Dieci anni di storia per fare di un ex centrale elettrica, la mecca di culti disparati. Perché non è solo di musica che si tratta, e chi al Berghain ci è stato, questo lo sa. Per celebrare il culto di un’inspiegabile “esclusività”, che il Berghain ha portato all’estremo in tutte le sue forme musicali, artistiche, visive ed esperienziali, è nata l’idea di una collettiva di arte contemporanea. Norbert Bisky, Marc Brandenburg, Ali Kepenek, Sven Marquardt, Piotr Nathan, Carsten Nicolai, Friederike von Rauch, Sarah Schönfeld e Viron Erol Vert, questa la schiera di artisti chiamati a ricordare con i loro lavori, quanto la cattedrale della musica techno sia un’esperienza, con estetiche senza parametri, proprio come quelle dell’arte contemporanea. E questo Berlino lo sa bene, capitale europea d’istituzioni che hanno fatto la storia della musica elettronica, così come dell’arte contemporanea.
A quanto pare, la lunga festa di compleanno di uno dei night-club più importanti al mondo – con una fila all’entrata che passerà ugualmente alla storia – non era abbastanza. Così il Berghain non si è fatto mancare neanche il vernissage d’inaugurazione, con più di un’ora di fila all’ingresso e oltre 6000 partecipanti; cifra record per eventi di questo tipo perfino nell’artistica Berlino. A curare l’esposizione ci ha pensato Christoph Tannert, esperto in storia delle transizioni culturali berlinesi, che ha raccontato attraverso i linguaggi del nudo, della tecnologia, del ritratto urbano, del movimento, del suono e della temperatura, dieci anni di storia del Berghain. Come da copione, non ci possono essere fotografie a raccontare la mostra allestita proprio in una parte gigantesca del club, raramente aperta al pubblico. I più curiosi dovranno aspettare almeno fino alla pubblicazione del catalogo atteso per il prossimo inverno, però nel frattempo proviamo a raccontarvela…
Nove artisti irrimediabilmente coinvolti nella storia del club, musicisti, fotografi, artisti plastici e altri personaggi accomunati dai differenti miti e culti legati all’estetica decadente dell’underground berlinese. I loro lavori sullo sfondo della nuda archeologia industriale di stampo sovietico. Si comincia al piano di sotto con Piotr Nathan, l’autore dell’installazione nella sala del guardaroba che accoglie il pubblico all’ingresso del Berghain dal 2004. In mostra una rumorosa installazione di Nathan, a confine tra pittura e sound art. Il fotografo turco Ali Kepenek, da sempre coinvolto nella scena dei club berlinese, mette invece a confronto personaggi di Istanbul e della Berlino east side post-muro. Sempre in tema di fotografia non poteva mancare un assaggio dei volti di Berlino raccontati attraverso l’obiettivo di “ironman”, il celebre buttafuori del Berghain, Sven Marquardt. Con Carsten Nicolai va poi in scena l’interattività, un’istallazione termica, che reagisce ai movimenti circostanti, sfruttandone il calore. Due lunghissimi tappeti di Nobert Bisky, appesi agli alti soffitti, ballano vertiginosamente, mentre l’installazione di Marc Brandenburg, a forma di chiosco per giornali, gioca metaforicamente sull’acquisto di tatuaggi. Tutto l’allestimento rievoca perfettamente quelle atmosfere decadenti, fredde, ma veramente seducenti, di un’estetica contemporanea alternativa. Un’estetica che ha preso le mosse da Berlino – e che sopravvive in luoghi come il Berghain – crocevia di tendenze, non solo musicali, ma anche visive, tecnologiche ed esperienziali. Insomma, buon compleanno al Berghain…