[tabgroup layout=”horizontal”]
[tab title=”Italiano”]Formato dall’elettronica underground degli anni ’90 di Londra, città in cui è nato e cresciuto, plasmato dall’avvento dei suoni garage e dalle arrembanti melodie drum’n’bass, Dax J è uno di quelli che ha inseguito il suo “io” a lungo senza aver mai avuto la fretta di trovarlo ad ogni costo; ricercando nuovi suoni, imparando ad ascoltare quelli degli altri e a trovare ispirazione da tutto ciò che lo circonda, in giro per il mondo, nei club, relazionandosi con le persone accanto a lui o semplicemente guardando il sole che splende fuori dalla finestra del suo studio. “Shades of Black”, il suo primo album da solista rilasciato nel 2015 sulla sua label Monnom Black, ha riscontrato così tanto successo che l’ha consacrato come uno dei dj dell’anno, e il suo ultimo EP uscito a inizio marzo, “The Invisible Man”, contiene alcune delle tracce più suonate dai big del momento. Ma come si arriva alla consacrazione? L’abbiamo incontrato in un bar a Friedrichshain, Berlino, vicino al suo studio, per farcelo raccontare e ne è uscita una chiacchierata che ripercorre tutto il suo cammino artistico; dal giorno del suo primo disco acquistato fino ad oggi e con un piccolo sguardo all’imminente futuro.
Nell’ultimo periodo, sei stato spesso chiamato a suonare in Italia. Cosa ne pensi della scena italiana? C’è qualcosa che ti piace o non ti piace in particolare?
Be’, onestamente amo suonare in Italia; specialmente per il pubblico. La folla è sempre stupefacente! Sono sempre tutti molto allegri e passionali nei confronti della musica e mi motivano sempre tantissimo a fare del mio meglio! Ho ottimi ricordi specialmente della mia ultima gig a Milano lo scorso 25 Febbraio, la gente del posto era davvero fantastica. Poi ovviamente ci sono anche tante altre cose che amo del venire a suonare in Italia, il cibo ad esempio (ride)…ma in primis metto senza dubbio il pubblico.
E dei dj e produttori invece cosa ne pensi? C’è qualcuno che stimi particolarmente o con cui senti di avere maggiori affinità?
Credo che in questo momento la scena italiana sia davvero forte e importante in generale; ci sono davvero tanti artisti italiani che fanno musica fantastica, e la cosa bella è che ce ne sono in ogni genere. Techno pura, industrial, influenze Detroit, deep, old school. Conosco molti di loro, e li stimo ognuno. Probabilmente oggi un’altra scena cosi forte e qualitativa a livello artistico come quella italiana non c’è. Quando suono in Italia poi, ci sono sempre produttori che mi consegnano i loro cd e i loro lavori, che mi parlano dei loro studi, dei loro macchinari. Sembra che in Italia tutto riguardi la techno!
Molti dei nostri migliori talenti, produttori e dj, sono stati spesso costretti ed emigrare in Germania, vedi Berlino, o in altri posti dove il loro talento viene maggiormente riconosciuto che tra le mura di casa. Tu, che sei originario di Londra, una città in cui c’è un movimento molto vivo e in continua evoluzione, cosa ti ha portato a Berlino?
Penso che il fattore principale che porti molti dj a trasferirsi qui dall’Italia o da qualunque altro paese, sia che Berlino è la casa della techno ora come ora e quindi qui è più facile essere circondato dalla musica, dagli artisti e dai club. Io personalmente poi, ho deciso di trasferirmi qui anche per altri motivi. In primis, amo viaggiare. Sono un viaggiatore nato; ho vissuto in molti altri paesi prima di Berlino, e mai per periodi di tempo troppo lunghi. Quindi, questo trasferimento è anche un’esperienza di vita, lo scoprire e imparare una nuova cultura. Un fattore molto rilevante poi, sono i soldi. Londra è esageratamente cara; e vivere qui è decisamente più facile e meno stressante; non hai bisogno di preoccuparti troppo riguardo al denaro perché è tutto abbastanza economico! Qui puoi fare cose al costo di un quarto di quello che pagheresti per farle a Londra. E parlo anche delle piccole cose, anche solo prendere il treno per andare in aeroporto prima di una gig. Inoltre, ho scoperto poi solo una volta vivendo qui, una cosa bellissima che non avevo assolutamente calcolato prima di partire. Il tempo qui, è molto migliore rispetto a quello di Londra.
Be’ si, specialmente d’estate…
Esatto! A Londra l’estate dura circa due settimane! Qui da giugno ad agosto le giornate sono lunghissime, c’è il sole, non piove praticamente mai e tutto ciò mi rilassa.
Il tuo arrivo a Berlino è coinciso con un forte periodo di ispirazione per te, che nel corso dell’ultimo anno e mezzo infatti, ti ha portato a rilasciare molti EP e il tuo primo album da solista, “Shades of Black”, sulla Monnom Black, label di cui sei owner. Quanto Berlino ha influito sulla tua produttività?
Si, onestamente ho vissuto un forte periodo di ispirazione non appena arrivato qui. Anche solo andare per club è stato molto importante per trovare la giusta ispirazione. Il vibe del Berghain ad esempio, è impressionante! Non lo avevo mai trovato in nessun altro club in nessun’altra parte del mondo… Poi, più in generale vivere qui è più rilassante; non sono mai davvero troppo occupato nel fare troppe cose tutte insieme e questo mi ha aiutato e mi aiuta tutt’ora a scrivere i miei lavori.
La vita a Londra è un bel po’ più caotica, no?
Si, decisamente tutto va più veloce e c’è più stress. Poi io amo il mio studio qui, e anche tutta la zona che lo circonda. E’ una grande stanza, con una finestra enorme, e questo mi permette di guardare fuori, di essere più rilassato…anche queste cose aiutano a trovare ispirazione.
“Shades of Black”, è il tuo lavoro più completo, più intimo, che meglio fa capire agli ascoltatori chi è Dax J, rendendo più chiaro il tuo stile. Possiamo ritenere questo album come il risultato finale della tua evoluzione musicale?
Si, sicuramente lo è ed anche per questo ho aspettato un bel po’ prima di farlo. Volevo sentirmi pronto, volevo aver percorso un cammino completo dai tempi che ascoltavo la jungle, l’acid, la drum ‘n’ bass da bambino ad oggi; ma sinceramente alla fine credo di aver scelto il momento giusto per farlo.
Musicalmente parlando, dove e come sei nato come artista? Quando è stata la prima volta che hai messo le mani su un giradischi, e da quali tendenze musicali sei stato maggiormente influenzato?
La prima musica che ho ascoltato è stata underground elettronica; in particolare, come ho detto prima, la garage, la jungle, la drum ‘n’ bass. Musica nata ed evoluta a Londra in quegli anni; io credo avessi più o meno 13 anni. Ancora oggi, la sento scorrere nel mio sangue! Ci sono cresciuto e non mi abbandonerà mai; ne sarò per sempre influenzato. E’ come quando si impara ad andare in bicicletta da bambini; puoi smettere di andarci per molti anni ma poi il giorno che riprenderai la bici pedalerai di nuovo come se non avessi mai smesso di farlo da quel giorno, perché ormai tutto ciò è dentro di te. Ricordo che nel periodo della scuola con dei miei compagni amavamo scoprire e ricercare le nuove stazioni radio pirata; le registravamo la sera e poi portavamo le cassette a scuola per riascoltarle durante la ricreazione. Passavamo la giornata a parlare delle nuove stazioni scoperte e dei nuovi dj set ascoltati. Il top, era la domenica sera tra e 20.00 e le 22.00; c’era la “kool fm” per esempio che a quell’ora ti faceva ascoltare i migliori dj drum’n’bass di quei tempi. Tutto ciò era fantastico, mi ha influenzato tantissimo.
Uno che ti ha influenzato maggiormente? Più degli altri?
Non lo so, ce ne sono tantissimi ma uno su tutti forse è CJ Bolland. Amo ogni cosa che ha fatto e mi ha sempre ispirato e influenzato davvero tantissimo.
E il primo disco che hai comprato? Magari ti ricordi qual è…
Si, lo ricordo. Era un disco drum ‘n bass uscito sulla Ram Records dei Moving Fusion intitolato “Turbulence”.
E dal giorno che hai comprato quel tuo primo disco, credi sia cambiato molto il panorama della musica elettronica? In meglio, o in peggio?
Credo che oggi siano cambiate molte cose da quel giorno; forse decisamente in meglio, forse decisamente in peggio ma non posso essere io a stabilirlo. Quando ho iniziato a fare il dj per club, si suonava solo vinile, si compravano solo i dischi. Non c’era internet, non c’erano cdj, non c’erano chiavette… di conseguenza la musica era diversa, e suonava anche diversamente! Oggi c’è una dj revolution in corso, si fa musica in tanti modi differenti ma non posso dire se oggi sia meglio oppure no. Ci saranno sempre persone che diranno che “prima” era meglio, come probabilmente tra qualche anno ci saranno quelli che diranno che questo periodo era meglio degli anni che starano vivendo; ma questa è una costante dell’essere umano. Questi discorsi ci saranno sempre e non finiranno mai.
Secondo te, quanto il panorama musicale cambia in base alle mode? Sei originario di Londra, hai trascorso due stagioni a Ibiza, e ora vivi a Berlino. Quanto cambiano i clubbers di anno in anno, di posto in posto?
I clubbers, la musica, i club ovviamente tutto cambia anche in base alle mode, ma non solo! Però per esempio l’avvento di internet è un fattore importante da considerare; ora la musica è a portata di tutti; con Youtube, SoundCloud, Facebook si può sentire tutta la musica del pianeta con un semplice click e seguire qualsiasi artista si voglia. Prima, tutto ciò era un po’ più difficile, la musica rimaneva un po’ più di nicchia e andava ricercata maggiormente.
Nel tuo caso specifico, l’avvicendamento delle mode e delle varie correnti musicali, è stato un bene o un male? Ti senti influenzato dalle richieste di mercato, o preferisci proporre sempre e comunque quel che è il tuo stile?
Onestamente, penso che ogni artista debba seguire il proprio cuore e la propria ispirazione. Seguire il mercato, le mode, non può che essere un fattore negativo per un Dj, perché se si adatterà a quello che vogliono gli altri, e non mostrerà più davvero quello che è se stesso, perderà la propria originalità e tutti i valori che invece avrebbero potuto distinguerlo dagli altri.
“Wir Leben Fuer Die Nacht” è la traccia numero 3 del tuo nuovo EP su Monnom “The Invisible Man”, uscito il 3 marzo, e già da tempo è una delle tracce più suonate dai tuoi colleghi. Dov’è la differenza tra una traccia commerciale, scritta per essere commerciale, e una “underground” che invece diventa una hit, – e che purtroppo a volte rischia di diventare commerciale – ?
Credo che nella techno non ci siano artisti che decidano di scrivere una traccia appositamente per farla essere numero 1di Beatport; questo perché in fondo penso che nessuno sia in grado di prevedere se una traccia piacerà o no. Credo che se una traccia diventi tanto famosa, è semplicemente perché in molti la suonano, perché dunque ha riscontri positivi con il pubblico, e dunque è fatta bene, ha fatto centro. Tutto ciò comunque penso avvenga in maniera del tutto naturale. Per esempio, poco prima di rilasciare il mio primo EP sulla mia label Monnom Black, interrogavo me stesso su quale sarebbe stata la traccia che la gente avrebbe apprezzato di più, quella che avrebbe riscontrato maggior successo. “Forse questa; quest’altra no perché è troppo dura, questa sicuramente no” mi dicevo, e alla fine decisi di non pubblicare tracce che invece oggi pubblicherei. Ora ho realizzato che tutto questo è sbagliato, non bisogna lasciarsi influenzare da nessun altro fattore se non da ciò che piace in primis a noi stessi, dal proprio gusto, seguire il proprio sound, il proprio cuore e non la moda. E soprattutto credere in se stessi!
Quali sono i software e i macchinari che usi maggiormente per produrre la tua musica? Cosa pensi dell’eterno, della lotta “Analogico/Digitale”?
Uso molti hardware… Juno106, Roland D-50, TR-8, 303, Drum Machine…ne ho davvero molte ma uso anche qualche software! Questo per dire che non mi importa molto come la musica viene fatta dagli altri, se “suona bene” ed è fatta bene, non mi importa sapere come si è arrivati al risultato finale. Penso solo però che le macchine riescano a dare un suono più “forte”, e amo toccarle e smanettarle.
Hai mai pensato di produrre anche un altro tipo di musica? Non so, ora va molto di moda rilasciare album ambient…
Si, ho già fatto molte cose di questo tipo perché mi diverte molto farlo. Alcune le ho fatte uscire, la maggior parte no ma nel mio ultimo EP c’è un intro che è solo “soundscapes” registrato insieme a una ragazza taiwanese che vive a Berlino che parla in taiwanese in un vocal, e mi è piaciuto tantissimo a farlo. Poi, nel passato ho anche fatto tanta tanta roba garage e drum’n’bass.
A fine giugno 2016 suonerai all’Awakenings festival, e sicuramente sarai emozionato per essere nella line up di uno dei maggiori festival europei. Altri obiettivi per l’anno corrente?
Sono veramente felice ed eccitato di essere in line up all’Awakenings perché tutti i miei amici che ci sono stati mi hanno detto che è davvero un grande festival, organizzato alla perfezione e con della bella gente. Sarà durante l’estate, ci sarà bel tempo, un bel mood e questo mi motiva. Altri obiettivi ovviamente ci sono, quelli ci sono sempre e non devono mancare mai. Ho alcuni progetti in testa che vorrei realizzare e staremo a vedere se ce la farò nel corso dell’anno.[/tab]
[tab title=”English”]Coming from the electronic underground music of the 90’s in London, the city where he was born, shaped by the advent of garage sounds and Drum’n’Bass, Dax J is one of those who found his “Style” naturally without ever having the rush to find it; looking for new sounds, learning to listen to those of others and finding inspiration from everything around him, around the world, in clubs, engaging with the people next to him or just watching the sun shining out the window of his studio. “Shades of Black”, his first solo album released on his label “Monnom Black” in 2015, found so much positive feedback, being considered one of the DJ’s of the year, and his latest EP released in early March, “The Invisible Man” contains some of the most played tracks from the biggest artists at this time. But how do you get the consecration? We met him in a bar in Friedrichshain, Berlin, close to his studio, to let him tell us that and it came out over a chat that covers his entire artistic career; since his first record purchased to date and with a little look to the imminent future.
Lately you have been very often called to play in Italy. What do you think about Italian scene?
Yes, I love to play in Italy, especially because of the crowd! They’re always very happy and passionate about the music and they always motivate me a lot to play the best I can! I have such good memories, especially from my last gig in Milan, the people there were really fantastic. Then of course there also many other things I love about coming to play in Italy; the food of course for example (laughs)…but first and foremost I put no doubt the crowd.
And what do you think of the Italian DJs and producers? Is there someone who you esteem particularly or with whom you feel to have more affinity?
I think the Italian scene is really strong right now. There are so many artists who make great music, and in all different genres, industrial, Detroit influences, deep, old stuff. I know many of them and I respect them all. Probably today there isn’t any other scene so strong and qualitative artistically scene like the Italian one. When I play in Italy, there are always many producers who give me their cds, their works, who tell me about their studio and their machines. It seems like in Italy everything is definatley about techno!
Many of our best talents are often forced to emigrate abroad, to Berlin for example, or other places where their talent is more widely recognized that at home’s walls. You are native of London, a city where there is a strong and a non-stop evolving movement, so why did you bring yourself to Berlin?
I think the main reason that leads many DJs to move here from Italy or any other country, is that Berlin is the home of techno right now, and here it is easy to be surrounded by the music, by artists and clubs. I personally decided to move here for other reasons also. First, I love traveling. I am a born traveler; I have lived in many other countries before Berlin, but it was never for too long a time. So, this moving is a life experience for me, to discover, live and to learn a new culture, and to stay somewhere for an extended period of time is something I always wanted to experience. A very important reason is the money also. London is outrageously expensive; and living here is much easier and a lot less stressful; you do not need to be worried too much about money because everything is pretty cheap! Here you can do things at a cost of a quarter of what you would pay for in London. And I also mean the little things, like taking the train to go to the airport before a gig, it is so cheap here than doing the same in London. Then, I later found out since living here, a beautiful thing that I hadn’t considered before moving. The weather here, it is so much better here than in London. That was a nice surprise!
Oh yes, especially during the summer…
Exactly! In London, the summer lasts about two weeks! Here from June to August the days are very long, the sunshines, no rain and all this helps me to live a nice comfortable happy lifestyle here.
Your arrival in Berlin coincided with a period of strong inspiration for you that over the last year and a half in fact, has led you to release several EPs and your first solo album, “Shades of Black”, on Monnom Black, your own label. How has Berlin affected your productivity?
Yes, I found a lot of inspiration when I just came here especially when going to the clubs. Berghain’s vibe for example is just amazing! I have never found that atmosphere in any other club anywhere else in the world… Then, more generally living here is more relaxing; I am never really too busy and stressed because of the calmness of the city, and this has helped me and still helps me to write my music.
“Shades of Black”, it is your more complete work, the most intimate one, which lets the listeners understand better who you are, making more clear your style. Do you feel this album is an end result of your musical evolution?
Yes, it is, I waited quite a while before doing it. I wanted to feel ready and to cover a full path from the time when I was young and I listened to Jungle, acid, drum ‘n bass to date; and I guess I picked the right time to do it.
Musically speaking, how and where were you born as an artist? When was the first time you put your hands on a turntable, and which musical trends have you been most influenced?
The first Underground style of music that I listened to was as I said before, Garage, Jungle and Drum ‘n’ Bass; music which was born in London in those years. I guess I was 13 when I discovered it all. Even today, I feel that music coursing through my veins! I grew up with it and it won’t ever leave me alone; I’ll be forever influenced from it. It’s like when you learn to ride a bicycle by child you never foget; you can stop riding it for many years but then the day you start again its like you’ve never stopped. I remember, when I was at school, me and my classmates loved to discover and search for new pirate radio stations; we recorded them onto tapes in the evenings and then we took the tapes to school to listen to them again during lunchtimes. We spent the day talking about the new stations discovered and dj sets listened to. Some of the best radioshow times were on Sunday nights between 8pm and 10pm; on “Kool fm” you would be listening to the biggest drum’n’bass djs and MC’s from that era, then on Monday it would be the subject conversation at lunchtime. Everything was great, it influenced me a lot, still does.
Is there someone who influenced you the most in Techno?
I do not know, there are many artists who give me inspiration in Techno, but maybe one in particular is CJ Bolland. I love everything he has done and he has always inspired and influenced me a lot.
And the first record you bought? Maybe you remember which was it…
Yes, I remember, it was a drum ‘n’ bass record released on Ram Records by Moving Fusion called “Turbulence“.
And since the day you bought your first record, do you think the electronic music’s scene has changed much? For the better or for the worse?
I guess that today many things have changed since that day; perhaps significantly for the better, perhaps much worse but I can not be the one to tell it. When I started djing on radio and in clubs, I played only with vinyl, and bought only vinyl. There was no Internet, there were no CDJ, there were no pen-drive…and especially in the drum n bass scene, I think they were the last scene to adopt the digital revolution. Therefore the music was different, and it sounded different! Today there is a digital DJ revolution in constant progression, we make music in many different ways but I can not say if today is better or not. There will always be people who will say that “before” was better, as probably in a few years there will be those who will say that this time was better than the years that they’ll be experiencing; but this is a constant trait of the human mind. There will always be these opinions and it will never end, I think for every generation it’s the same feeling.
In your opinion, how has the musical scene changed according to the fashion? You are originally from London, you have spent two seasons in Ibiza, and now you are currently living in Berlin. How the clubbers change from year to year, from place to place?
The clubbers, the music, the clubs, of course many things have changed. For example, the Internet is an important factor to consider; now the music is available to everyone and it’s really easy to reach it. Using Youtube, SoundCloud, Facebook you can listen to all the music in the world with a simple click and follow any artist you want. Before, everything was a little bit harder, the music remained a bit more niche and it had to be more sought after.
In your opinion, the rotation of fashion and the various musical trends, is it good or bad? Do you feel influenced by market demands, or do you prefer to always stay with your own style?
I think every artist should follow his own heart for inspiration. Following the market trends, it can only be a negative factor for a DJ, because if you adapt yourself to be what the people want, not showing what you really are, you loose your originality and all the things that instead could let you be distinguished from others.
“Wir Leben Fur Die Nacht” is track number 3 of your new EP on Monnom Black “The Invisible Man”, released on March 3rd, and it is already one of the most played tracks from your colleagues. Where is the difference between a commercial track, written to be commercial, and an “underground” one which instead becomes a hit, – and unfortunately sometimes risks becoming commercial -?
I think that in our section of the techno scene there are not many artists who decide to write a track specifically to be number 1 of Beatport; this is because in the end I actually think that nobody is able to predict if the people will like a track or not in that commercial way. I believe that if a track becomes famous, it’s just because many djs are playing it, and it has a good reaction from the crowd, and thus it is done well, and it hits the mark. However I think everything should be done in a natural way and this is something I have learnt. When I released my first EP on “Monnom Black” a few years ago on my label, I was deciding which tracks to put on the EP, thinking to myself which tracks people would prefer. “Maybe they will like this one; and maybe not this track because it’s too hard.” In the end I left out a track that I really liked because I thought the people may not like it even though I did. Some time after that release I regreted the decision to leave that track out. And I learnt a valuable lesson after that, to not ever care about what people may think. To just follow my heart and gut, and to go with what feels right, following my own path. Above all you have to believe in yourself and most of the time your gut is always right.
What are the software and the hardwares you use to produce your music? What do you think about the eternal clichés of the struggle “Analog / Digital”?
I use many machines… Juno 106, Roland D50, TR8, 303, drum machines… I really have a lot, I also use software like Logic to record and arrange my music. If it “sounds good” and it’s done well, I don’t care how it was made. I just think, however, for me, that the machines are able to give a “strong” sound without having to do too much work to them, I find it easier to get good sounds off of them than from softynths, and I love to physically touch the machines, clicking a mouse just doesn’t do it for me.
Have you ever thought to produce other kinds of music? I do not know, now it is very fashionable to release an ambient album…
Yes, I have already done a lot of things like that, I really enjoy doing other styles, some of them get released, most not, on my new EP there is an intro that is a “soundscape” recorded with a Taiwanese girl living in Berlin who speaks a Taiwanese vocal, and I loved making that. In the past I have also made a lot of garage and drum’n’bass stuff.
At the end of June 2016 you will play at Awakenings festival, and surely you will be thrilled to be in the line up of one of the major European festivals. Other goals for this year?
Yes i’m really happy and excited to be on the line up at Awakenings because all my friends who were there before have told me it’s really a great festival, very well organized and with an up for it crowd. It will be during the summer, so it will be nice weather with lots of my friends and this excites me. There are other goals of course this year, I have some other projects that I’m working on, and we’ll see if I can make them happen, the only problem right now is time, I’m struggling to find the time in the studio to get everything done, due to all thee traveling, but we‘ll see how it turns out for the year, more information on those soon![/tab]
[/tabgroup]