Da quel 2012, quando Lars Dales e Maarten Smeets hanno deciso di unire le forze nel progetto ai più noto come Detroit Swindle, è stata tutta un’escalation di successi, di strade in discesa, rese vischiose e più veloci da un esordio già precocissimo per risposta di pubblico e case discografiche. Con i Detroit Swindle, infatti, ci troviamo di fronte a quei casi in cui i numeri, gli indici di gradimento, sono anche indici di bravura: è così che va interpretato, all’insegna della qualità, il percorso di “hit” come “The Wrap Aroud” e “Victoria’s Secret”, nella capacità di esondare il naturale corso del clubbing giungendo a una ricezione quasi pop. Una volta conquistata la pista da ballo, nella loro seconda lunga avventura – “High Life”, che uscirà il 23 maggio -, Lars e Maarten propongono qualcosa di diverso, di più maturo. La sfida si lancia verso quegli orizzonti musicali che giustificano il nome stesso del duo: col funk, il soul, l’r’n’b, l’hip hop griffato Motown, di cui si avvalgono anche grazie ai tanti ospiti presenti nell’album. È, quindi, una diapositiva che mostra un profilo dei due che poteva intuirsi, sì , ma che ancora non conoscevamo – come ammette sotto Lars. La missione sarà stata portata a termine? Leggetevi l’intervista e ascoltatevi il disco!
Salve ragazzi! Allora, cominciamo con una domanda (forse) un po’ scontata: come considerate “High Life”, dal punto di vista della vostra intera produzione? Anche confrontandomi con colleghi, se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere il vostro secondo viaggio sulla lunga distanza, mi verrebbe da dire maturo. “High Life” eccede l’house, il vostro habitat naturale in 4/4, per esplorare altri domini musicali come funk, jazz e soul, dove diciamo è richiesto un approccio più strumentale, più suonato. Detto ciò, è giusto dire che “High Life” coincide col momento più alto della vostra discografia?
Lars: Ciao. Diciamo che lo spettro della musica che ascoltiamo e suoniamo si è decisamente allargato dal nostro ultimo album – “Boxed Out” – e si può dire che quest’album è in parte un risultato di quest’ampliamento. L’LP è una rappresentazione di questo universo musicale, per come lo viviamo e lo vediamo ora, traslato in qualcosa d’indistricabilmente “nostro”. Qualcosa di nostro di cui molti non erano ancora a conoscenza, ecco. Sotto diversi punti di vista hai ragione a dire che è il nostro lavoro più maturo. Pian piano abbiamo iniziato a perfezionare uno stile ottenuto nel corso degli anni, e le nostre abilità tecniche nel processo di produzione sono sicuramente cresciute. Una volta in sintonia con tutto quello che il nostro studio conteneva, devo dire che registrare l’album è stata davvero un’esperienza eccitante. Libera: quando abbiamo cominciato a registrare, abbiamo staccato con tutto, concentrati al 100% sul tempo che dovevamo spendere lì dentro, ma senza quell’ansia di dover a tutti costi far uscire qualcosa. Volevamo solo essere in studio, e lasciare che la musica fluisse, trasportandoci dove voleva lei. In questo contesto abbiamo chiamato amici e quel tastierista eccezionale che è Lorenz Rhode, che già da un po’ sta suonando con noi e ci accompagna nei nostri live-show. Ci conosce benissimo: ed è anche per questo che si è rivelato essenziale nella registrazione, aiutandoci a trasformare tutte quello che noi avevamo in mente, allo stato di idee, in armonie, in ritmo concreti. Davvero tantissimo di quello che senti in “High Life” è suonato da lui, e tutto quell’atmosfera “jazz/funk” – come l’hai chiamata – è uscito dalle sue mani a dalle sue tastiere. In questo senso, quest’album è uno step ulteriore per noi: i featuring degli artisti che ci puoi trovare ci hanno permesso di costruire una vera narrazione di quell’universo che ti dicevo, di dare vita a una prospettiva che, fatta e da noi, e dai molti ospiti, ha impresso dinamicità generando quell’atmosfera di fondo di “suonato dal vivo”.
Quanta Amsterdam c’è dentro “High Life”? Mi spiego: la maggiore apertura di cui abbiamo parlato, potrebbe esser stata determinata dalla freschezza (in termini musicale) che si respira nella capitale orange da almeno cinque anni?
Maarten: L’odierna scena di Amsterdam assomiglia davvero a un faro che guida nella navigazione della creatività e dell’apertura musicale. È una benedizione farne parte e sono certo che un contesto del genere ci abbia aiutato a definire un nostro sound, e probabilmente ha – quasi inconsciamente, in realtà – ispirato quello sviluppo di cui abbiamo parlato sopra. L’intero panorama olandese sta fiorendo nella sua ecletticità ed è fantastico percepire la fiducia che lo stesso pubblico olandese ha nell’accostarsi a differenti confini musicali. È questa fiducia che permette di suonare, osando, spaziando da un genere all’altro. Questa polivalenza, questo “eclettismo”, ci ha certamente incoraggiato ad allargare il bacino da cui attingere. L’album è il risultato di qualcosa che da una parte ci appartiene in profondità, ma che dall’altra, nello stesso momento, è frutto di un ambiente, “questo” ambiente, che ci modella costantemente. Per esempio, poco fa, mi sono spostato in campagna, a circa mezz’ora da Amsterdam. Anche la stessa tranquillità che ho respirato lì, vibra nell’album come sua componente. I diversi suoni della natura e altri effetti che sono stati registrati in una foresta vicino casa mia con un field recorder, come l’armonia sospesa di molte tracce di “High Life”, mi ricordano molto casa e come mi sento a mio agio quando sono lì.
Un’altra metropoli vi aspetta: Londra. Durante il mese di maggio, ogni venerdì suonerete nella prestigiosa venue del Phonox, a Brixton, in qualità di resident. Cosa significa per voi questa residency? Considerando quanto sia importante l’approccio live del disco, sono sicuro che avrete preparato qualcosa di speciale per queste occasioni. Vi va di svelarci qualcosa?!
Lars: Bhè, la Gran Bretagna è uno dei primi mercati che ha abbracciato il nostro stile e Londra è, ovviamente, ancora l’epicentro per la nostra musica lì. Era quasi scontato ospitare qualcosa di speciale per il lancio del disco: così avremo quattro venerdì di fila al Phonox, dove in passato abbiamo trascorso alcune delle nostre migliori serate. Tutti e quattro gli eventi prevederanno percorsi musicali dalle destinazioni differenti: la prima saremo in consolle all-night long; la seconda con John Gomez e Dan Shake, sarà una vera notte da “diggers”, a scavare nel passato; una terza più decisamente house con Aaron di Stamp The Wax e un ospite a sorpresa, e a chiudere, un’ultima dedicata a Londra assieme a un dj straordinariamente cool proprio di quelle zone: Dj Elliott. Tutto ciò andrà a coincidere con la residency settimanale negli studi di Worldwide FM, dove faremo quattro chiacchiere con i nostri ospiti, sveleremo alcuni aneddoti sulla gestazione dell’album e suoneremo la musica che l’ha ispirato. Per quanto riguarda il live show, ci esibiremo ad Amsterdam nel party di uscita di “High Life” il 20 maggio e lì, per la prima volta, esibiremo appunto il nuovo live. Dopo quest’esperienze primaverili lo riporteremo a Londra in estate, in tour negli Stati Uniti e in una marea di festival, aggiungendo, quando sarà possibile, la presenza degli ospiti. Insomma, si annuncia un periodo davvero eccitante, e non vediamo davvero l’ora di suonare dal vivo tutta la musica dell’album!
Abbiamo parlato abbastanza dell’album – mi verrebbe da dire- a bocce ferme. Non credete sia arrivato il momento di aprire le porte di “High Life”?! Ad esempio, è vero che è un disco che può essere ascoltato anche in soggiorno, con una tazza in mano a sorseggiare tè, ma francamente “Freeqy Polly” è proprio un missile che qualsiasi dj dovrà portarsi appresso nella borsa dei dischi. Ecco, conoscete Against The Clock, no?! Il programma di Fact?! brevemente, mi riassumereste secondo lo stesso procedimento ma attraverso le parole, il modo in cui avete costruito la traccia?
Maarten: Ceerto! Ma guarda, l’idea di fondo era avere un bell’equilibrio tra qualcosa di rilassato, con una ritmica dall’approccio “facile” e altro che suonasse più…pesante. A dire il vero, “Freeqy Polly” era nata in modo completamente diverso rispetto a come la si sente oggi. Più specificamente volevamo costruire una traccia attorno a un sample, e il loop sul quale stavamo lavorando era sì carino, orecchiabile, ma non era ancora una “bomba”, fino a quando non lo abbiamo drasticamente ridotto a quelle due singole battute ripetitive che si sentono ora. A livello sonoro abbiamo lavorato un sacco con il Korg Mono/Poly nell’intero album. Il resto è partito iniziando a giocare su un patch che avevo fatto, facendo risuonare alcuni bip e scherzando con il filtro. Da qui è stato un gioco da ragazzi. Cioè, è una traccia che si fa forza proprio della sua semplicità. Ciò che la rende interessante è l’incedere imprevedibile delle percussioni, e il momento culminante, quando alla fine del climax apriamo finalmente il sample.
Guardate sono un appassionato di Tom Misch (che ha collaborato con voi in “Yes, No Maybe”). Ricordo un video trasmesso sulla vostra pagina Facebook nel quale suonavate in una jam insieme a lui. L’idea della featuring è nata in quella occasione? Cosa vi piace di lui? Mi sembra che sia quasi la sensualità, l’essenza…”cool” che colleghi i vostri DNA musicali. Siete d’accordo? O c’è qualcos’altro in comune che vi ha spinto a pensare alla collaborazione?
Lars: Tom è venuto da Londra per registrare l’album. Ci conoscevamo già in realtà, perchè noi Detroit Swindle avevamo già fatto uscire un remix per lui (“South Of The River”, ndr) e ci eravamo incontrati un paio di volte in quel di Londra. C’è un’ottimo click musicale tra noi; entrambi amiamo i groove…come dire, “pigri”, e vicendevolmente apprezziamo molto la musica dell’altro. Quando ci siamo trovati a preparare la jam, di già pronto per l’uso avevamo soltanto un groove, ma proprio semplice eh, che serviva un po’ come punto di partenza assieme a Lorenz, il nostro tastierista. Il video di Facebook di cui parli era uno spezzone della jam che poi è confluita proprio in “Yes, No Maybe”. Francamente, è stato uno dei giorni più divertenti delle registrazioni tra chitarre, tastiere, claps registati e vari effetti nella nostra live room. È stato genuino, spontaneo, davvero divertente.
L’abbiamo detto, il cuore di “High life” è sepolto sotto un profondo bilanciamento tra le spinte del club e quelle del soggiorno, tra il dancefloor e l’ascolto. Non so se siete d’accordo ma questo equilibrio mi sembra sintentizzato a perfezione in “Call Of The Wild” insieme agli Jungle By Night, un’orchestra di base ad Amsterdam che spazia dall’afrobeat alla dab, composta da ben nove elementi. Diciamo che già a quattro mani (come fate voi) non è facile produrre, ma addirittura a ventidue è quasi una follia per coordinarsi! Vi va di parlarmi di quell’esperienza?
Maarten: Volevamo che nel disco rientrasse una traccia di marca fortemente afro e quando il fulcro di “Call Of The Wild” era più o meno pronto, sapevamo che per arrivare l’obbiettivo sperato dovevamo aggiungere una matrice più suonata, più live, ecco. Quando ci siamo trovati a pensare a una possibile collaborazione, volevamo che questa arrivasse da casa, vicino allo studio, insomma. L’intero album, infatti, è un prodotto davvero personale (te l’ho già detto!?) e tutte le persone che vi hanno lavorato, dalla prima all’ultima, possono essere considerate degli amici: dal designer, al PR agent, agli artisti che poi in prima persona vi compaiono. In tutto questo arriva la possibilità di Jungle by Night: erano di base ad Amsterdam ed avevamo saggiato le loro capacità già in alcuni festival dove ci eravamo trovati nella stessa line-up. Personalmente sentivo che sarebbe stato un bell’incontro tra noi e loro, vuoi per affinità musicale, vuoi per l’energia che la loro performance porta con sé. Il tutto è avvenuto negli studi Red Bull di Amsterdam, dove abbiamo finito di registrare la sessione con i percussionisti e la sezione del corno. Guarda, avere la fortuna di poter lavorare fianco a fianco con l’ingegnere del suono della Red Bull, con la troupe degli addetti alla registrazione che hanno, e col talento di questi ragazzi, è stato super. Soprattutto i ragazzi dell’orchestra hanno dovuto fare uno sforzo incredibile per rendere possibile tutto questo. Ricordo che un giorno eravamo alle strette. Avevamo una scadenza fissata e uno di loro, al trombone, si sente male. Ma male, male, eh. Ha dovuto ingoiarsi degli antidolorifici per registrare le parti assieme al sassofonista e al trombettista. Però, aldilà delle disavventure, vederli lì suonare tra loro, giocando quasi, è stato uno spasso. Alla fine avevamo registrate talmente tante parti fighe che nella traccia le abbiamo buttate praticamente tutte. Ecco perchè alla fine è uscita una cosa così lunga!
L’uscita dell’album andrà a coincidere con il quinto compleanno della vostra etichetta, la Heist Recordings, che sta crescendo moltissimo ultimamente. Mi sembra impossibile scindere tutte le sfide, gli sforzi che avete compiuto come producer e dj, dal lavoro in atto per Heist. A questo proposito, nella release del singolo “Flavourism”, abbiamo trovato anche un remix di Pépe Bradock, un peso massimo dell’house che da un po’ mancava dalla scena! Mi sembra un bel colpo per Heist, no?! Come l’avete convinto?
Lars: Cercavamo qualcuno di speciale per la release e Pépé con la sua musica è stata una vera e propria fonte d’ispirazione per noi. È risaputo quanto sia difficile entrare in contatto con lui per occasioni del genere e, soprattutto, che quasi mai dice di sì ad un remix. Posso essere sincero? Ancora oggi non so davvero perché alla fine è andata bene. C’è da dire che il nostro distributore oltre ad essere un amico per noi, lo è anche di Pépè. Quindi diciamo che c’erano buone possibilità. Certo, una volta mandato il disco, abbiamo dovuto aspettare per vedere se gli piaceva o meno. Ma la risposta è arrivata subito, ed era davvero molto entusiasta di chiudere insieme questa cosa. Con un remix di Pépé, non sai mai cosa ti capiterà tra le mani, ma una volta premuto play entrambi siamo rimasti stupefatti, in positivo si capisce. È un’interpretazione deep dell’originiale, pregevole, carica d’atmosfera, ovviamente con quel suo tocco tutto glitch e stravaganza.
Una delle vostre ultime firme, il produttore tedesco Adryiano, è stata sorprendente sotto certi punti di vista. Cioè, sembra un artista non proprio in sintonia con il taglio di Heist: lo collocherei tra la schiera degli artisti lo-fi house, molto lontana dalla vostra estetica, la cui trama sonora è decisamente pregiata. In generale, cosa pensate della nascita della Lo-fi e del ruolo che sta più o meno svolgendo nel svecchiare e far evolvere l’house, come genere. Potremmo dire che c’è una sorta di distanza filosofica tra voi e loro? Da una parte ci sono sorrisi, sensualità, danza, un dire sì alla vita; invece, gli artisti lo-fi non mancano mai di rimarcare lo sguardo malinconico, fosco con cui guardano al passato.
Maarten: Non sono sicuro che Adryiano sia esattamente un produttore lo-fi. L’intero movimento lo-fi è fatto di ragazzi come DJ Boring, Seinfeld, in una certa misura Mall Grab, le cui produzioni invece sono motivo di divertimento per gran parte delle persone. Produzioni che anche noi abbiamo suonato in passato e che risuoneremo. Adryiano condivide certamente il loro stesso background ma ha una sua visione, peculiare, specialmente rispetto alla classic house a cui riesce ad imprimere quel tipico tratto sporco e granulare. È dannatamente portato per le melodie incantevoli e questo, credo, è in definitiva il nostro terreno d’incontro. Quando ci ha inviato i demo, ci siamo innamorati immediatamente della ripetitività e della semplicità ad effetto di una traccia come “Me And You And Her”. È house vintage, d’annata, quello sì, ma con un tocco molto, molto personale.
Riguardo al djing: siete da annoverare tra gli appassionati del vinile, non c’è dubbio. Ma come vi spieghereste la sua rinascita negli ultimi tempi, specie nel clubbing. Perché li preferite come supporto? Essere sulla sponda del “piatto” è qualcosa che ha a che vedere con le esigenze tecniche di un dj, è mero feticismo, o pensate sia davvero un qualcosa che apporti un plus alla pista rispetto a risorse digitali come Traktor.
Lars: Nel suonare i dischi c’è sicuramente una sensazione che non ti arriva da nessun altro supporto. Un sentimento, anzi. Per diverse ragioni, l’uso del vinile è la strada meno pratica per mixare, ma è come siamo nati, come abbiamo iniziato a fare i dj, anche se passiamo roba anche in digitale, anche se ci siamo fermati un po’ ultimamente. È una questione che riguarda pure il modo in cui passi in rassegna gli scaffali prima di una serata: il modo in cui guardi, senti le fodere tra le dita, oltre al vantaggio di avere una collezione limitata con te per costruire il tuo set. E come ti ho detto, è il formato più difficile col quale suonare: non ammette errori, è imperdonabile. Una sorta di sfida. Ma mi piacciono le sfide, mi attraggono. Per esempio, è imprescindibile che tu conosca davvero bene i tuoi dischi se vuoi essere in grado di costruire un bel set di vinili. Poi, appunto, c’è l’atto di selezione dei dischi, che poi in realtà è qualcosa di anche molto divertente da fare. Sono sicuro che c’è un mucchio di gente a cui non interessa davvero nulla del formato, il che è una cosa estremamente positiva; dall’altra parte della medaglia è vero anche che nel dancefloor ci saranno sempre quei “fanatici” che vedendoti arrivare con la borsa traboccante, si approcceranno in modo diverso, più portati ad apprezzare la musica che passerai. Comunque, la cosa più importante è che per noi il vinile è una dichiarazione, un voto personale, per il quale siamo felici di fare quel piccolo sforzo in più che ti dicevo.
Eccoci al termine. Allora, nel roster di Heist l’anno scorso è apparso il nostro Diego Montinaro aka Parker Madicine, con il suo EP “Voices And Drums”. Cosa ne pensate della scena italiana house contemporanea? In generale, cosa pescate – se pescate – dalla nostra tradizione, a livello di ascolti o d’ispirazioni. Per ultimo, a quando il prossimo artista tricolore dalle parti di Heist?!?
Maarten: Siamo rimasti colpiti dalla musica di Parker Madicine quando ce l’ha mandata: è super jazzy da un lato, ma riesce anche a dare anche un’impronta veramente “raw”. Direi che rappresenta un tipo specifico di produzione non così comune dalle vostre parti. Non che la scena italiana non sia interessante eh, tutt’altro: penso soprattutto ad artisti spettacolari come il duo Minimomo; ai ragazzi di Vibraphone, che riescono a ritirare fuori delle perle dimenticate della tradizione italiana; poi, bhè, c’è la disco, con le qualità come quella di Beppe Loda. Inoltre suoniamo piuttosto spesso in Italia, soprattutto a Milano e, ti dirò, i party sono sempre soddisfacenti. Cioè è davvero fico vedere che l’house riesce ad avere questo tipo di seguito anche in Italia. Per quanto riguarda l’ultima domanda, al momento non abbiamo nessuna uscita di artisti italiani in programma, però chi lo sa, siamo sempre a un solo demo dal firmare un nuovo artista!
ENGLISH VERSION
From that 2012, when Lars Dales and Maarten Smeets decided to join forces in the well-known project as Detroit Swindle, it was all an escalation of successes, downhill roads, made viscous and faster by an already precocious debut for public response and labels. With the Detroit Swindle, in fact, we are faced with those cases in which the numbers, the ratings of satisfaction, are also indices of skill: this is how we should interpret the path of hit such as ‘The Wrap Aroud’ and ‘Victoria’s Secret’, in the ability to overflow the natural course of clubbing, reaching an almost “pop” reception. Conquered the dancefloor, in their second long adventure – “High Life”, which will be released on May 23rd -, Lars and Maarten propose something different, more mature. The challenge is launched towards musical horizons that justify the name of the duo: with funk’s, soul’s, r’n’b’s, hip hop’s Motown which are also fostered by the many featurings in the album. It is a slide that shows a profile about them we could have imagined, but that we didn’t know yet – as Lars admits. Has the mission been completed? Read the interview and listen to the record!
Hi guys! So let’s start with a rethoric question: How do you consider “High Life”, in the perspective of your whole career? Beause if I choose an adjective to describe your second work, I’d define “High Life” mature. It exceeds your “house”, the traditional field of 4/4 and club, to explore music’s fields like funk, jazz, soul where is requested a live and instrumental approach. In this sense, is it right to say that “High Life” is released at the higher point of your production till now?
Lars: The music we like and we play has developed and broadened quite a lot since our last album and you could say that this album is in part, a result of that. The album is a representation of our musical world as we feel and see it now, translated into something that is unmistakeably “us”, but still introduces you to parts of us that people haven’t heard yet. In many ways I guess you’re right in saying it’s our most mature work to date. We’ve mastered the gear we have gotten over the years and our knowledge of producing has grown. Being comfortable like that in our studio, made the process of recording the album a really carefree and exciting experience. When we started recording, we had taken a few weeks off of touring to have full focus on studio time, but we didn’t put the pressure on to deliver something. We just wanted to be in the studio, and let the music take us where it wanted to go. We had invited our good friend and amazing key Player Lorenz Rhode, who has been playing with us on our live shows for a long time already. He knows us really well and he became an integral part of the recording of the album, helping us translate many of our ideas into harmonies and grooves. Many of the recordings you hear on the album are played by him and the “jazz / funk” feeling of the album is a result of his work on the keys. In that way, High Life is also a new step for us, collaborating more with other artists and create a musical story that embodies our view, performed by us and many guests to get a real dynamic and “lively” vibe.
How much of Amsterdam is there inside it? i.e. its larger openess compared to “Boxed Out”, your previous LP, is determined by the fresher atmosphere – in terms of music – breathed in Amsterdam in the last 5 years?
Maarten: The Amsterdam scene right now feels like a beacon of creativity and musical openness. It’s a blessing to be part of that and I’m sure that this has helped us define our sound, and has probably unconsciously influenced our development. The whole eclectic scene in Holland is flourishing and it’s great to feel the confidence from your home audience that you can play so many different types of music and build a vibe around that. That ‘eclecticism’ certainly encouraged us to broaden our own scope. I guess this album is the result of something that’s deeply rooted within us at this point in time and our environment shapes us. I recently moved to the countryside half an hour outside of Amsterdam by the way, and the tranquillity that i feel there is also something i really feel is part of the album. Lots of ambient sounds and FX were recorded with a field recorder in the forest close to my house and the harmony in some of the tracks really remind me of my home and how I feel at ease when i’m there.
By the way, another metropolis is waiting you: London. During each friday in May, you are playing as resident at the important venue of Phonox, in Brixton. What do you mean for you this recidency? Considering the live importance of “High Life”, i’m sure you have prepared something of special. Could you unveil anything about the ‘live’?
Lars: The UK has been one of the first markets to really embrace our sound and London still is the musical epicentre for our music in the UK. It felt logical to host something special in the run towards the album launch, so we have 4 fridays in Phonox, where we’ve had some of our best London nights in the past. The nights all represent a different musical direction, with 1 allnighter, a digger focused night with John Gomez and Dan Shake, a house focused night with Aaron from Stamp the Wax and a special guest and a London focused night with a very cool upcoming Dj from that area: DJ Elliot. This will also coincide with a weekly residency at Worldwide FM, where we chat with our guest, give some background stories about the album and play the music that inspired us to make it. As for live: we’ve got an album release party in Amsterdam on may 20th, where we will perform our new live show for the first time. London is coming up in the summer and we’re doing a US tour and loads of festivals with the new live show, adding some guest performers where we can. It’s going to be an exciting time and we’re really looking forward to playing music from the album live.
Let’s open the doors of “High Life”. It’s true it can be listened also in your living room with a cup of tea, but ‘Freeqy Poly’ is a banger: each dj should put it inside his bag! Certainly you know ‘against the clock’ by Fact. In a few lines can you make the same process through words, describying how have built up the track (set up, inspiration)?
Maarten: Yeah, we wanted to have a nice balance between the laidback, easy grooves and some heavier work. “Freeqy Poly” started out as something completely different actually. We specifically wanted to build a track around a sample, and the loop we were playing around with was sounding nice, but didn’t really stick, until we drastically shortened it into this repetitive 2 bar loop you hear on the track. We worked with a lot with the Korg Mono/Poly on the album and we started messing around with a patch I made, squeaking out some resonant bleeps and messing with the filter. It stuck straight away and the rest came easy. It’s a track that thrives on simplicity, made interesting with all the percussion changes and drama in the buildup toward the point where we finally open up the sample.
I’m fond of Tom Misch, who have featured in “Yes, No Maybe”. I remember a facebook video in which you were playing in a jam togheter in your Amsterdam studio. Did the idea of a feature born in that occasion? What do you like of him? I believe sensuality and coolness represent the common ground between you and him. Are you agree? Is there something else in common that push you to the featuring?
Lars: Tom came over from London to record music with us for the album. We already knew eachother because we’d made a remix for him and have met a couple of times in London. There’s a good musical click between us; we all really love a ‘lazy’ groove and we both really like eachtothers music. in preparation for the jam, we had a very simple groove prepared as a starting point, and had our Key player Lorenz over as well. The Facebook video is part of the jam that resulted in “Yes, no, Maybe” and it was one of our funnest days in the studio, just messing around with keys, guitar, recording claps and fx in our live room and genuinely having a good time.
“High Life”‘s core is in a deep balance between club and living room, dancefloor and listening. Maybe this equilibrium is synthesized perfectly in “Call Of The Wild” featured with Jungle By Night, well-known-afrobeat-funk-dub orchestra based in Amsterdam composed by nine musicians. It’s not easy to produce a track with four hands, but with twenty two is as amazing as difficult to coordinate! Could you tell me about that experience?!
Maarten: We really wanted to have an afro-inspired track on the album and when we made the core of “Call Of The Wild” track in our studio, we knew that we wanted to add a real live element to it. When thinking about a possible collaboration, we wanted to look close to home. The whole album is a very personal product and we’re good friends with everyone we worked with, from designer, to PR agent, to the musicians we worked with. Jungle by Night are based in Amsterdam and we’ve already been on a few of the same festivals so it felt like a good match personally, as well as musically with the energy they bring. We ended up recording the live sessions in the Red Bull studios in Amsterdam with their percussionists and horn section. Being able to work with the Red Bull engineer, the amazing recording equipment they have and the raw talent of these guys, was a really nice experience. They really made an effort to make it work as well. I remember we had a bit of a deadline issue and the Trombone player was feeling really really ill. He ended up just taking a bunch of painkillers, and arrived at the studio to record their part with the saxophone player and trumpetist. It was fun to see them mess around with each other, and a we ended up recording so many cool parts, that we decided to go full “Fela” on the track and make the track as long as necessary to use all the parts.
“High Life”‘s release will coincide with the fifth birthday of your own label, Heist Recordings, which is growing widely well. It’s impossible splitting your efforts as producers/djs from the work for Heist. In particular, in “Flavourism”‘s single release (23th April) there will be a couple of remix by Pépe Bradock! The re-discovery of this authentic house heavy-weight is a close success for Heist, isn’t it?! How have you convinced Pépe?!
Lars: We wanted to ask someone special for this and Pép has inspired us both so much with his music. He is notoriously hard to get in touch with and hardly ever says yes to a remix, and to be honest, till this day i still don’t really know how it worked out so well. He is a close friend of our distributor who in turn is our close friend, so we had a good intro. But in the end, it’s about the music so we had to wait and see whether he liked it or not. He replied super quick and was excited to do it. With a Pépe remix, you never know what you’ll get and we were both super excited when we heard his remix. It’s a great, vibey, deep version of the track, obviously with his signature glitches and overall weirdness.
In my opinion the german Adryiano’s sign has been surprising: an artist who doesn’t seem so suitable with your label. We could say he is properly a lo-fi house producer, very far from your aesthetic based on a rich sound texture . In general, what do you think about the birth and the role of lo-fi in evolutioning house status? Could we say there is a philosofical distance between you and lo-fi artists: from one side happiness, sensuality, dance, saying yes to life; from the other an eye looking melancholically ad darkly at the past.
Maarten: I’m not sure Adryiano is exactly a Lo-fi house producer. The whole lofi movement with guys like DJ Boring, Seinfeld and to an extent Mall Grab is fun for a lot of people and there’s plenty of tracks that these guys have made that we’d play. Adryiano certainly has some common ground with this movement, but I’d say he has his own view on classic house and adds a little grain and dirt to it. He is a sucker for enchanting melodies and that’s our common ground. When he sent us his demo’s, we immediately fell in love with the repetitive and effective simplicity of Me and you and her. It’s vintage house, but with a very personal touch to it.
About djing, you are vinyl addicted. In your opinion, for what reasons vyinil is resurrected in clubbing? And why do you prefer vinyl? it’s only a choice regarded to dj technique, mere fetishism, or do you think playing records gives something more to the dancefloor than digital resources (laptop, sofware, Traktor)?
Lars: there’s a certain feel to playing records that doesn’t come across when you play with something else. For many reasons, it’s way more impractical to play with records, but it is how we both started Dj’ing and even though we play digital as well, we kinda stuck with it. It’s also a case of sorting through your records to prepare before a show, seeing and feeling the sleeves, and having a limited collection with you to build your set. It’s also the most unforgiving format to play with, which I find really appealing. You really need to know your record to be able to play a good set on vinyl and in part, it’s the challenge of selecting those records that makes it so fun to do. I’m sure there’s loads of people that don’t really care about the format, which is totally fine. There’s always some vinyl addicts in the audience who enjoy the music a little bit more when they see you coming in with your record bag. But most importantly, playing records is a personal statement for us and we’re happy to go through the extra effort to make that work.
Last question. Among the Heist roster appeared our Diego Montinaro a.k.a. Parker Madicine with his “Voices And Drums” EP last year. What do you think about the new italian house sceene? what do you usually listen from our clubbing tradition (are there some italian influences in your music?) Finally, is it likely that someone else of our artists will be joined in Heist’s roster?
Maarten: We were really blown away by Parker Madicine’s music when he sent it to us. It’s super jazzy, but also really raw at times. I think he represents a specific type of music that is not super common in Italy, but the whole interest in house music and the music that comes out of Italy is amazing with guys like Minimono or the Vibraphone crew throwing out forgotten Italian gems, not to mention the disco scene with guys like Beppe Loda. We play quite a lot in Italy, especially in Milan and the parties are always amazing. It’s cool to see that house music has such a good following in Italy. We don’t have any new releases from Italian artists planned at this moment, but who knows, we’re always just 1 demo away from signing a new artist.