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[tab title=”Italiano”]L’immagine di un gruppo come i Digitalism che racconta come sia stato difficile per loro farsi accettare nella loro scena geografica d’origine, può risultare in effetti piuttosto divertente. Eppure suona perfettamente credibile: saranno tedeschi, ma musicalmente son sempre stati dei francesi al 100%, parenti stretti di Daft Punk, Cassius e di tutto quel “nu-rave” venuto fuori nei primi 2000s da Ed Banger e dintorni. Quest’anno i ragazzi si son dati da fare per annunciare una nuova marcia e hanno rilasciato “Fahrenheit 32”, un pezzo che non è difficile definire una track house ottima per i dj set. È stata l’opportunità per discutere con loro e ripercorrere insieme la loro carriera, dagli inizi alle evoluzioni più recenti, toccando temi come il rapporto col pubblico e il momento attuale della musica elettronica. Ne è venuto fuori una sorta di “guida pratica ai Digitalism”. E nemmeno tanto ridotta.
La prima cosa che ho pensato quando ho sentito “Fahrenheit 32” è stata “wow, i Digitalism van giù di clubbing!”. È questa la “nuova direzione” annunciata per il 2014?
Oh, abbiamo sempre avuto un piede nei club. È da lì che veniamo. “Fahrenheit 32” è una delle tante cose tirate fuori in studio ed era venuto il momento di condividerla. Ha fatto parte dei nostri dj-set recenti e per noi ha segnato la fine del 2013, un anno pieno di collaborazioni e remix. Questo pezzo è classico stile Digitalism, si è evoluto da un tool per i nostri set a qualcosa con un proprio carattere. La “nuova direzione” puoi vederla come un frutto dell’anno appena trascorso, che ci ha insegnato molto e ci ha dato tanti stimoli. Verrà tutto fuori nelle prossime cose che abbiamo pianificato.
Cosa vi ha portato a cercare nuovi percorsi? È un modo per raggiungere più persone, o per avere materiale diverso per i vostri live, forse?
È stata una specie di epifania. Siamo andati molto lontano, proprio per ritrovare noi stessi. Potrà essere qualsiasi cosa, per ora è un’atmosfera, una sensazione. Ci sentiamo pieni di energia.
Quando avete rilasciato “Idealism” quel suono era molto in voga, tutti parlavano di questo cosiddetto “nu-rave” e quell’album capitava proprio al momento giusto. Come vedete quel sound oggi? Percepite la stessa reazione del tempo?
Diciamo che se dovessimo fare “Idealism” oggi, suonerebbe probabilmente un po’ più aggiornato, ma d’altro canto le canzoni sarebbero esattamente le stesse. Anche se le tecniche di produzione e i sound cambiano, non importa: puoi suonare “Idealistic” al piano, o “Pogo” con la chitarra elettrica, resterebbe comunque la stessa canzone. È interessante, ogni volta che mandiamo pezzi di “Idealism” oggi, la reazione è praticamente la stessa di allora. La gente sembra conoscere bene quei pezzi, e questa è una gran cosa. In tempi in cui tutto va così veloce non è per nulla scontato, e ci riteniamo fortunati per questo. E poi, se osservi cosa sta succedendo oggi nell’elettronica, potranno essere tempi differenti, sound differenti, ma la gente sta nuovamente mettendoci il cuore, siano essi promotori, fan, platee, band o dj. C’è tanta eccitazione in giro ed è come se la musica elettronica fosse una droga: tutti ne vogliono un pezzo, vogliono condividerla, godersela. È un po’ come tornare ai tempi di “Idealism”. È solo un nuovo ciclo.
“C’è tanta eccitazione in giro ed è come se la musica elettronica fosse una droga: tutti ne vogliono un pezzo, vogliono condividerla, godersela.“
Venite dalla Germania ma il vostro sound è sempre stato molto ‘francese’, vicino a quel ventaglio di sonorità di Ed Banger e dintorni, come confermato spesso da voi stessi. Com’è successo?
Beh, quel che abbiamo fatto è stato produrre la musica che noi stessi avremmo voluto sentire in dj set. Lavoravamo in un negozio di dischi ad Amburgo ma tutte quelle nuove uscite del momento erano così noiose… suonavano tutte uguali, non c’era niente di abbastanza ribelle. Eravamo giovani e avevamo bisogno di qualcos’altro. Non si trovava molto di veramente eccitante, a parte quel nuovo electroclash/dance punk, quindi ci sedemmo a un tavolo e pensammo a un mix sonoro che ci rappresentasse pienamente. Abbiamo sempre ammirato quell’attitudine “prendere o lasciare” dei Daft Punk, siamo cresciuti coi loro 12”, son sempre stati parte del nostro percorso di crescita. Amburgo in particolare a quei tempi era un posto con una scena house morente, i dj che si chiedevano da che parte andare e cercavano nuovi suoni. Noi la nostra musica la partorimmo in un bunker della seconda guerra mondiale, isolati da ogni cosa, scene, gruppi, influenze, ecc. Quando ci andavi dovevi portare la tua roba con te, altrimenti era solo un posto deserto. Abbiamo fatto i primi pezzi lì e poi sono stati presi dalla Kitsuné. Da allora iniziammo a ricevere telefonate in francese dai promoter, perché tutti pensavano che fossimo francesi! È stato tutto piuttosto strano, ci abbiamo messo un po’ ad integrarci nella scena tedesca, eravamo come degli stranieri in patria. A volte è difficile farsi accettare dalla tua stessa città. Fortunatamente le cose sono cambiate.
La vostra musica è sempre stata fortemente orientata verso i giovani, vero? Avete mai pensato di evolvere il vostro sound verso una dimensione più “adulta/matura”, diciamo così, ora che sia voi che noi stiamo diventando più grandi?
La nostra musica è fatta di emozioni. Usiamo la musica per esprimere le nostre sensazioni, è un po’ la colonna sonora di quel che viviamo o che gira nella nostra testa. Qualcun’altro dipinge, noi facciamo musica e in un modo o nell’altro passiamo qualcosa a chi ascolta. È interessante osservare la gente che viene ai nostri show, ci sono sempre diverse fasce d’età. C’è ancora gente della generazione dei 2000 cresciuta con questo sound, altri più grandi che magari sono più interessati all’idea di concerto live, e giovanissimi che ci hanno scoperto di recente. È una varietà che ci piace molto. Quando scriviamo musica, la scriviamo sempre dalla nostra prospettiva. Ora che siamo più grandi (quest’anno saranno 10 anni!) scriviamo musica in maniera differente. Ma non ci sentiamo ancora “vecchi” e ci sentiamo sempre in grado di far musica buona sia per i giovani che per i più “maturi”.
“Non ci sentiamo ancora “vecchi” e ci sentiamo sempre in grado di far musica buona sia per i giovani che per i più “maturi”.“
Come vedete la musica elettronica in questi tempi? Si parla tanto di EDM e di un’elettronica che è tornata ad essere commerciale, molti sono scontenti, ad altri la cosa fa piacere. Voi da che parte state?
Beh sai, il mondo elettronico ormai è grande abbastanza perché ci sia sempre qualcosa per tutti. La gente si lamenta per le questioni commerciali e i trucchi del mestiere, ma non bisogna dimenticare che questo significa che è arrivata una nuova ondata di persone. È ovvio, prima di andare a fondo e muoversi verso l’underground ci si confronta col materiale da classifica. Ma una volta che l’hai superato, ti accorgi che c’è un milione di cose differenti da scoprire, e c’è sicuramente qualcosa per te. Il fatto che così tanta gente sia interessata alla musica elettronica in realtà è una gran cosa – basta solo filtrare gli effetti negativi, tutto qua.
Cosa significa per un artista partire con un album di successo come è stato il vostro? Cosa succede dopo, si sente la pressione di dover ripetersi o è più una sfida stimolante?
Quando abbiamo fatto il primo album, era una cosa fatta interamente di lavoro in studio. L’abbiamo fatto prima di offrirci al pubblico e fare i tour come live band. Il fatto che sia stato un successo ovviamente è stato fantastico – e non si può mai negare che il secondo album è sempre difficile (la chiamano “la maledizione del secondo album”). Per il secondo album siamo tornati in studio da band già nota al pubblico, c’erano delle aspettative su di noi, ma abbiamo agito in un modo molto simile al primo album: siam partiti sempre da piccole tracce e tool per i dj set, e i nostri preferiti si sono evoluti in canzoni. Alla fine, quel che conta era che amavamo il materiale su album. Crescere partendo dal primo album per noi è stata una sfida, un’opportunità. E ora, dopo il secondo album, ci sentiamo liberi di fare qualsiasi cosa.
Cosa ascoltate più spesso oggi, riguardo le produzioni recenti? C’è qualcosa che vi attrae in particolare?
È un ventaglio molto vasto. Le colonne sonore però sono ancora una delle più grandi passioni. La vita potrebbe essere un film.
Se vi chiedessimo un artista, un album o una traccia che è stata fondamentale per la vostra crescita musicale, cosa ci direste?
Il presentatore di un programma radio di Amburgo nei primi ’90, si chiamava Gerd Bischoff. Era un dj radiofonico che teneva uno show dance musicale ogni venerdì, ci ha letteralmente spedito nei club. Ha cambiato le nostre vite.
Vi abbiamo visto recentemente ad I Love Techno 2013 e la sensazione era che girava una bella energia. C’è qualcosa che cercate, a cui puntate, quando vi esibite davanti al pubblico?
Quando riesci a percepire l’energia positiva nel pubblico e vedi la loro gioia di essere lì, quello è il più bel regalo per noi.[/tab]
[tab title=”English”]The picture of a group like Digitalism telling how hard has been to be accepted as musicians in their own country can result a bit funny. But actually sounds just credible: they are german, but musically they’ve always been french at 100%, strictly related with Daft Punk, Cassius and all that “nu-rave”” stuff that came out on the first 2000s from Ed Banger and surroundings. This year the guys announced a new phase and released “Fahrenheit 32”, a track that can be easily defined a house track perfect for dj sets. It was the opportunity to discuss with them and go over their career again, from the beginning to recent evolutions, touching topics like the relation with fans and the current state of electronic music. It came out a sort of “practical guide to Digitalism”. And not a short one, actually.
The first thing that I thought when I listened to your new track “Fahrenheit 32” was “wow, Digitalism go clubbing!”. Is this the “new direction” announced for your 2014?
Oh, we’ve always had at least one foot in the club. It’s where we’re coming from. ‘Fahrenheit 32’ is one of those many things that we come up with in the studio, and we felt it was about time to share this one. It’s been integral to our recent DJ-sets, and it marks the end of 2013 for us, which has been a year full of amazing collaborations and remix opportunities for us. This new one is a classic Digitalism thing – it evolved from a tool that we made for our sets into something with its own character. You could see ‘the new direction’ as something like the aftermath from the last year, which taught us a lot and gave us a lot of inspiration and input. It will all express itself over the next things we’ve lined up and planned.
What is leading you to discover new paths? Is it a way to reach more people, or to have different material for live performances, maybe?
It’s mainly something like an epiphany that we had. We somehow went really far, just in order to find back to our very selves. This could be anything, really – it’s an atmosphere, a vibe. We feel very energized.
When you released “Idealism” that sound was a strong trend, everybody was talking about this “nu-rave” and that album was just perfect for that. How do you see that sound today? Do you see now the same people reaction of that period?
Let’s say, if we had to make ‘Idealism’ now, it would probably sound a little updated, but then on the other hand, the songs would totally be the same. Even if production techniques and the way things sound have changed, it doesn’t really matter: The song skeleton stays the same. Like, you could play ‘Idealistic’ on a piano or ‘Pogo’ just with an acoustic guitar, it’d stay the same song. Interestingly, every time we drop tunes from ‘Idealism’ now, we still get almost the same reaction as back then. People seem to know those songs, and that’s a great thing. In these fast-living times, it’s not something you should automatically count on. We’re very thankful for that. And then, if you look at what’s going on today in electronic music, it might be a different era, a different sound, but again people put all their hearts in it, be it patrons, fans, crowds, bands or DJs. There is a lot of excitement out there, and it feels almost like electronic music is a drug; everyone wants a piece of it, share it, enjoy it. It’s a bit like back in the ‘Idealism’ times. Just a different cycle.
“There is a lot of excitement out there, and it feels almost like electronic music is a drug; everyone wants a piece of it, share it, enjoy it.“
You came from Germany but your sound has always been so “french”, inspired by that Ed Banger-like sound that comes from France, as always confirmed by yourselves. How has it happened?
Well, what we did was making the kind of music that we’d like to hear in our DJ-sets ourselves. We worked in a record shop in Hamburg, Germany, and we got really bored by all the weekly new releases… Everything sounded the same, nothing was rebellious enough for us. We were young, and we needed something else. We couldn’t find much like that out there though, apart from new stuff like Disco Punk or Electroclash emerging, so we sat down and made our perfect amalgamation ourselves. We always admired that ‘take-it-or-leave-it’ attitude promoted by Daft Punk, and we grew up with those 12”s. It’s been a part of us ever since. Hamburg especially back then was a place with a dying House Music scene, with DJs questioning what they were doing, trying to find new sounds etc. We made our music in a WWII bunker, isolated from any scene, crew, influences really. You have to come up with your own stuff in there, cause otherwise it’s just an empty void. We made our first tracks in that bunker, and they got picked up by the Kitsuné label from Paris. Since then, we had a lot of promoters speaking French to us, because they thought we were from France! The whole thing was really weird. It took us a while to get into the German scene, being outsiders from abroad somehow. It’s hard to get acceptance in your own city or country sometimes. Gladly those times have changed now.
Your music has always been about energy for young people, hasn’t it? Do you ever think to evolve your sound towards a more (let’s say) “adult/mature” audience, now that both you and we are getting older?
Our music’s all about emotions. We use music as a channel for our feelings, it is kind of the soundtrack to what is going on around us or in our heads at the minute. Other people paint a picture, we make music, and ideally it triggers something in the listener. It’s pretty interesting to see that within the audiences that come to our shows, there’s usually a wide variety of age. There’s still people coming from the 2000 generation who grew up with us, other more ‘mature’ people who want to check out our live concert perhaps, and very young people that only discovered us recently. It’s nice to have that variety. As for writing music, we’ve always written from our perspective. Now that we’ve grown up a bit (this year marks our 10th anniversary!), we might write a little differently. But we don’t feel like we’re old, so whatever we come up with, it’s probably accessible for young and ‘more mature’ alike.
“We don’t feel like we’re old, so whatever we come up with, it’s probably accessible for young and ‘more mature’ alike.“
How do you feel electro music today? Everybody discusses today about EDM and electronic music that is again turning commercial, many people is disappointed and many other just like this. Which side do you belong to?
You know, the field of Electronic Music is so big now that there is something for everyone. People complain about sell-outs and cheesy things going on, but don’t forget that that only means that a whole new surge of people just got into it. Of course, before you dig deeper into it and go more underground, you are confronted with charts music. But once you’re past that, you’ll see that there’s a billion of interesting things to discover, and you can find something for yourself too. It’s great that so many people are interested in electronic music now – just filter out the bad bits, if you will.
How does it mean to start with a successful album like your first one, from the artist’s point of view? What happens later, do you feel the pressure about trying to repeat that success, or it’s more like a challenge?
When we made the first album, it was a complete studio thing. We made it before we properly went public and started touring live as a band. It was great that it turned out to be such a success of course – and you cannot deny that a second album is always a difficult one to make. People call it the “2nd album jinx”. So for the 2nd album we returned to the studio as a band that people know already, and they might expect things from us, but we approached it in a way where we just repeated what we’ve done for the first album: We made little tools and tracks for our DJ-sets, and our favourites evolved into full songs. At the end, what counted for us was that we loved what was on the album. We saw it as a challenge and an opportunity to process our experiences from the first album tour. After that 2nd one now we feel like we’re completely free to do whatever we want.
What do you listen more today, about new music? Is there something that is particularly attracting your attention?
It’s still a very broad spectrum of music. Soundtracky stuff is still the big thing for us. Life can be a movie.
If we ask you to tell us a track, a disc or an artist that has been important for you and your musical life, what should you choose and why?
It might be a radio show host from Hamburg early 1990s, called Gerd Bischoff. He was a radio DJ who had a weekly dance show on on Fridays, and he got us into club music. He changed our lives.
We’ve recently seen you at I Love Techno 2013, and we found a lot of good energy in your performance. What kind of sensations do you aim where you play?
When you can see the (positive) energy jumping over to the audience and watch them having a great time, that’s the biggest gift for us.[/tab]
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