’ultimo album, video fatto di riprese di balletti delle culture locali e immagini turistiche di canali cittadini. Pure la qualità video di una vecchia fotocamera, cazzo. Questa è proprio perseveranza.
[title subtitle=”La direzione giusta coi mezzi sbagliati: Maceo Plex”][/title]
Maceo Plex, mannaggia a te. Tu fai tech-house, tra l’altro di quella robusta e intrigante, in grado di legittimarsi da sola. Tu i tuoi pezzi dovresti solo buttarli in vinile e lasciare che i dj ne prendano tutti. Al video tu puoi dire tranquillamente ‘no’. Non eri obbligato, e questa è un’aggravante non da poco. Hai fatto un pezzo come “Conjure Superstar”, che funziona alla perfezione, che va a braccetto con la pista ma è ripulito a sufficienza per l’ascolto più generalista. Cosa cacchio c’entra un clip ripreso dallo smartphone nel quale non si capisce niente, confuso e caotico, una specie di via di mezzo malata tra Trainspotting, “Hey Boy Hey Girl” e Hostel? Perché accostare immagini tanto sgradevoli e difficili da seguire, se lo spirito del tuo pezzo si fonda in realtà su una piacevolezza che è agli antipodi? È questo che ci fa impazzire. Ti avranno sicuramente suggerito male, ma visto il risultato complessivo un paio di domande ti tocca fartele. Musicalmente parlando, ti stai avvicinando benissimo all’immagine pronta per un salto di qualità e di fruizione. Ora trovati un regista consono a questa direzione, e vedi di far presto.
[title subtitle=”Otto Von Schirach, il virtuoso swag”][/title]
Otto von Schirach no, lui è uno fuori categoria. Tutte le follie musicali fatte negli ultimi quindici anni dentro quel calderone elettrico che è la miami bass gli han valso uno status di piccola leggenda, e oggi come oggi alla Monkeytown lui è la gustosissima mela marcia. È l’uomo pazzo che tutti vogliono e che trasforma ogni cosa in un Picasso, per cui da lui non ci aspettiamo alcun video canonico. Quello di “Tipo Tropical”, in fondo, rientra perfettamente nel personaggio: c’è lui che fa la sagoma, il Bubba nero nei panni del boss, la valigetta del trafficante, l’inseguimento in motoscafo e la bruna che ancheggia. È l’apoteosi dello stereotipo e la sintesi dell’intera sottocultura swag di oggi, giusto ripulita dagli eccessi tamarri e ricontestualizzata nel contesto America centrale. Non è esattamente inguardabile, diciamo. Ci vuole solo una sviluppata tolleranza verso i prodotti della nuova generazione e poi ti pare quasi un video di qualità superiore. Occhiali da sole e balletti a parte.
[title subtitle=”GusGus: ok esser diversi, ma c’è modo e modo”][/title]
Noi quest’anno i GusGus mica li abbiamo capiti. Han tirato fuori il loro album perfetto, la sintesi definitiva tra le loro due anime migliori, quella elegante e quella pop. Non serviva nient’altro. O meglio, un paio di video ci volevano per amplificare l’effetto dell’album e far sì che la voce arrivasse a tutti. Video normali, ragazzi. Non la coppia di obbrobbi che son stati “Crossfade” e “Obnoxiously Sexual“. Il primo è qui sotto, ambientato in una piscina malandata, una sequenza di immagini statiche di dubbio gusto estetico, tra corpi nudi e strambi abbracci. L’immaginario scandinavo è sempre stato diverso, no? Vogliamo dire che questo è così diverso che non l’abbiamo capito? No, spiacenti, il piacevole all’occhio non richiede analisi e comprensione. Esteticamente, quando una cosa è brutta è brutta.