La consapevolezza di essere parte di qualcosa di nuovo e significativo per la storia della musica da club, partendo dai sobborghi parigini fino a diventare uno degli artisti francesi più conosciuti degli ultimi tempi. Un sound che deriva, pezzo per pezzo, da un passato già conosciuto, da cui però D’Julz prende mille distanze per diventare la punta di diamante di quel fenomeno battezzato dai più come groovy-house.
Al centro del piatto questa volta gira un classico di culto e uno dei primi traguardi di Bass Culture, con una meritata e rispettosa mano di vernice. D’Julz si autopromuove sulla sua etichetta parigina, rilasciando questo pacchetto mirato a rilanciare uno dei suoi successi…Follia? Si! Il maestro di Detroit Rolando è il primo a farsi avanti, facendo emergere la parte più profonda del disco e occupando gli spazi mediante una linea di basso analogica e grintosa. La sezione ritmica che a un primo impatto sembra parzialmente immutata, diventa via via più frenetica con maestria, consentendo una sola pausa per respirare prima che le mani tornino a volteggiare in aria. E come se nulla fosse i livelli di energia non cedono neanche nella versione del duo newyorkese The Martinez Brothers in collaborazione con Phil Weeks. Il loro mix è una consacrazione definitiva del groove dell’originale “Da Madness”. Una bassline inarrestabile e dal pompaggio pieno che risuona nella mente dell’ascoltatore sospendendolo in un viaggio abissale, fin quando il basso non scende e uno squarcio di voce fa trovare un po’ di pace. Questo invece è “Da Madness (Doc Martin remix)”: una pioggia di suoni aspri e deformati, cavalcati da batterie elettroniche sincopate mentre mormorii e sussurri spalancano la catarsi mistica. Più di otto minuti distesi in uno spettacolo house-garage di luci e suoni, bpm sostenuti e sirene sintetizzate sullo sfondo.
Dietro questo disco c’era un’idea precisa, ora dietro l’idea ci sono tre splendidi obiettivi raggiunti. La reputazione di Bass Culture come fornitrice di buona house music continua a crescere con queste tre versioni di “Da Madness” che non perdono neanche un grammo della sua bellezza originale.