Il caso è esploso ieri. A far detonare tutto, un po’ di persone: da John Askew a dj/producer ancora più vicini al nostro mondo, vedi Cassy e Dave Clarke. In sintesi: una levata di scudi contro il teaser promozionale fatto circolare da TNT per la sua operazione Sofa Sessions, in cui tot gente famosissima (e ricchissima) nella scena, vedi Cox, Troxler, Capriati, eccetera eccetera, invitava tutti a supportare la cosa. Di che si trattava? Un po’ di tour manager “di peso” hanno visto di consorziarsi – alla fine ci si conosce tutti, nel giro, a certi livelli – e approfittando della fase di lockdown hanno deciso di togliersi lo sfizio di mettersi loro, per una volta, in primo piano come artisti. Fin qui, tutto bene.
Il problema è quando hanno alzato il tiro. Hanno chiesto ai loro datori di lavoro famosi di contribuire anche loro con un mix e fare un po’ da testimonial dell’operazione. Ma l’operazione quale era? Qui le cose si fanno di nebbia, ed è in primis colpa di chi ha portato avanti TNT e Sofa Sessions. Le sessioni mixate erano disponibili su Bandcamp e non lo erano gratis; i proventi andavano a… andavano a… non era chiaro. A un ente specifico e ben identificato? Se sì, la cosa è passata sotto traccia. Ai propri colleghi in difficoltà? Ecco, l’intenzione con ogni probabilità era questa (una solidarietà “corporativa”, insomma), come confermano le parole del tour manager di Dubfire che potete trovare qui, ma anche così è davvero fumoso ed ambiguo.
Così fumoso ed ambiguo che è passato il messaggio per cui la solidarietà andasse ai tour manager fautori dell’operazione, le “facce” insomma del tutto. Tutta gente che lavora per dj che prendono 10, 20, 50, 100 mila euro ad esibizione, e non si capisce quindi per quale motivo debbano ritrovarsi a chiedere la carità al mondo, ora che nel mondo stanno un po’ tutti di merda (ecco, l’aspetto che è sfuggito a Discwoman, tanto per parlarci chiaro) e non invece ai loro ricchissimi datori di lavoro.
I datori di lavoro, ovvero i dj famosi, hanno messo il ricarico sull’ambiguità: probabilmente per un misto di eccesso di fiducia verso i loro tour manager (inevitabile, visto che gli affidano la vita – spesso in modo anche un po’ eccessivo ed infantile) e di superficialità, hanno “spinto” l’iniziativa con parole abbastanza generiche, che davvero non chiarivano che i proventi dell’operazione non sarebbero andati ai loro tour manager personali.
Il risultato? Guardate un po’ qua.
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WTF IS GOING ON ???? 😳 SPEECHLESS … please God help them see the light!!! 🙏🏾
Leggetevi anche bene i commenti sotto. In particolare quello di Seth Troxler (uno dei “famosi” che ha messo la faccia dietro a TNT e Sofa Sessions). “This is people helping each other”, esordisce, ed è un modo approssimativo per spiegare come gli è stata presentata l’operazione e perché l’ha appoggiata: ovvero, una solidarietà di gruppo in cui TM “famosi” e “protetti” dalla fama e dalla ricchezza dei loro datori di lavoro volevano creare un fondo in comune per loro colleghi più in difficoltà. Visto che così tutto lo “scandalo” assume una tonalità diversa? Certo, è una scusante a metà. Perché resta molto opaco il tutto (chi decide a chi vanno i proventi, e chi sono i tour manager che meritano di riceverli? Con che criteri? E chi garantisce che non saranno invece proprio i creatori dell’operazione ad intascarsi il ricavato?). Tant’è che pure Dave Clarke, uno dei pensatori più integerrimi ed appuntiti di tutta la scena, c’ha messo il carico da novanta.
Anche qui, leggetevi bene i commenti. In questo caso va dato onore a Joseph Capriati di averci messo la faccia, scendendo in un’area dove tutti erano ben pronti a linciarlo. E ce l’ha messa, a ruota, chissà se obtorto collo, anche il suo tour manager, Andrea Fusco. Riassumendo tutto lo scambio: Capriati ammette che se da un lato non ha mai pensato di chiedere lui la carità per il proprio tour manager, è vero che tutta l’operazione si prestava ad essere fraintesa malissimo e aveva davvero un’ambiguità di fondo difficile da decrittare. Alla fine della fiera, cosa è successo allo stato attuale delle cose? TNT ha tirato giù da bandcamp i mixati, ha fatto sparire il video coi testimonial famosi a spingere l’operazione ed ha emesso questo comunicato:
Riassumendo: “Eh, abbiamo fatto la cazzata”. La cazzata di non essere stati chiari, essenzialmente. Ora, uno può decidere se è stata solo superficialità o se, almeno in qualcuno, fosse annidata anche la malafede. Questo al momento non lo si può sapere, e chissà se lo sapremo mai.
Ci sono però alcune cose che si “imparano” da tutto questo. Prima di tutto, c’è un malcontento strisciante e sempre più crescente verso i dj che più hanno approfittato del sistema contemporaneo della club culture moltiplicando i loro guadagni. Un malcontento che cerca solo un pretesto per esplodere, e qui l’ha trovato. Certi dj stanno diventando da idoli amati a ricchi viziati paraculati dalla vita, da buttare giù dal piedistallo il prima possibile. Così stanno le cose. Colpa del populismo della “ggente”, certo, ma colpa anche dei dj in questione e di tutto l’ecosistema (agenzie, management) che ha favorito ed incoraggiato l’esplodere di un certo tipo di mercato, per moltiplicare ed ottimizzarne i guadagni. Ora: è giusto lavorare per guadagnare il più possibile e per far aumentare i guadagni ai propri assistiti, è giusto eccome; ma come in qualsiasi aspetto della vita, il troppo può stroppiare – e si sta superando il limite della decenza, in sempre più casi.
Le gogne sono sempre da condannare. E questa si è trasformata in una gogna. Analizzare tutto a mente fredda, porta infatti a capire che le cose non sono per nulla riassumibili con “Guarda ‘sti pezzi di merda, sono pieni di soldi fino alla punta dei capelli ma mo’ chiedono a noi di fare la carità per i loro tour manager”. Eh no: non stanno così le cose, ci dispiace, riponete per ora i vostri tizzoni.
Ma ci porta anche a capire che c’è effettivamente uno scollamento dalla realtà in atto, nel mondo dei dj di alto livello. Uno scollamento che ti porta ad appoggiare un’operazione in modo acritico, senza chiederne bene i particolari, solo perché te lo sta chiedendo il “tuo” tour manager, la persona di cui ti fidi al 100%, la persona a cui spesso e volentieri affidi tutto (…troppo?). E i tour manager di un certo livello, a loro volta, sono talmente immersi in un jet set artificiale da non porsi troppo il problema di come possano essere visti dall’esterno. Quindi partono dal presupposto che ogni loro iniziativa sia giusta, bella, divertente, fatta bene, illuminata: fanno parte di mondo dorato, fatato e che piace a tutti, no? Non sono stati sfiorati dal pensiero che, a pensare e presentare la faccenda in maniera così ambigua e superficiale, potesse nascere un grande e pericolosissimo equivoco. Eppure, bastava ragionarci un attimo. Bastava fare le cose per bene. E bastava capire che sta montando un malcontento verso certe estremizzazioni del “lifestyle da top dj”, e questo malcontento tocca tutto quello che ci ruota attorno, tour manager compresi. Un malcontento sano e giusto, per quanto ci riguarda. Perché può essere un bagno di umiltà e di “reality check” per tutti.
Però ecco, se trasformiamo tutto in una gogna e in una canèa perfetta per dare addosso ai dj che ci stanno sul cazzo (perché non ci piacciono, perché guadagnano troppo, perché una volta mia cugino mi ha detto che lui è uno stronzo), sarà solo abbastanza una merda: buona ad agitare i peggiori istinti di tutti noi, quelli più populisti. E che il populismo sia una merda che non risolve mai i problemi ma invece li aggrava, basterebbe guardare a Trump per capirlo.