Derek Serpel-Morris aka DJ Derek è il dj più vecchio di tutta la Gran Bretagna. 73 anni, nato a Bristol, è stato definito il “Rodigan del West”. Uno dei primi dj bianchi a spingere reggae, rock-steady, soul, dancehall e ska, quando erano ancora esclusivo predominio dei dj neri. Fino a pochi mesi fa ha incarnato il sogno di ogni dj: far ballare una sala gremita di raver di ogni età anche con degli occhiali spessi come fondi di bottiglia, pochi denti in bocca e una faccia rugosa.
Parliamo al passato perché sono passate 12 settimane dalla sparizione del leggendario dj dalla città di Bristol. Il 10 luglio è uscito alle 11 di sera dal pub JD Wetherspoon, dove aveva passato la serata con un amico; è salito sul bus numero 5 per tornare verso la sua abitazione nei pressi di Albert Park, ma a casa non è mai rientrato. Il suo conto in banca non è più stato usato da quell’inizio luglio, e Derek non aveva con sé né un cellulare né un passaporto valido. Dopo mesi d’indagini, la polizia ha comunicato qualche settimana fa di aver abbandonato le ricerche del noto personaggio; e la comunità non ha di certo preso bene questa remissiva presa di posizione delle forze dell’ordine. E’ nato un gruppo di Facebook (“Find DJ Derek”) che ha lanciato una campagna per ritrovare DJ Derek anche senza l’aiuto degli sbirri, attraverso una raccolta fondi. Personaggi come Daddy G dei Massive Attack e Geoff Barrow dei Portishead si sono prodigati nella causa della ricerca dell’amico e collega scomparso. Per non parlare del rapper Dizzee Rascal che ha utilizzato la sua notorietà (vanta ben 451 mila follower su Twitter) per lanciare un appello per ritrovare il dj ultrasettantenne. Dizzie aveva conosciuto Derek nel 2010, quando il dj fece un cameo nel video della sua hit “Dirtee Disco”. Io, invece, da anonima e sconosciuta dj, Derek l’ho conosciuto nel 2012; vivevo da pochissimi giorni a Bristol e mentre sorseggiavo una Ale al Big Chill in Small Street, uno dei pub must di ritrovo dei bristoliani, ad un certo punto noto con sorpresa che a far scorrere le dita sui dischi non c’era il tipico dj nigga, con dreadlock d’ordinanza, lo sguardo incazzato e una sigaretta in bocca, ma un arzillo vecchietto in camicia, cravatta e gilet. Vi dico solo che Derek è stata una delle prime piacevoli epifanie bristoliane, e che sono ritornata in Italia con il tatuaggio “Junglist” inciso nell’interno coscia.
Già, perché l’incontro con DJ Derek può svoltare la vita a molte persone. Per esempio, può incarnare una sorta di asso nella manica da sfoderare ogniqualvolta un dj si trovi costretto a ribattere con arguzia all’irritante commento medio delle persone a cui racconta il suo lavoro: “che bella professione. Ma come farai quando non avrai più vent’anni?”. E un dj a conoscenza dell’esistenza di Derek potrà dire: “farò come DJ Derek, continuerò a mettere dischi anche con degli occhiali spessi come fondi di bottiglia e i denti marci, idiota”.
La scomparsa di DJ Derek rappresenta una tragedia principalmente per due ragioni.
In primis, per la perdita di una sorta di enciclopedia di musica vivente. Derek nel corso della sua carriera ha conosciuto leggende del reggae come Desmond Dekker, Toots and the Maytals e Bob Marley. Insomma è stato testimone e profeta della musica reggae, in particolare dal 1977, anno in cui ha deciso di lasciare il suo lavoro da contabile presso una nota ditta di cioccolato, per diventare un manipolatore di dischi. Per anni è stato dj resident dello Star & Garter, uno dei pub più loschi e affascinanti di Bristol (io abitavo a cinque minuti da lì e vi consiglio di andarci se capitate nella città), ha suonato più volte allo Shambala Festival (uno dei migliori festival reggae/funky in Uk), Glastonbury Festival, e per decenni ha girato per Londra, Newport e Birmingham. Solo negli ultimi anni, verso i settanta, aveva deciso di diminuire la frequenza delle sue performance e di esibirsi “solamente” nella sua amata città natale, Bristol. Nel 2006 ha anche pubblicato un cd di mix intitolato “DJ Derek Presents Sweet Memory Sounds” per la leggendaria etichetta reggae Trojan Sound. Si dice che abbia registrato 33000 tracce da vinile a mini disk, per sormontare l’ostica problematica delle flight case piene di pesantissimi 33 giri. Ma, ritornando al presente, la seconda ragione che porta a definire questa scomparsa come una tragedia è il fatto che i “dj del ventunesimo secolo” non potranno più nascondere la loro affezione da sindrome da eterni Peter Pan dietro la tangibile figura di DJ Derek. E le paranoie circa il loro incerto futuro lavorativo torneranno a bussare alla loro coscienza.
A prescindere da tutto ciò, io sto ancora facendo le mie elucubrazioni circa le cause della misteriosa scomparsa di questo personaggio tanto amato e rispettato da tutta la comunità di Bristol, sia bianca che afrocaraibica: una cospirazione nata dalla gelosia degli impiegati medi, i cosiddetti “9 to 5”? Lo stesso senso di colpa di Derek per aver alimentato le aspettative di una giovane generazione di dj precari? O semplicemente una di quelle banali e frequenti sparizioni alla “Chi l’ha Visto”, finita sui tabloid grazie alla notorietà di DJ Derek? Aspettando avidamente più notizie sul caso, lasciamo a voi le vostre riflessioni.