Estate, per la maggior parte delle persone, significa raggiungere mete marittime dove lasciarsi cullare dal rumore delle onde che danzano sulla battigia e dove permettere al sole di mutare il colore della propria pelle. Estate, per altri, è invece sinonimo di festival musicali: ogni settimana, da qualche parte in Europa, si ha la possibilità di assistere a rassegne di ogni genere che offrono i più disparati tipi di musica. Per quello che riguarda l’elettronica, tra i “best of” compare l’anglocroato Dimensions Festival (fratello minore di Outlook Festival) che quest’anno ha spento la sua quinta candelina, regalando a tutti gli appassionati una line-up degna del traguardo appena raggiunto. Noi non abbiamo perso occasione per andare a vedere che aria tirava in quel di Punta Christo, suggestivo promontorio situato a Stinjian, piccolo paese a pochi chilometri da Pola (Istria).
La formula è, come per gli anni passati, concerto di apertura al mercoledì sera nella splendida Arena di Pola (con biglietto da acquistare separatamente) e dal giovedì fino alla domenica, diciotto ore di musica divise tra Beach Stage (attivo al pomeriggio, fino alle 21) e la coreografica fortezza dell’800, cornice anche di altri festival famosi, in cima a Punta Christo.
Il concerto di apertura di quest’anno ha ospitato il quasi sempre vincente live dei Massive Attack che, a detta dei presenti, ha dato molte più emozioni rispetto a quello proposto nel nostro Paese, il djset di Moodymann a chiudere e ad aprire probabilmente il momento musicale più alto di tutta la serata: la performance di Kamasi Washington. Provate a pensare al jazz più trascinante suonato (e ascoltato) tra le mura di un anfiteatro romano.
Note positive durante il primo giorno del festival per Jeremy Underground che, dal Beach Stage al Clearing, cambia completamente “mood” regalando un set perfetto per un tramonto sul mare (prima) e indovina la pista del main stage a notte ormai inoltrata, regalando una performance contraddistinta da suoni house di Chicago che tanto ricordano Kerri Chandler. Menzione anche per l’esibizione di Moodymann che continua il lavoro del collega francese, portando a degna conclusione la prima giornata di festival. Il The Clearing comunque, verrà ricordato quest’anno perché è stato cornice del grande ritorno di Larry Heard, da vent’anni lontano da ribalta e riflettori. Il live dell’americano è stato una messa cantata in cui sono stati proposti i successi di oltre due decadi di musica e che ha toccato il suo culmine con “The Sun Can’t Compare”. Molti dei partecipanti al festival si sono quindi diretti verso il Main Stage, riempiendo completamente lo spazio davanti al palco per tutta la durata del concerto.
Se il The Clearing è però di facile fruizione, ciò che sembra più difficile da raggiungere, soprattutto al giovedì sera, è il The Moat. È infatti risaputo che al Dimensions Festival ogni tanto capita di dover aspettare qualche minuto per entrare negli stage più piccoli, che corrispondo a quelli realizzati all’interno della Fortezza. The Stables, Noah’s Ballroom, Mungo’s Arena e The Moat sono i palchi più a rischio attesa ed è per questo che spesso tocca armarsi di un po’ di pazienza data la loro capacità limitata: si va dalle settantacinque persone della Noah’s Ballroom, alle settecento del The Moat. Attendere però vale la pena, non solo per le valide esibizioni degli artisti in line-up, ma anche per la suggestività del luogo nel quale si balla. Così, ritrovarsi in un fossato a calpestare il terreno al tempo del suono ibrido ed eclettico di Pearson Sound o della techno sostanziosa, ma mai banale e scontata, di Ben UFO, rende l’esperienza musicale ancora più totalizzante, nonostante la polvere invada prepotentemente i polmoni e i sassi e le buche non rendano semplici i movimenti.
Se quindi il fossato più vibrante della rassegna croata è stato palcoscenico di ottime esibizioni come quella di Richie Hawtin, DJ Stingray, Helena Hauff, il set dinamico di Space Dimension Controller e molti ancora, lo stage che ha fatto breccia nel nostro cuore è stato sicuramente il The Void. Il nome già ci dice molto e fa riferimento al brand che cura tutti i soundsystem della parte notturna del festival. Memori di ciò a cui avevamo assistito al Dekmantel qualche settimana prima, non potevamo lasciarci sfuggire il set dei canadesi Pender Street Steppers che confermano positivamente quello che era stato il nostro giudizio dopo la rassegna olandese. È però dal venerdì che il The Void dà il meglio di sé: il warm-up firmato dall’unico italiano “in gara” tra i big del festival, Massimiliano Pagliara, che parte con molta calma, diventando disco dopo disco un crescendo di suoni ed emozioni, termina con lo spazio davanti al palco pieno di mani al cielo e corpi danzanti. Tama Sumo è sempre una certezza, ma chi vince la menzione d’onore per la serata di venerdì sono Virginia, Steffi e Dexter che per un’ora ammaliano il pubblico con un live dinamico e frizzante dove l’intesa che da sempre intercorre tra le due ragazze Ostgut Ton serve a rendere ancora più trascinante l’esibizione.
Al sabato, spazio ai sorrisi con Soichi Terada il cui live è un mix di sentimenti positivi. L’artista nipponico sa come ipnotizzare non solo il proprio pubblico, ma anche gli addetti ai lavori: è spontaneo, vivace e divertente, è quello che ci vorrebbe un po’ più spesso nel clubbing odierno. Nessun muso lungo nemmeno con Hunee prima e Antal poi, i due di Rush Hour sono una garanzia quando si tratta di musica di qualità e ricercatezza di genere e, dopo le loro singole esibizioni, ha regalato al pubblico del The Void un b2b non così inaspettato.
Qualche metro più in là del validissimo The Void, gli amanti della UK Bass hanno potuto trovare pane per il loro denti alla Mungo’s Arena: essendo un festival ad organizzazione inglese e principalmente frequentato dagli stessi, chiaramente uno stage dedicato al suono d’Oltremanica non poteva mancare. Molti dei nomi della scena dubstep e drum’n’bass presentati durante il Dimensions, compaiono anche nella line-up di Outlook Festival interamente dedicato a questo tipo di sonorità, la Mungo’s Arena ha voluto quindi dare una sorta di “assaggio” a quello che verrà proposto nello stesso luogo ad una settimana di distanza.
Dentro e fuori della fortezza, altri due stage hanno catturato l’attenzione delle persone, convincendo però a pieno solamente a tratti quando suonavano nomi di punta internazionali o particolarmente famosi in Gran Bretagna: stiamo parlando del The Garden e del The Stables. Se quest’ultimo ha vissuto i suoi picchi massimi grazie a Midland, Joe Claussell e il back-to-back all night long di DJ Fettburger e DJ Sotofett alla domenica, il più piccolo e meno confortevole The Garden (terreno in pendenza, sconnesso e tanta, tantissima polvere) ha goduto di ottime vibrazioni, ad esempio, con l’house made in UK di Jon K (una delle punte del clubbing di Manchester), le sonorità disco e funky di Sassy J e l’inconfondibile house music di Rahaan.
Ciò che rende il Dimensions Festival una delle rassegne con più apprezzate e attese d’Europa, non è però solamente una parte notturna organizzata affinché bellezza degli spazi e qualità musicale si mescolino assieme, ma anche una programmazione diurna capace di allietare i pomeriggi al mare. Il paesaggio già bellissimo di per sé – l’ampia spiaggia riservata ai clienti del festival è caratterizzata da un mare cristallino, ciottoli bianchi ed incantevole vista sulle isole Brioni – viene arricchito dalla musica proposta dai dj e produttori che da mezzogiorno si danno il cambio sull’ampio palco del Beach Stage. Fino a una certa ora la giornata al mare si svolge seguendo i ritmi compassati di una normale giornata in spiaggia, ma verso sera, quando i raggi del sole iniziano a scaldare meno e la luce si colora di arancione, la pista davanti al palco si riempie e il volume si alza, creando l’atmosfera perfetta per il migliore degli happy hour. Qui, le nostre note positive vanno non solo ai grandi nomi proposti: Antal, Hunee, Jeremy Underground sono certezze, ma chi davvero ha reso grande l’esperienza diurna sono stati in primis la particolarissima esibizione di Awsome Tapes From Africa, che con le sue cassette regala un set animato, divertente e molto ricercato, ma soprattutto la performance di The Youssef Kamaal Trio, il cui jazz dinamico e sensuale ha dato il via ad una domenica all’insegna dell’ottima musica, un pomeriggio che ha visto Harvey Sutherland (e compagni) perfettamente inseriti nel contesto e capaci di donare alla pista il mood giusto per concludere quest’esperienza marittima, consegnandola nelle mani esperte di Hunee che l’ha poi accompagnata fino a calar delle tenebre.
Giorno e notte, sole e stelle, il Dimensions Festival ha compiuto cinque anni grazie ad una formula che permette di godere appieno non solo della musica proposta, ma anche della location scelta. Cinque anni in crescendo, dove l’edizione 2016 è stata più frequentata di quella precedente, complice anche una line-up sicuramente potenziata, ma che, nonostante ciò, non ha visto alcun artista emergere o spiccare sugli altri: molti, tantissimi set ottimi – qualche giorno fa abbiamo ripercorso il festival in quindici tracce -, ma pochi realmente indimenticabili.
La rassegna croata è comunque un susseguirsi di emozioni positive che difficilmente terminano una volta che l’ultimo disco dell’ultimo giorno viene suonato, è però un festival impegnativo che richiede grandi energie e scarpe adeguate. Punta Christo è un promontorio che non presenta di certo un fondo confortevole sul quale camminare: è in pendenza, ci sono le rocce, i sassi e la terra non battuta. La polvere è una grande costante di tutta la rassegna, diventando alla lunga quasi fastidiosa. Si tratta di evento che dura cinque giorni – se si conta anche il concerto nell’arena di Pola -, da giovedì a domenica si balla, si cammina e si percorrono lunghe distanze tra un palco e l’altro. Probabilmente per questo suo essere “hardcore”, il festival croato, richiama a sé un pubblico mediamente più giovane rispetto ad altri eventi avvolti dallo stesso hype. Giovane che però non fa rima con maleducato, anzi, l’educazione è una componente fondamentale della quattro giorni istriana, complice anche un’organizzazione che prevede controlli abbastanza serrati non solo all’ingresso ma in tutti i punti nevralgici del festival.
Distanze, terreno sconnesso, polvere e controlli a parte, però, il Dimensions Festival si conferma essere un evento di qualità capace di associare alla bellezza della location (diurna e notturna), artisti interessanti e di spessore. È un’esperienza che consigliamo di fare almeno una volta, per poter vivere in prima persona ciò che vi abbiamo appena raccontato. Noi, dal canto nostro, non riusciamo a dimenticare la magia di questo angolo di Istria dove natura, storia e musica si uniscono formando un trittico perfetto e mai banale.