Andare via dall’Italia, approdare a Berlino per seguire il sogno di poter vivere con la musica, in libertà, in un ambiente ricettivo e privo di preconcetti soprattutto rispetto ad una provincia soffocante e ipocritamente bacchettona. Allergici al conformismo, Giovanni e Giacomo partono dal Veneto, troppo stretto per chi non è disposto ad accontentarsi, sono già i Discodromo ma sostanzialmente non sono ancora nessuno. Tra le rive dello Sprea trovano una loro realizzazione umana e artistica fatta di riferimenti italo disco e house che li porta a stampare su etichette come Internasjonal di Prins Thomas e soprattutto sull’italianissima Slow Motion. Le soddisfazioni artistiche, sempre in vinile, vanno di pari passo con le vesti di promoter e dj, il loro party Cocktail D’Amore si afferma subito come uno dei più importanti tra la Berlino gay/queer, si aprono le porte della consolle del Panorama Bar, date in giro per il mondo, sono ospiti in una recente puntata della Boiler Room. Tutti indizi di un successo artistico che nasce e si sviluppa fuori dall’Italia e che è tempo di far risaltare anche nel paese in cui sostanzialmente non hanno potuto trovare la loro dimensione.
Ci dovete concedere una domanda di rito chiedendovi come sono nati i Discodromo?
Discodromo nasce da un atto d’amore, reciproco e amore per la musica. Il primo – finito un po’ di tempo fa – si è trasformato in un’amicizia profonda, il secondo continua immutato.
Leggo dalla vostra biografia che avete avuto due percorsi differenti che si sono incrociati, durante i 90’s. Che locali frequentavate?
In realtà i nostri percorsi potrebbero essere ridotti ad un unico perché molto tempo prima di conoscerci frequentavamo più o meno gli stessi locali. Entrambi abbiamo iniziato ad andare nei club quando avevamo 16 anni, di nascosto dai nostri genitori. A fine anni ‘90 andavamo alla Scala di Padova e all’Alter Ego di Verona. Lì abbiamo ascoltato i set di Ivan Iacobucci, Marco Dionigi e Claudio Coccoluto che ci hanno influenzato moltissimo. Al Mazoom di Brescia abbiamo avuto modo di sentire Danny Krivitt, François Kevorkian e Frankie Knuckles… e poi Il gatto e La Volpe di Ferrara e il Cocoricò di Riccione. La lista sarebbe davvero lunga.
Si può dire che, nonostante siate italiani, il vostro percorso musicale si sviluppi principalmente solo a Berlino? Come ha influenzato il vostro gusto musicale, in cosa lo ha evoluto?
Assolutamente sì, sfortunatamente l’Italia – almeno nel periodo in cui ce ne andammo (ora sembra che la situazione sia un po’ migliorata) – non era proprio la cornice ideale per quello che avevamo in mente. A Berlino abbiamo imparato l’eclettismo infatti i nostri set spaziano dalla disco anni ‘70 alla deep techno, passando per l’italo disco e l’house. In più tutta quella musica dance che è talmente cross genre da essere indefinibile… e che amiamo alla follia. A Berlino abbiamo anche avuto la possibilità di conoscere altri dj e musicisti della scena elettronica (e non) internazionale. Alcuni di loro sono diventati la nostra famiglia adottiva.
Cosa invece vi portate dagli esordi italiani o comunque dalle vostre radici musicali?
La musica che ascoltavamo da piccoli: il Festivalbar. Quel background “Italo” che è parte essenziale del nostro suono e non abbiamo mai abbandonato.
Non credo abbiate rimpianti nel aver lasciato la vostra città di origine, ma cosa vi ha spinto a partire? Che obiettivi vi eravate preposti inizialmente?
Principalmente la ricerca di nuovi stimoli. L’Italia ci stava stretta… specialmente il Veneto, in cui il clubbing serio era morto da tempo. Prima di trasferirci a Berlino, nel 2008, organizzavamo già party a Venezia con alcuni amici… ed era davvero frustrante per via di tutti i problemi che dovevamo affrontare: la polizia, la burocrazia infinita, i vicini che si lamentano… e poi la mancanza di un pubblico curioso, aperto alla diversità musicale.
Quando vi siete trasferiti a Berlino, in una scena enorme, piena di opportunità ma comunque competitiva, avete avuto difficoltà ad inserirvi? Quali sono stati i primi passi?
Si, effettivamente in una città in cui il 90% della popolazione fa il dj o il produttore non è (stato) per niente facile. Noi abbiamo iniziato suonando in bar, a piccoli party… poi abbiamo deciso di creare qualcosa di nostro ed è da lì che è veramente iniziato tutto.
Cocktail d’Amore è la vostra firma, la vostra etichetta e uno dei migliori party gay/queer della città, che tenete insieme a Boris. Come è nato tutto ciò e perché pensate abbia avuto tanto successo?
Cocktail nasce per due ragioni: la prima, che è anche il motivo del suo successo, è quella di avere un party gay/queer con un certo tipo di suono, che decisamente mancava nel periodo in cui ci siamo trasferiti a Berlino (o meglio, all’epoca era proposto solo dal Berghain). La seconda, più pratica, legata al fatto che volevamo aprire un’etichetta ma non avevamo i soldi per farlo. Il binomio è perfetto: continuiamo a fare party e a divertirci, pubblicando solo musica che ci piace, senza l’angoscia di dover far uscire dei dischi che abbiano necessariamente un riscontro commerciale.
Immagino che il nome sia derivato dalla canzone interpretata da Stefania Rotolo, possiamo considerare il testo come una dichiarazione di intenti del vostro party?
Assolutamente si.
Ci sono un sacco di promoter italiani a Berlino, è una casualità oppure è un reazione alle difficoltà di farlo in patria?
Italiani a Berlino (non solo promoter) ormai ce ne sono davvero tanti. In generale, la città è un po’ un magnete per tante persone che si trovano a vivere delle realtà artisticamente sterili e limitanti. Il fatto che poi la maggior parte (o forse dovremmo dire tutte) delle principali città europee siano costruite e regolate secondo i bisogni di una borghesia noiosa e prepotente, non rende la vita facile a chi vuole divertirsi. La gente è costretta ad andarsene sempre più lontano dalle città. Qui a Berlino invece ai club ci si può ancora andare in bici… almeno per ora.
Da molti anni oramai siete un duo e credo non sia sempre una cosa facile unire due teste. Quali sono i pro e i contro, secondo voi, di un binomio musicale come il vostro?
Vero. Il vantaggio e il problema sono lo stesso: il fatto che c’è un processo dialettico. Ci mettiamo reciprocamente in discussione e così essere in disaccordo diventa davvero stimolante.
State riempiendo la voce “dj” su Wikipedia. Cosa scrivereste?
Dj: un dispensatore di emozioni… con un link al Wiki di Larry Levan.
Cinque dischi che descrivono i Discodromo.
Sun Palace – Rude Movements
Daniel Wang – All Flowers Must Fade
Lord Of The Isles – Ultraviolet
Sterac – Sitting On Clouds
Chris & Cosey – Walking Through Heaven
Tra djset, etichetta e party, avrete un’agenda piuttosto impegnata. Che progetti avete in cantiere?
Infatti! Abbiamo appena festeggiato i cinque anni di Cocktail d’Amore con uno dei nostri miti di sempre, Joe Claussell… in più stiamo organizzando un party per l’ADE con Daniele Baldelli e un altro ancora al Rex di Parigi. Sempre ad ottobre, per continuare le celebrazioni, uscirà una compilation in tre vinili con tracce esclusive di alcuni dei nostri produttori preferiti tra cui Young Marco, Dorisburg, Heatsick e altri che annunceremo presto.