Sembra incredibile a dirsi, ma nel 2014 è ancora possibile ascoltare techno col sorriso stampato in faccia, sudati come dopo una maratona: ormai siamo abituati alla techno seriosa che va tanto di moda adesso, in cui quasi ci si fa un vanto del tentativo di essere più austeri e spigolosi possibile, ma non tutta la techno è così. C’è stato un tempo in cui anche menando come dei fabbri si poteva essere allegri e saltare di gioia, e in quel tempo l’eroe incontrastato della console era un gigante buono di Chicago, alto quasi due metri e sempre sorridente, anche quando ti prendeva e ti buttava in una lavatrice schiaffeggiandoti da tutte le direzioni: DJ Rush. L’abbiamo incontrato poco prima del suo set a Milano lo scorso 23 maggio, per la chiusura della stagione invernale dei ragazzi di Funk You al Dude, e abbiamo avuto modo di ripercorrere insieme la sua lunga carriera.
Come va? Sei pronto per la serata, cosa possiamo aspettarci da te stasera? Cos’hai nella borsa oggi?
(Ride) Beh, cosa posso dirti…un po’ di tutto!
Ottimo, è quello che volevo sentirti rispondere!
Non vedo l’ora di suonare, quando vengo in Italia è sempre strafigo.
E in effetti era da un po’ che non ti vedevamo qui.
Qui a Milano in effetti no, ma sono stato in Italia di recente, e come ti dicevo ogni volta che vengo sembra sempre un po’ diverso dalla precedente, ma in senso buono, per cui non so mai cosa aspettarmi.
Il club in cui suonerai (il Dude, ndr) è un posto dal look & feel assolutamente industriale, è fondamentalmente un capannone. Visto che il tuo stile però è estremamente variegato, c’è un tipo di situazione in cui ti senti meglio delle altre a suonare? Com’è fatto il tuo posto ideale?
Non ho esattamente un posto ideale, ma credo di poterti dire che mi sento meglio nei posti dal feeling un po’ industriale, nei posti un po’ più scuri, dove non c’è troppa luce, in cui non hai paura di sporcarti. E’ ok suonare nei posti “puliti”, c’è comunque un tempo e un luogo anche per quello, ma a me piace suonare nei posti in cui la gente arriva e si sente a proprio agio a sudare e a sporcarsi, perchè se sei in un posto “pulito” nove volte su 10 se la musica è più “raw” l’atteggiamento della gente sarà più tipo “no, non si può, il posto è troppo carino”, io invece voglio qualcosa di scuro in cui la gente possa lasciarsi andare. Poi ovviamente sono aperto a qualunque tipo di situazione, ma questa è quella in cui mi trovo meglio.
E tra l’altro il tema dell’oscurità è un altro argomento di cui volevo parlare con te, perché in un certo senso si collega allo stato in cui è la techno in questo preciso momento, sai, per via di tutte quelle influenze industrial e così via. Qual’è la tua opinione rispetto a questo particolare momento della techno, a questo filone, visto anche che il tuo stile personale è ed è sempre stato piuttosto diverso da questo?
Hai ragione, ed è per questo che è piuttosto difficile per me rispondere a questa domanda, perché non sono davvero nella posizione di rendermi conto di cosa succede altrove nella techno: più segui quello che succede attorno a te, più tendi a esserne influenzato, ed è l’ultima cosa che voglio fare, essere influenzato da quello che fanno tutti gli altri, voglio essere in grado di creare il mio stile e che sia solo mio. Non presto moltissima attenzione a quello che fanno gli altri, quindi, anche se ovviamente ascolto quello che fanno gli altri dj e credo che sia ottimo avere degli altri stili, perché mantiene la musica fresca e la gente interessata; non puoi basare un’intera scena solo su un gruppo ristretto di persone, devi avere tutti i tipi di stili diversi, non c’è bisogno che tutti facciano la stessa cosa.
E in generale avere punti di vista diversi è anche un modo per far avanzare tutta la scena techno, per spingerla in avanti.
Esatto, è quello che succede anche nella mia nicchia, e serve a mantenere la gente interessata a quello che succede, perché ad esempio potrebbero ascoltare la mia musica per un po’ e decidere che vogliono provare qualcosa di diverso, o viceversa potrebbero ascoltare un altro tipo di techno e poi spinti dalla voglia di qualcosa di diverso avvicinarsi alla mia, per cui avere più stili è in ogni caso una cosa positiva.
Non potrei essere più d’accordo. Cambiando argomento, una cosa di cui sono molto curioso di solito è questa: qual è il tuo primissimo ricordo associato alla musica? E’ un tema di cui mi piace spesso parlare con gli artisti, perché spesso scopro che è qualcosa che poi si riflette nel loro stile.
Wow, il primissimo? Non saprei dirti quanti anni avessi, ma mi ricordo di avere tutta la mia famiglia intorno, e tutti cantavano e ballavano, in salotto, e quella sensazione, di vedere tutti che si divertivano, è stata il mio approccio con la musica, e quell’approccio poi mi ha seguito.
Esattamente: credo che il primissimo approccio con la musica sia molto più importante, nel definire lo stile di un dj o di un musicista, di quello che poi si ascolta crescendo, perché è qualcosa che comunque rimane sempre con te, anche senza che tu te ne accorga.
Infatti, non è che consciamente io provi a rifare la musica con cui sono cresciuto, è che viene fuori da sola, naturalmente. A volte mi trovo a suonare qualcosa che mi ricordi una melodia, o un groove di allora, e mi fa stare bene, e mi fa venir voglia di continuare su quello stile, ed è una cosa naturale.
E questo mi porta al prossimo argomento di cui volevo parlare con te, che è il periodo in cui hai iniziato come dj: in quel periodo, credo, il confine tra house e techno era molto meno definito di adesso, per cui cos’è stato che ti ha portato a suonare quello che suoni adesso? Qual è stato il percorso che hai seguito?
E’ stato un percorso molto lungo. Ho iniziato suonando un sacco di soul, sai, tipo James Brown e Al Green, poi ho avuto una fase in cui suonavo molta italo-disco, e poi da lì sono andato verso la disco degli anni ’70 che poi è diventata house music, e in quel momento abbiamo iniziato a fare i nostri beats proprio prendendo la house music come punto di partenza, e poi nel ’90 ho iniziato a viaggiare. Il mio primo viaggio per suonare è stato proprio a Roma, ho suonato con Lory D, ed è stato lì che ho avuto la mia prima esperienza con della musica elettronica più veloce; venendo da Chicago, la mia musica era già piuttosto veloce, ma lì lo era molto di più, e mi sono reso conto che stavo cercando un livello successivo da un po’ ma non sapevo come, o dove, o quando l’avrei trovato, ed era proprio in Europa che ho scoperto questa cosa completamente diversa che mi ha motivato ancora di più a fare quella che chiamano “musica elettronica”. Dal ’90 quindi le cose sono davvero cambiate per me, ma le mie radici sono comunque nella house e nella disco, e anche quando sono tornato in Europa per suonare nel resto degli anni ‘90 continuavo a suonare house e disco ma ogni tanto inserivo qualcosa di più veloce.
E direi che si vede che arrivi da house e disco. Il fatto che tu abbia una storia così lunga alle spalle significa che ci sono ragazzi, ormai, che hanno iniziato a suonare, che hanno comprato i piatti, pensando “voglio essere come DJ Rush”: io sono uno di loro, e probabilmente anche i ragazzi del party di stasera, visto che – non so se lo sai – il party si chiama “Funk you”, che è un verso che probabilmente hai già sentito da qualche parte. Come ti senti rispetto a questi dj, senti una qualche responsabilità nei loro confronti? Pensi di dover essere un punto di riferimento per i “nuovi” dj?
Non so, non credo in nessun modo di poter insegnare a qualcuno, però… non saprei dirti la parola esatta, ma credo vorrei essere una sorta di piattaforma su cui altri possano costruire la propria esperienza vedendo quello che faccio; non cercando di essere come me, ma cercando di dire “ok, questo è quello che fa lui, vediamo cosa posso fare io” e usare questa cosa come motivazione. Non cercando di essere necessariamente meglio, o di battermi, ma prendendo la mia esperienza come punto di partenza e vedendo cosa si più aggiungere. Ho visto artisti che hanno l’approccio competitivo, che guardano agli altri e cercano di essere i migliori, i più grandi, e devo dire che questo atteggiamento non porta a niente per le generazioni successive, perchè l’unico modo di reagire è “no, sono meglio io”, e questo porta a un’escalation di competitività; quando ho iniziato non era così, era possibile suonare tutti insieme, non voglio fare nomi ma era possibile avere tutti gli headliners assieme nello stesso posto e divertirsi lo stesso, perchè a nessuno interessava della competizione ma c’era più la sensazione di una famiglia, mentre ora vedo sempre più spesso che si cerca di essere meglio degli altri.
Quindi potremmo dire che l’approccio “giusto” è vedere e sentire cosa fanno i dj più esperti e cercare di darne la propria interpretazione.
Esatto, a modo tuo. E’ così che sono cresciuto, ascoltando altri dj e cercando non di imitarli ma di capire quale potesse essere il mio contributo al loro sound, cosa potessi aggiungere che fosse ispirato da quello che facevano loro. E’ stato così che poi ho costruito qualcosa che fosse solo mio, ed è quello che dico a tutti quelli che mi chiedono “Ho appena preso i piatti, cosa devo fare adesso?”: trova te stesso, non stare a cercare tutti i dischi che suono io e imitarmi, trova te stesso e mantieni il tuo stile, perché è solo che quando fai così che aggiungi qualcosa di tuo a quello che faccio io. Come dico spesso, c’è spazio per tutti, tutti hanno la possibilità di avere successo, basta essere in grado di accettare quello che si ha, anche se non si fanno migliaia di euro o diecimila persone al proprio party; anche se si fanno pochi soldi e poche centinaia di persone a un party, si può comunque esserne felici. Per quanto mi riguarda, io sono ancora sconvolto quando c’è un sacco di gente che viene a vedermi fare qualcosa che amo, e a volte vedo dei promoter tutti preoccupati che mi dicono “per raggiungere il break-even dovevamo fare ottocento persone, e ce ne sono solo seicentosettanta”: non fa niente, ci divertiamo; in nessun caso devi fare in modo che la gente ti veda sudare dalla preoccupazione, è l’ultima cosa che vuoi.
Questo mi ricorda qualcosa che ho letto una volta in un’intervista di un altro dj (Fatboy Slim, ndr), che diceva che quando suoni, o quando sei il promoter, devi divertirti un 20% di quelli che ci sono in pista, perché in qualche modo devi guidarli.
Esatto. A volte non ho neanche la possibilità di vedere il promoter del party, e a volte questo mi dispiace, ma in alcuni casi devo dirti che va bene, perchè ho conosciuto un sacco di promoter che non erano proprio bravissimi, ma alla fine io sono una persona normale, e quello che mi interessa è divertirmi, fine.
Il discorso delle aspettative rispetto a un party mi porta a un’altra cosa che volevo chiederti: vista tutta l’esperienza che hai, immagino che la tua conoscenza della musica sia molto vasta e ti ho sentito suonare un sacco di cose diverse, ma ti capita mai di sentire che la gente in pista si aspetti qualcosa di specifico da te, e senti questa cosa in qualche modo come una sorta di pressione?
Sai, questa è davvero davvero davvero DAVVERO una buona domanda, perché sono arrivato a un certo punto, tipo negli ultimi sei-sette anni, che la generazione attuale conosce solo il Rush di adesso, non conosce la mia storia, per cui quello che vogliono è solo quello che ho fatto di recente. A volte la vivo come una pressione, perché magari ho voglia di suonare certe cose per costruire dell’energia, ma loro si aspettano il massimo dell’energia fin dall’inizio, non vogliono aspettare, e questo mi mette sotto pressione, ma devo cercare di bloccare questa sensazione perché so che ci sono persone là fuori che sono in grado di seguirmi, ed è per loro che non posso cedere alla tentazione, perché altrimenti se ne accorgerebbero. E’ difficile da dire, ma devo riuscire semplicemente a essere me stesso. Ed è per questo stesso motivo che ultimamente mi trovo bene anche a essere un po’ più lontano dalla gente con la console; una volta mi piaceva un sacco essere in mezzo alla gente, ma negli ultimi sei-sette anni quando hai la gente troppo vicina a volte capita che si sentano in grado di dirti qualunque cosa, magari anche di lamentarsi, e questo ti distrae da quello che stai facendo e da quanto ti stai divertendo, e magari due o tre persone che si lamentano rovinano il party a tutte le altre, per cui in definitiva la cosa migliore è essere sé stessi.
Vero, perché in effetti se suoni in un certo modo perché ti senti spinto a farlo dalla gente poi si vede, e il set non viene bene come potrebbe. E’ strano dirlo, ma in un certo senso ti “devi” divertire, e per farlo devi suonare quello che vuoi tu.
Esatto, perché la gente ti guarda, e devi stare attento. E se la gente vede che ti diverti, anche se per caso non gli piace un disco che stai suonando ma vedono che ti diverti, nove volte su dieci ci ripensano e si divertono perché vedono che ti diverti, perché ti importa che si divertano, e allo stesso modo se non ti diverti e si vede che non te ne frega niente pensano “aspetta un attimo, io sono qui che ti dò il mio supporto e tu non reagisci nemmeno?”. Esattamente come gli artisti si aspettano che il pubblico li rispetti, anche loro devono rispettare il proprio pubblico: un sacco di artisti pensano che giri tutto intorno a loro, ma devono capire che sono quelle persone che li rendono quello che sono, e vogliono spendere i loro soldi solo per venire a sentirti e supportarti. Se vogliono un autografo, o una foto, o anche solo stringerti la mano, perché no? Fai in modo che si divertano. E’ da lì che arrivo, io mi ricordo che i dj che andavo ad ascoltare io si divertivano, e in fondo anch’io ero uno che andava ai party prima di essere un dj, quindi cerco di capire il pubblico.
Rispetto alla tua storia e alla tua carriera di cui abbiamo parlato finora, dove la vedi proseguire in futuro? Penso di aver capito a che punto sei adesso lungo la tua strada, ma dove la vedi andare da qui in avanti?
Mi vedo fare il dj fino a quando non riuscirò più a respirare! Anche se vorrà dire che le nuove generazioni non accetteranno quello che faccio e mi troverò a suonare per pochissime persone, è così che ho iniziato, quindi perché non finire allo stesso modo? Ho iniziato come un divertimento e un hobby per intrattenere la mia famiglia e poi mi è successo che ho avuto la benedizione di guadagnarmici da vivere e di avere un pubblico più vasto, ma se in futuro dovessi suonare per un centinaio scarso di persone, mi andrà bene lo stesso, perché è esattamente così che ho iniziato.
Ok, ultima domanda, facile: credo che tu abbia fatto un sacco di interviste in questi anni, c’è stato qualcosa che avresti voluto che ti chiedessero e nessuno ti ha mai chiesto?
E’ un’ottima domanda…non saprei! Direi che non ti so rispondere.
Direi che hai avuto degli ottimi intervistatori, allora. Bene, direi che ora viene la parte divertente, è ora di suonare.
Ora viene la parte difficile, è ora di essere nervosi, sono sempre un po’ nervoso prima di suonare.