Ventidue anni di vita e diventare uno degli artisti più interessanti del grande mercato mondiale della musica elettronica. Probabilmente David August, neanche dieci anni fa, sognava di diventare pilota, calciatore o nel più classico dei casi pompiere, ma la vita gli ha riservato un destino indubbiamente meno consueto ma non per questo (ed i fatti parlano chiaro) di minor popolarità. Il suo 2013 si apre con un doppio vinile che è molto più di un LP. Malinconico, elettronico e di una fattura così pesante (per chi ve ne parla) da vacillare e dubitare anche al solo pensiero che ad una età così precoce qualcuno possa realizzarlo. August annulla tutti i gigs durante l’intero anno e mezzo di preparazione di “Times” e arriva al completamento di quattordici brani che sono l’essenza e la fanatica dedizione al suo amore per un genere musicale (comprensivo di svariate sfaccettature) difficile da inquadrare. Prodotto non da una label-friend dell’amico fraterno di turno, non per contropartita di una gig futura, non per l’ingresso (se ancora ce ne fosse bisogno) in una delle celebri agency del mondo underground/elettronico ma, al contrario, puramente per bravura. David August e Diynamic, formando un binomio agghiacciante (esattamente come la schiena e il brivido), ci regalano un lavoro che di certo non è comune trovare in negozio, sotto qualunque formato. La cosa più difficile per un produttore dicono sia rilasciare il primo album. Intendiamoci, tutti possono rilasciare il primo album – oggi probabilmente si rilasciano più debut-album che debutti stessi – ma pochi lo sanno fare. “Times” esplora tutti i livelli di ascolto e ci si adatta perfettamente: club, dancefloor, salotto e cuffia sono alcune delle cornici in cui questo gran lavoro trova la sua forma migliore. Suono maturo ed emotivo, quasi da veterano, per un giovane prodigio (almeno in studio) che già si era imposto al pubblico con il remix per Flight Facilities di “With You”.
“Help Me Through”, titolo del brano di apertura, ha tutte le carte in regola per essere colonna sonora di un film post apocalittico. “For Eternity”, “Phenomena”, “Anthem” e la nuda “Consolation 1” regalano sensazioni inquietanti che si evidenziano in tutti i quattordici brani proposti da David August che, nella complessità del suo lavoro, segue una stesura molto lenta (dunque non aspettatevi killer tracks nell’album perché non ci sono). Interessante e notevole scelta da parte del giovane tedesco e lungimiranza (vedremo) degli owners Adriano Trolio e Solomun che ne producono il risultato. Solitamente i produttori, così come le labels, tendono a confezionare l’album in base a due/tre tracce da club ben riuscite e anche l’out su Diynamic Records potrebbe portare a credere in questa eventualità, ma August, ovviamente, si allontana estremamente da questo concetto.
“Until We Shine” con la voce di Yvy, “I Don’t Care About Your Goal” ed “Hommage” featuring Wanja alzano di qualche punto la velocità delle atmosfere; “Blossom” è forse ciò che più si avvicina ad un qualcosa che possa essere proposto on-stage, una tra le più belle di tutto l’album di cui l’accompagnamento, personalmente, ricorda un paio di accordi di un certo “Amelie on Ice” (2002) su Mental Groove. Ben bilanciato e unito alla piano-line abituale di David potrebbe essere accostato a “Keep Me There” di Jaar. Da “Velvet”, decima track position dell’album, passando per “Watch Your Step” e “Voices From The Dust” rientriamo nel mood-slow iniziale prima di chiudere definitivamente la giostra di questo esordio di altissimo livello con i break-beat di “Forgive Me If I Bleed”.
“Times” ha un’anima profonda unita ad una saggia composizione e stesura totale. E’ ben prodotto ed equilibrato nell’arco totale dei suoi minuti. Riuscire a comprimere tutti questi aspetti in un emozionante primo album è un passo di assoluta bravura anche per un produttore affermato come David August. Non mi resta che gustarmi “Times” anche sotto la doccia, aspettando di vederne i risultati dall’8 Aprile prossimo, data di pubblicazione su Diynamic. “I wanted to combine all my musical experience in my debut”, credo proprio ci sia riuscito.