Sempre per la serie “non perdiamoci le briciole”. Ci son diverse compilation uscite dall’inizio dell’anno che possono rispondere ai nostri bisogni sonori, in mezzo alle centinaia di uscite che vorremmo ascoltare ogni giorno, e il rischio di perdersi per strada quelle davvero valide c’è. Ma #crumbs serve proprio a questo: a riprendere quel che forse abbiam trascurato e che invece merita un recupero. Come in questo caso, riguardo tre compilation che regalano piaceri non da poco, tutte uscite nel 2014. Siete liberi di passare avanti e proseguire l’inseguimento delle nuove uscite in qualsiasi momento, ma se queste ve le siete perse, vi suggeriamo caldamente di fermarvi un attimo e ascoltarle per bene. Non sarà di sicuro tempo sprecato.
[title subtitle=”Elaste Vol. 4: il paradiso dei cultori”][/title]
Da innamorati possiamo dirlo: Elaste è una delle serie più fighe che esistano. È prima di tutto l’intenzione a essere eccitante, l’idea di dar gloria a quei momenti storici di grande mutazione musicale, chiedendo a un esperto di selezionare per i comuni mortali le tracce nascoste, i pezzi meno noti che prima degli altri hanno anticipato i tempi verso ciò che poi abbiamo amato di cuore. Dopo gli scorsi tre capitoli dedicati a cosmica e proto-disco, stavolta tocca all’ex Zombie Nation Dompteur Mooner raccontare quello che lui chiama “vintage futurism“: la collezione dei momenti più anticipatori e visionari della storia disco/house/techno. Alla faccia dei timori. L’esempio più lampante fatto da lui stesso è “Raga Madhuvanti” di Charanjit Singh, traccia numero 1 della compila. Un pezzo acid house. Peccato sia datato 1982, ossia cinque anni prima dell’anno di nascita convenzionale. Noi aggiungiamo solo che dentro ci troverete nomi premonitori di lusso come Larry Heard, Cybotron e Larry Levan e pezzi da orgasmo tantrico ininterrotto come l’edit su “Heavy Hitter” di Barbara Norris (la house senza coordinate temporali), “The End” dei Change (staccatevi da quel loop disco) e “Remember” di Gino Soccio (radice quadrata di new wave). Tutta roba per veri cultori, da ripassarsi minimo una volta al mese.
[title subtitle=”50WEAPONSRMX01-09, certi piaceri non vanno perduti”][/title]
Quel che esalta dei remix abbiam provato a riassumerlo nella nostra recente selezione storica: è l’idea di cambiare le carte in tavola, trovare un seme da coltivare in un pezzo che apparentemente non aveva segreti, sviluppare un’attitudine estranea su una base proveniente da altre ispirazioni. Son le cose che ci fanno amare i remix, e son le cose che ci tengono gli occhi bene aperti quando arrivano proposte come queste. “50WEAPONSRMX01-09” ti consente prima di tutto di avere una visione d’insieme di quel che ha rappresentato negli anni la sublabel della Monkeytown, riconoscendo dunque la doppia identità fatta di uno zoccolo duro sempre più techno e di interessi liberi verso i talenti alternativi della scena. E poi, ovviamente, ti permette di godere di alcune bellezze particolari pubblicate negli anni dalla label berlinese. L’apice per noi resta ancora Addison Groove/Headhunter che rifa “A New Error” distruggendone ogni armonia e mortificandone la leggerezza in cambio di pesante cattiveria dub. A voi identificare la vostra preferenza.
http://youtu.be/yo8bOe-7v34
[title subtitle=”Crosstown Rebels, dieci anni di alta fedeltà”][/title]
Son bastati tre dischi alla Crosstown Rebels per sintetizzare in compilation dieci anni di attività. Dieci anni in cui la label londinese ha saputo sviluppare un’identità riconoscibile e rimanergli fedele anche mentre i tempi cambiavano. La tipica strategia che paga a lungo termine e che mantiene forte il legame col proprio pubblico, mentre le mode vanno e vengono. 34 tracce che esplorano tutta la profondità che la loro house ha avuto negli anni, con quel suo profilo maturo, quel potenziale sempre spendibile in pista ma mai limitato esclusivamente a quello, con un’attitudine da ascolto venuta fuori soprattutto in tempi recenti grazie ai lavori di Deniz Kurtel, Amirali o Art Department. I nomi storici ovviamente ci sono tutti e il piacere di scorrersi tre ore tra Jamie Jones, Maceo Plex, Soul Clap, Mathew Jonson e Seth Troxler, con in mezzo tutto quello che magari non conoscevi, è appagante. Sono quei momenti in cui anche tu fai il bilancio dei tuoi ultimi dieci anni da ascoltatore, mentre combatti con la preoccupante sensazione che il tempo passi troppo in fretta.